L’universo fotografico di Luigi Ghirri narrato in un documentario a trent’anni dalla morte
Le fotografie di Luigi Ghirri hanno ritratto la provincia italiana degli anni '70, creando un archivio di immagini unico. Ora, quegli straordinari scatti, accompagnati dalle parole del fotografo, sono al centro di un intenso documentario. Ecco il trailer
“Io prima sono una persona e poi un fotografo”. È Stefano Accorsi a prestare la voce ai testi scritti da Luigi Ghirri, parole che insieme alle immagini, ai suoi lavori fotografici, alle diverse testimonianze danno vita ad un intimo e universale documentario. Infinito. L’universo di Luigi Ghirri, questo il suo titolo, è diretto da Matteo Parisini che ha voluto restituire la dimensione dell’uomo ancora prima che dell’artista. E il racconto filmico inizia proprio ripercorrendo la storia di un giovane Ghirri annoiato dal suo lavoro di geometra e che piano piano trova il modo di dedicarsi all’arte e di farne una vera professione oltre che una semplice passione. Affermare che Luigi Ghirri è un fotografo italiano è riduttivo. Con L’universo di Luigi Ghirri viene fuori il grande uomo intellettuale e curioso che è stato.
DENTRO IL RACCONTO DI GHIRRI
Matteo Parisini ha fatto un lavoro attento su Luigi Ghirri. Un documentario eccellente e interessante costruito con ricerca e studio. “Nel tracciare il ritratto di Luigi Ghirri mi sono servito di materiali diversi che, intrecciandosi gli uni con gli altri, come pennellate successive fanno emergere il mondo dell’artista”. Il film è infatti costruito su e da più strumenti. Come dicevamo ci sono gli scritti di Luigi Ghirri: questi sono stati utilizzati in modalità voice over, associati alle fotografie dell’artista o a immagini del paesaggio emiliano. Uno spazio ovviamente fondamentale hanno avuto le interviste ad artisti, esperti, compagni di viaggio di questo artista. E poi le fotografie (molte delle quali inedite), i filmati del suo archivio, con anche video di grande sperimentazione e inevitabilmente il paesaggio emiliano.
PARLANO LE FIGLIE
“Quello che accade con i lavori di Luigi per me è lo stesso che succede con certe canzoni”, ci racconta Adele Ghirri. “Ci sono dei momenti della vita e della giornata in cui ti senti in risonanza con un certo tipo di immagine e la stessa cosa accade con il linguaggio musicale, tra l’altro sono due linguaggi che per lui avevano una parentela intima”. E, per i più curiosi, Luigi Ghirri era molto legato alla musica di Bob Dylan! “Avendolo vissuto quando produceva i lavori, Kodachrome mi divertiva moltissimo quando ero piccola. Volendo dire qualcosa sul linguaggio fotografico che era molto di più usato per mistificare che per spiegare, conoscere, fare un percorso di conoscenza…”, commenta Ilaria Ghirri. “Quando ero piccola dicevo ‘mi piace molto questa foto perché svela il trucco’. C’erano più piani di lettura che confliggevano e ti facevano capire che di fatto la realtà era un’altra”. Ma cosa ha veramente guidato l’arte e il lavoro di Luigi Ghirri? “La passione. Aveva un amore incredibile per la fotografia come per la cultura in generale, la poesia, la letteratura… e ha anche passato anni difficili a cui poi sono seguiti gli anni del riconoscimento”, aggiunge Ilaria Ghirri. “Diceva sempre che se hai un’ossessione, una spinta forte che riguarda qualcosa che vuoi dire con quello che stai facendo e allora seguila perché vuol dire che questa ossessione sicuramente porterà a qualcosa di fruttuoso”.
DALLA TRAMA UFFICIALE DEL DOCUMENTARIO
Luigi Ghirri, fotografo italiano di fama internazionale, ha scritto con regolarità durante tutta la sua vita. La sua fotografia si riflette nella sua scrittura, che è insieme affermazione poetica, argomentazione esistenziale, diario che interroga il presente. Partendo dai suoi scritti, il documentario ripercorre le tappe cruciali della vita del fotografo. È un viaggio nei luoghi della provincia, uno studio di terre, acqua, colline, orizzonti infiniti. È una ricerca sul suo lavoro fotografico, concepito non in termini di singola immagine, ma come un alfabeto in cui ogni immagine esiste solo grazie alle altre. I compagni di questo viaggio sono gli artisti Franco Guerzoni e Davide Benati, lo storico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle, lo stampatore Arrigo Ghi, il fotografo Gianni Leone, il musicista Massimo Zamboni, e infine la famiglia, che rappresentava per Ghirri il sentimento di appartenenza a una comunità ordinaria ma unita. Stefano Accorsi dà voce ai testi di Ghirri.
LUIGI GHIRRI. THE MARAZZI YEARS 1975-1985
Il documentario rappresenta l’apice dell’articolato progetto Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975 – 1985, voluto dalla nota azienda di ceramiche emiliana, che ha visto la produzione di un volume, un focus espositivo e due mostre: è stato così raccontato lo straordinario sodalizio, che per dieci anni – dal 1975 al 1985 – ha visto il fotografo nella fabbrica, dove ha potuto sperimentare e approfondire nuovi aspetti della sua ricerca, gettando le basi del suo alfabeto visivo. In questa decade, Ghirri ha infatti creato per Marazzi una serie di opere uniche: “La ceramica ha una storia che si perde nella notte dei tempi. È sempre stata un ‘oggetto’ su cui si vengono a posare altri oggetti: i mobili, i gesti, le immagini, le ombre delle persone che abitano quegli spazi”, diceva il grande fotografo a proposito del suo lavoro con il marchio, “Questo lavoro, al di là di altri significati, è la ricostruzione di alcune stanze della mia memoria”.
Proiezione ufficiale: sabato 15 ottobre ore 20.30 al Museo MAXXI
Proiezioni successive: lunedì 17 alle ore 10.00 e giovedì 20 alle ore 12.30 al Cinema Giulio Cesare sala 7
Al Cinema Masetti di Fano (in via Don Giovanni Bosco, 12), la proiezione del documentario in anteprima regionale nelle Marche, con la collaborazione dell’associazione culturale “Centrale Fotografia” si terrà giovedì 17 novembre 2022 alle 21.15
Margherita Bordino
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