Tutte le volte che il pubblico ha distrutto opere d’arte nei musei
Dalla martellata alla Pietà di Michelangelo alle opere rovinate per farsi un selfie, fino ai busti scaraventati per terra nei Musei Vaticani, ecco alcuni esempi di sbadataggine e follia che hanno portato al danneggiamento di capolavori
Attentato all’arte, ma fuor di metafora: l’aggressione ai busti di Musei Vaticani “per vedere il Papa” è solo l’ultimo di una serie di danneggiamenti arrecati alle opere d’arte fuori e dentro i musei. Dare fiducia ai visitatori, togliendo per esempio teche e barriere che si frappongono fra loro e i capolavori, ha i suoi vantaggi, ma un se pur piccolo fattore di rischio resta. E a volte si fa sentire. Andiamo a vedere i più clamorosi errori e aggressioni ai danni di opere più o meno inestimabili.
Giulia Giaume
Articolo aggiornato il 3 dicembre 2022
IL BLITZ AMBIENTALISTA ALLA PINACOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA
Rispetto alle altre azioni, quella che si è svolta il 3 dicembre 2022 alla Pinacoteca Nazionale di Bologna a opera degli attivisti del movimento Ultima Generazione non ha “toccato” nessuna opera d’arte del museo: cinque dimostranti, una volta raggiunta la sala dove è esposta la tela di Guido Reni La strage degli innocenti, si sono versati addosso un liquido rosso, “rappresentazione del sangue delle vittime innocenti del collasso climatico”. Altri tre attivisti hanno incollato, su una parete accanto al quadro, un’immagine di Casamicciola dopo la frana con la scritta “Strage degli innocenti”, oltre ai nomi delle vittime del disastro e la frase “Ischia, Governo italiano 2022”. Nella nota in cui è stato rivendicato il gesto, gli attivisti scrivono che “le richieste del movimento sono interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale; procedere a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20 GW nell’anno corrente, e creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile, aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili”.
LE MARTELLATE ALLA PIETÀ DI MICHELANGELO
Iniziamo dall’attentato più celebre a un capolavoro dell’arte: le martellate che brutalizzarono la Pietà di Michelangelo. Lo sfregio vandalico era stato arrecato alla scultura in una cappella della Basilica di San Pietro il 21 maggio 1972 dal geologo australiano László Tóth, che aveva appunto usato un martelletto da geologo per colpire prima la testa e poi il corpo della Vergine di marmo. A seguito dell’aggressione – perpetrata scavalcando una balaustra al grido di “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!” – la Madonna ne uscì con il naso rotto, senza un occhio e l’avambraccio sinistro, con tanto di mano staccata e dita spezzate. Il complicato restauro, affidato dal direttore generale dei Musei Vaticani Deoclecio Redig de Campos a Vittorio Federici, fu reso ancora più difficoltoso dal fatto che alcuni pezzi di marmo furono recuperati solo mesi dopo, perché dei turisti americani li avevano portati a casa come souvenir dopo l’attentato per poi restituirli anonimamente.
LA TRAVAGLIATA STORIA DEI MARMI DEL PARTENONE AL BRITISH MUSEUM
Non potrebbero mancare in questa selezione i travagliatissimi Marmi del Partenone conservati al British Museum, già al centro di una lunga controversia internazionale scaturita dalla loro ambigua “acquisizione” da parte di Lord Elgin durante l’occupazione greca nel XIX secolo, motivo per cui sono periodicamente rivendicati dalla madrepatria. I marmi sono stati al centro di una serie di incidenti, furti e atti vandalici da parte dei visitatori nel corso degli anni, tra cui spiccano una rissa negli anni Sessanta, in cui due ragazzi spezzarono per sbaglio parte della gamba di un centauro, e la caduta libera di un pezzo di lucernario dal soffitto negli anni Ottanta, che scheggiò una figura del frontone occidentale.
I PREZIOSI VASI CINESI DISTRUTTI A CAMBRIDGE
Nel 2006 un turista inglese aveva fatto cadere a terra per sbaglio tre preziosissimi vasi della dinastia Qing al Fitzwilliam Museum di Cambridge. Cercando di cambiare scala all’interno del museo, l’uomo era scivolato e aveva urtato uno dei tre vasi che a mo’ di domino si era portato dietro gli altri due. Oltre al danno da centinaia di migliaia di sterline, era stato possibile ricostruire solo uno dei tre manufatti, frantumatisi in oltre 400 pezzi.
IL PUGNO AL MONET MILIONARIO DI DUBLINO
Nel 2012 un uomo era entrato alla National Gallery of Ireland, a Dublino, e aveva dato un pugno al dipinto Le Bassin d’Argenteuil avec un voilier di Claude Monet per poi gridare contro i visitatori del museo. L’opera aveva un valore di 10 milioni di dollari, per il cui danneggiamento l’uomo (che si era portato in mostra anche un barattolo di sverniciante) era stato condannato a cinque anni di prigione. C’è voluto un anno e mezzo di difficile restauro perché l’opera tornasse integra.
I TIFOSI CHE HANNO VANDALIZZATO LA BARCACCIA DI BERNINI
Come dimenticare, poi, il gruppo di tifosi olandesi che sfregiò la fontana della Barcaccia di Gian Lorenzo Bernini durante gli scontri di Piazza di Spagna nel 2015, in occasione della partita di calcio Roma – Feyenoord. Un centinaio di uomini – che si era peraltro reso responsabile di milioni di euro di danni in giro per il centro storico della capitale – aveva vandalizzato il capolavoro seicentesco lanciandogli delle bottiglie, creando una serie innumerevole di scalfitture nel marmo che hanno rovinato permanentemente l’opera. La triste storia si è conclusa l’anno scorso, con sei condannati fino a 4 anni di reclusione, oltre a vari risarcimenti.
QUANDO SONO I SELFIE A ROVINARE DELLE OPERE D’ARTE
Sono diverse le occasioni in cui farsi un selfie è costato l’integrità di opere d’arte e allestimenti museali. Il triste trend è iniziato nel 2014 ai danni del Satiro Ubriaco conservato alla gypsoteca dell’Accademia delle Belle Arti di Brera: un ragazzo, probabilmente uno studente straniero, era saltato in braccio alla statua per farsi una foto, spezzandogli una gamba. Fortunatamente un restauro era già in programma per il satiro, noto anche come Fauno Barberini, dato che la fragilità della gamba (che era un “pezzo a parte”) era già nota. Nel 2015 era stata la volta di due ragazzi italiani che, per un autoscatto, si erano arrampicati sulla statua dei due Ercole sotto la Loggia dei Militi, a Cremona, danneggiando le statue e lo stemma della città posto tra di loro. E poi ancora la statua di San Michele al Museo Nazionale di Arte Antica di Lisbona, distrutta nel 2016 da un visitatore brasiliano, e il meno grave incidente del 2017, che ha visto un Instagrammer perdere l’equilibrio in una delle stanze di una grossa mostra dedicata agli Infinity Mirrors di Yayoi Kusama all’Hirshhorn Museum di Washington, urtando una delle grandi zucche dell’artista: un danno minimo, che aveva generato di contro un grande traffico all’esposizione. Nello stesso anno, una donna aveva accumulato 200mila dollari di danni in pochi secondi urtando uno dei piedistalli molto ravvicinati che contenevano delle corone in una galleria di Los Angeles (alcuni pensarono addirittura si trattasse di una pubblicità). Nel 2020, infine, un turista austriaco si era seduto sul gesso originale di una statua di Antonio Canova, la Paolina Borghese, all’omonimo museo di Possagno per farsi un selfie, spezzandole le dita del piede. L’uomo era poi dato alla fuga, ovviamente ripreso dalle telecamere.
GLI OCCHI DIPINTI SU UN QUADRO DALLA GUARDIA DEL MUSEO
Clamoroso il caso della guardia museale russa che, durante il suo primo giorno di lavoro a inizio 2022, aveva disegnato gli occhi sui volti senza lineamenti di un dipinto, Le tre figure di Anna Leporskaya, con una penna a sfera. L’uomo, poi pentitosi, aveva detto che il gesto era scaturito dalla noia. A seguito dell’alterazione dell’opera, oltre ai circa cinquemila euro di danni e la minaccia del carcere per il contraffattore, il Boris Eltsin Presidential Center di Ekaterinburg dove era custodita l’opera ha deciso di installare degli schermi protettivi per tutti i lavori esposti.
LA TURISTA IGNARA CHE SI È PORTATA A CASA L’OPERA D’ARTE
Sempre di quest’anno l’equivoco furto di una turista, che si era portata a casa un’opera dell’artista spagnolo Oriol Vilanova credendola un oggetto abbandonato. Si trattava della giacca da lavoro blu intitolata Old Master, posta lungo il percorso espositivo al Museo Picasso di Parigi e appesa a un gancio. La donna se l’era persino provata prima di portarsela via.
IL MALORE ALLA MOSTRA DI GUIDO RENI
Capita a volte che, per evitare il danno, ci sia poco da fare. Lo scorso maggio una visitatrice era stata colpita da un malore ed era caduta sull’opera San Francesco riceve le stimmate di Guido Reni, alla grande mostra della Galleria Borghese. La tela, subito rimossa, aveva riportato una fessura di quattro centimetri.
GLI ATTACCHI ECOLOGISTI: LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA
Il celeberrimo dipinto di Johannes Vermeer, custodito al Museo Mauritshuis dell’Aja, è stato il nuovo obiettivo della campagna di protesta Just Stop Oil, dopo le azioni che hanno visto opere di Claude Monet, Vincent van Gogh e Sandro Botticelli prese di mira per dagli attivisti ecologisti per protestare contro l’utilizzo di combustibili fossili e le politiche internazionali in materia di efficientamento energetico. Il 27 ottobre tre ecologisti sono entrati nel museo e, giunti davanti all’opera di Vermeer, vi si sono incollati, lanciandogli contro una sostanza che potrebbe somigliare a una zuppa di pomodoro. I tre sono stati arrestati, mentre l’azione è stata filmata e rilanciata sui social. L’opera, ha comunicato il museo, non ha subito danni, anche grazie al vetro protettivo.
GLI ATTACCHI ECOLOGISTI: IL VAN GOGH ROMANO IMBRATTATO
Il 4 novembre quattro attivisti del movimento ecologista Ultima Generazione (costola italiana di Extinction Rebellion) hanno imbrattato con un passato di verdura il quadro Il seminatore di Vincent Van Gogh, esposto a Palazzo Bonaparte nell’ambito della mostra Van Gogh – Capolavori dal Kröller-Müller Museum. Dopo il gesto i militanti, che hanno ricondiviso l’azione sui propri canali social, si sono incollati alla parete chiedendo delle politiche per il contrasto del cambiamento climatico, al che è intervenuta la sicurezza che ha velocemente chiuso le sale e allontanato i visitatori. L’opera non ha riportato danni. “Attaccare l’arte è un atto ignobile che va fermamente condannato“, ha presto commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “La cultura, che è alla base della nostra identità, va difesa e protetta, non certo utilizzata come megafono per altre forme di protesta. Peraltro il nostro patrimonio culturale va tutelato proprio dalle conseguenze del cambiamento climatico. Questo ennesimo gesto non può quindi passare come una legittima espressione di protesta. È giusto proprio oggi ricordare che i reati contro i beni culturali sono puniti gravemente e che gli autori sono perseguibili penalmente“.
GLI ATTACCHI ECOLOGISTI: LE MAJA DI GOYA AL PRADO DI MADRID
Il 5 novembre due attiviste del collettivo ecologista Futuro Vegetal hanno attaccato con la colla le proprie mani alle cornici della Maja desnuda e della Maja Vestida, due celeberrimi capolavori di Francisco de Goya custoditi al Museo del Prado di Madrid. Sulla parete, tra i due dipinti, hanno anche scritto “1,5°”, facendo riferimento al recente annuncio dell’ONU sulla “impossibilità di restare nel limite, stabilito dall’Accordo di Parigi, di 1,5° di un aumento della temperatura media rispetto ai livelli preindustriali”.
GLI ATTACCHI ECOLOGISTI: LE ZUPPE DI WARHOL A CANBERRA
Il 10 novembre due attiviste del gruppo Stop Fossil Fuel Subsidies Australia hanno inscenato una protesta alla National Gallery of Australia di Canberra: prima hanno imbrattato il celebre Campbell’s Soup Cans di Andy Warhol con della vernice blu e poi hanno tentato di incollarsi all’opera. L’azione, pubblicata sui social dallo stesso gruppo, non ha danneggiato le serigrafie, che secondo gli attivisti rappresentano il consumismo impazzito: “Mentre gli australiani muoiono di fame, il governo paga 22.000 dollari al minuto per sovvenzionare i combustibili fossili“, ha dichiarato il gruppo ambientalista.
LA VERNICE NERA SU KLIMT
Il 15 novembre 2022 due attivisti di Last Generation hanno fatto irruzione al Leopold Museum di Vienna e gettato un liquido nero – forse vernice? – su Morte e Vita, capolavoro realizzato da Gustav Klimt tra il 1908 e il 1915. “La bellezza della vita da un lato, l’attesa della morte dall’altro. È così che Gustav Klimt dipinse ‘Morte e vita’ oltre 100 anni fa. Oggi stiamo scivolando in una catastrofe di proporzioni inimmaginabili perché ci rifiutiamo di riconoscere la minaccia mortale”, hanno affermato gli attivisti durante la loro azione. Uno di loro, inoltre, si è incollato al quadro. L’opera, protetta da un vetro, pare non abbia subito danni, ma su questo punto stanno conducendo verifiche i restauratori.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati