Beatrice Meoni – Luce ovunque
Il lavoro di Beatrice Meoni, la cui ricerca affonda le proprie radici all’interno delle suggestioni ricevute dalla prosa e dalla poesia, oltre che da una forte attrazione per una certa pittura del Quattrocento, si indirizza principalmente sulla pittura e la sperimentazione delle possibilità linguistiche della pratica pittorica.
Comunicato stampa
z2o project è lieta di presentare, venerdì 7 ottobre, la mostra di Beatrice Meoni, Luce ovunque, presso gli spazi di via Baccio Pontelli 16, a Roma.
Il lavoro di Beatrice Meoni, la cui ricerca affonda le proprie radici all’interno delle suggestioni ricevute dalla prosa e dalla poesia, oltre che da una forte attrazione per una certa pittura del Quattrocento, si indirizza principalmente sulla pittura e la sperimentazione delle possibilità linguistiche della pratica pittorica.
Luce ovunque – titolo della mostra mutuato da una raccolta di poesie di Cees Nooteboom, scrittore olandese per il quale il “labirinto dell’io” occupa un posto centrale insieme al costante sovrapporsi di circolarità e linearità del tempo – fornisce immediatamente una chiave di volta nella lettura dell’intero progetto. È a partire dalla percezione dello spazio, infatti – irradiato di luce e immerso nel candore a tratti abbagliante dei raggi che lo illuminano – che l’artista ha avviato una propria personale riflessione sul luogo e la sua identità. Come nel libro di Clarice Lispector, La passione secondo G.H. in cui attraverso un minuzioso monologo G.H. riferisce il proprio viaggio all’interno di una stanza, allo stesso modo Meoni articola la mostra muovendosi in uno spazio di luce in cui elementi simbolici, immagini frammentarie e memoria del luogo condensano una mistica laica, privata di qualsiasi connotazione sincronica, una mistica indirizza al rinvenimento dei “piccoli movimenti in una stanza”, un’affettività verso la profondità delle piccole cose che è tutta insita nella sua pittura. Tempo e spazio si uniscono così in un continuum che fluisce dall’interno all’esterno, e viceversa, implicando un movimento simultaneo e circolare per restituire la visione di un luogo immersivo – uno spazio fatto di forme, colori, identità molteplici – che racconta di sé stesso e dell’artista.
Nei nuovi dipinti esposti in mostra, realizzati principalmente nel corso di quest’anno, lo spostamento dal precedente ciclo pittorico sulla caduta, alla ricerca della discontinuità dello sguardo verso la misura del vuoto, è per Meoni avvenuto naturalmente. L’artista lo immagina come una prosecuzione nell’articolare la pittura verso una forma di solitudine che implica il costante abbandono e annullamento di sé stessi in vista di una ritrovata nuova autenticità.
Le riflessioni di Maria Zambrano e Gian Antonio Gilli sull’esperienza mistica, la tensione di Adriana Zarri verso una teologia del quotidiano, Chandra Livia Candiani con la speculazione sul silenzio sono soltanto alcuni dei referenti a partire dai quali Meoni sviluppa un dialogo personalissimo con la pittura e la sua capacità di spazializzarsi assumendo uno slancio vitale a partire dalle discontinuità, dai margini d’errore e dalle imperfezioni, alla ricerca di una nuova continuità con l’essere e il suo posto nel mondo. Vedere senza mai una fine, vedere chi eri.