Vince Federculture. Altolà in Senato, respinti al mittente i tagli della spending review alla cultura italiana
Qualche volta capita, e noi siamo i primi ad augurarci che capiti sempre più di frequente: anche in Italia il Parlamento a volte fa il Parlamento. Ovvero esercita quella funzione di controllo ed emendamento, e non solo di ratifica, che la costituzione gli riconosce. E stavolta di mezzo ci sono le politiche culturali, finalmente degnate […]
Qualche volta capita, e noi siamo i primi ad augurarci che capiti sempre più di frequente: anche in Italia il Parlamento a volte fa il Parlamento. Ovvero esercita quella funzione di controllo ed emendamento, e non solo di ratifica, che la costituzione gli riconosce. E stavolta di mezzo ci sono le politiche culturali, finalmente degnate della considerazione che meritano: il Senato, approvando il decreto sulla spending review, ha sostanzialmente accolti tutti gli emendamenti sollecitati dall’irrefrenabile Federculture, e sostenuti da un fronte unico degli operatori insieme all’ANCI. Nel nuovo testo, in particolare, riguardo il comma 1 dell’articolo 4, che prescrive la soppressione delle società che svolgono servizi per le pubbliche amministrazioni, sono escluse quelle che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica. Nello stesso articolo al comma 6 – dove si istituisce il divieto per associazioni, fondazioni e comitati di ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche – è stata inserita l’esplicita esclusione dall’ambito di applicazione della norma delle fondazioni operanti nel campo dei beni ed attività culturali.
Anche in merito alla “soppressione o accorpamento obbligatorio da parte di regioni, province e comuni di enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica prevista all’articolo 9”, vengono fatte salve le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali. Abrogati poi i commi dell’articolo 12 che prevedevano la soppressione del Centro Sperimentale di Cinematografia, della Discoteca di Stato e della Cineteca Nazionale, mentre viene posticipata al 1 gennaio 2014 la chiusura della Fondazione Valore Italia. Proroga che magari consentirà quantomeno di condurre in porto iniziative già avviate, come l’Esposizione Permanente del Design Italiano e del Made in Italy nel Palazzo della Civiltà dell’Eur. Ora però spetta alle istituzioni “resuscitate” dimostrare di poter funzionare al meglio, e di non meritare i tagli…
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