Le ossessioni di Bruce Nauman in mostra a Milano
Neon, corridoi, stanze. Sono questi i campi di intervento di Bruce Nauman al Pirelli HangarBicocca di Milano. Trenta opere per capire un artista che ha fatto del corpo e dello spazio la sua materia prima
Prende il via dagli interventi realizzati alla fine degli Anni Sessanta del secolo scorso la mostra che ripercorre la carriera di Bruce Nauman (Fort Wayne, 1941) in 30 opere, negli ambienti di Pirelli HangarBicocca a Milano. Organizzata insieme alla Tate Modern di Londra e allo Stedelijk Museum di Amsterdam, dove ha già fatto tappa, Neons Corridors Rooms include una sezione aggiuntiva, incentrata sui lavori più iconici di Nauman, in prestito da raccolte pubbliche e private internazionali.
Abbiamo chiesto a Roberta Tenconi, curatrice della mostra con Vicente Todolí, Andrea Lissoni, Nicholas Serota, Leontine Coelewij, Martijn van Nieuwenhuyzen e Katy Wandi, di chiarire i temi cardine della maxi retrospettiva milanese, che trova il suo punto di ancoraggio nella ricerca spaziale di Nauman.
Come sono affrontati in mostra i temi chiave della poetica di Nauman?
Il primo lavoro, che apre la mostra e ne è genesi, il video Walk with contrapposto, realizzato tra gli Anni Sessanta e Settanta, mette l’accento sul significato di fare arte. Nauman usava se stesso come materia: in un modo di fare ricerca molto attuale, analizzava ciò che faceva in studio approfondendo gesti e azioni apparentemente banali e quotidiani che, grazie a piccoli interventi su tempo e durata, diventavano astratti. In questo caso, camminava avanti e indietro in un corridoio di 50 centimetri all’interno del suo studio: lo spazio angusto lo costringe alla posizione del contrapposto, trasformando il corridoio in una prop.
Il corridoio stesso a un certo punto diventa opera d’arte e non più accessorio del video. Come accade?
Questo accade l’anno successivo alla realizzazione del video, su invito e suggestione di Marcia Tucker, curatrice che allora lavorava al Whitney e poi ha fondato il New Museum di New York: un passaggio fondamentale, che rappresenta lo scarto tra Nauman come oggetto e come soggetto e passa la palla allo spettatore. Non ci sono indicazioni, il corridoio è volutamente ambiguo: dato che la struttura è ridotta e claustrofobica, si può a malapena camminare avanti e indietro, ed è l’unica interazione possibile. Quando si decide di percorrerlo, si diventa soggetto e oggetto dell’opera, dato che si è osservati dagli altri. Con il tempo Nauman porta l’analisi dentro spazi e architetture più complessi: i corridoi diventano ancora più lunghi e stretti, con forme a cuneo e a v, sono introdotti elementi che contribuiscono all’intensità, come la luce fluorescente verde e gialla.
Questo rientra nella provocazione e nel disagio che Nauman cerca di stimolare nello spettatore.
Sì, sceglie sempre colori e forme disturbanti: con i triangoli crea una diffusa sensazione di oppressione, a cui contribuiscono anche la dicotomia tra l’esterno e l’interno dei corridoi – fabbricazione grezza fuori e superfici immacolate e perfette dentro – e lo sdoppiamento dell’immagine con gli specchi, le registrazioni con videocamere a circuito chiuso che hanno un delay o una prospettiva straniante. Nauman introduce cambiamenti nella realtà che mettono a disagio e sotto stress la percezione, come metodo di riflessione sulla posizione nello spazio, oltre a ragionare sulla privacy e sull’antitesi tra spazio privato e pubblico.
BRUCE NAUMAN ALL’HANGARBICOCCA DI MILANO
Quali sono le novità introdotte dalla mostra all’HangarBicocca rispetto alle altre mostre dedicate a Nauman?
È la prima volta che sono esposti così tanti corridoi e stanze. Con la ricostruzione dei lavori storici, riusciamo anche a far riemergere il ruolo di Milano, dell’Italia e dell’Europa per Nauman e il suo lavoro, che qui veniva capito di più in confronto agli Stati Uniti. E poi per la prima volta abbiamo ricostruito un corridoio presentato alla Galleria Françoise Lambert di Milano nel ’71, Funnel piece. C’è l’ambizione di dire qualcosa di nuovo, di raccontare in modo compiuto questo aspetto del suo lavoro, meno oggetto di studi in mostre specifiche. Tutto questo è stato reso possibile anche perché l’Hangar ha risorse materiali e spazi rari: persino nei nostri 5.500 metri quadrati i corridoi non ci stavano tutti!
A chi vi siete appoggiati per questa grande ricerca?
Dietro la ricostruzione di ogni opera c’è un dialogo lunghissimo, perché va coinvolto lo studio di Nauman per non travisare l’opera. È stato fondamentale il lavoro della Panza Collection Initiative che va avanti da dieci anni al Guggenheim. Seguendo tutte le indicazioni, il progetto dell’Hangar finisce per essere anche conservativo: abbiamo ricostruito ciò che rende l’opera originale. Fortunatamente, Nauman ha sempre dato molta libertà, poiché i corridoi possono variare in relazione al luogo. Poi, per il catalogo sono stati chiamati studiosi e istituzioni come la grande Joan Simon, che ha notato come “di fatto lo spazio stesso delle navate diventa un grande corridoio”: questo contribuisce a creare un percorso di mostra insolito che genera un loop nella visita, una “ossessione Nauman” che costringe a rivivere le opere con lo stesso spirito ossessivo che è sotteso a esse.
Come si struttura la mostra?
Le opere non sono esposte in ordine cronologico ma secondo affinità tematiche e per serie. L’apertura è affidata all’opera-emblema Dream passage with four corridors, nata da un sogno di Nauman di trovarsi in un corridoio a croce con delle porte che danno all’esterno: da questo mutua un aspetto mentale e onirico. Poi ci sono le serie di opere Tunnel, il calco sinistro del suo corpo in neon e un’opera con il suo nome tutto stirato in verticale, come se fosse scritto sulla Luna. Nauman ha studiato matematica, musica ed è da sempre interessato al linguaggio, al punto che le opere sono spesso associate a poesie scritte da lui. The True Artist Helps the World by Revealing Mystic Truths e Musical chair sono poi tra il giocoso e il serio, uno dei motivi della grandezza di Nauman.
Lo spazio è suddiviso in modo tale che da un lato ci siano i neon che punteggiano la mostra, dall’altro i corridoi e all’esterno siano esposti i Raw Materials, che consistono in un corridoio virtuale con 21 tracce audio (lette dall’artista e attori, performer…): queste riproducono lavori precedenti di Nauman o trascrizioni di testi collegati, il tutto in uno spazio apparentemente vuoto che viene riempito dalle voci. Sicuramente è una mostra molto intensa.
Giulia Giaume
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #30
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