Ernesto Morales – In basso come in alto
I mondi di Ernesto Morales prendono forma sulla tela e sulla carta in una mostra antologica che percorre venti anni di carriera attraverso quattro cicli pittorici che racchiudono il fulcro della sua ricerca incentrata sul tema dell’impermanenza, della memoria e del viaggio.
Comunicato stampa
Venerdì 14 ottobre la Galleria Il Sole inaugura la mostra di Ernesto Morales “In basso come in alto”.
L’artista argentino, a cui la Galleria Il Sole ha realizzato le prime personali in Italia quindici anni fa, ha realizzato mostre in musei e gallerie di tutto il mondo e tra il 2009 e il 2015 ha rappresentato istituzionalmente i Governi di Italia, Argentina e Uruguay con una serie di importanti esposizioni personali realizzate in vari musei.
La ricerca di Ernesto Morales è tesa ad esplorare orizzonti mutevoli, possibili traiettorie che diano forma ad una nuova dimensione dello spirito. Il ciclo dedicato alle nuvole, per loro stessa natura simboli di instabilità, metamorfosi e mutamento, rivela il codice pittorico che l’artista utilizza anche per altri cicli: la rappresentazione di un fenomeno, attraverso il suo ripetersi e la registrazione delle variazioni, tensioni e ambivalenze, “dispiegano una sorta di catalogazione che le ritrae nel cielo dell’orizzonte che ci appartiene. Tutte simili e tutte diverse, le sue nuvole, infatti, sono il tentativo di cogliere e registrare una im-possibile mappatura nei diversi luoghi del mondo da lui visitati (…)” (Chiara Canali), simbolo dell’impermanenza delle cose e del mutare del tempo.
L’orizzonte è presente quindi nel secondo ciclo esposto legato al tema della foresta. Il bosco assume valenza simbolica di luogo primigenio, sede di raccoglimento che si contrappone alla civilizzazione incarnata dalla città. “Uno spazio che, come le nuvole, è intriso di contraddizioni: attrae e al contempo inquieta, conforta e minaccia, offre scorci di intimo raccoglimento e disorienta con l’idea della sua sterminata estensione.” (Chiara Canali)
Il terzo ciclo pittorico rappresenta costellazioni celesti, visioni oniriche di galassie stellate, che interpongono luce e buio, in una complessa stratificazione di elementi metaforici che guidano il nostro sguardo verso dimensioni altre.
L’architettura è il soggetto del quarto ciclo esposto. La città, avvolta nella nebbia e silenziosa, diventa luogo simbolico di identità e appartenenza, misteriosa incarnazione dello spirito costruttore dell’uomo, che pure è assente, e al contempo marca la differenza tra radicamento e nomadismo. “Così, in questi sentieri accennati, interrotti e spezzati, lo spettatore può cercare il significato di un esilio inesorabile e apparentemente incomprensibile che colpisce gli uomini e la memoria, il senso di una perdita enigmatica, la via di uscita da queste strade dove il mistero delle città irreali si fonde alla via aperta verso un ritorno perennemente sognato e forse impossibile” (Lorenzo Canova).