La pittura indecifrabile di Pietro Roccasalva in mostra a Lugano
L’arte sfuggente dell’artista siciliano esplode in tutta la sua potente alterità nella mostra che gli dedica la Collezione Olgiati. Da non perdere per completezza e per l’assoluta originalità dei lavori
L’assoluta alterità è la caratteristica più evidente e la dote migliore della pittura di Pietro Roccasalva (Modica, 1970). Per quanto le chiavi d’accesso ai suoi lavori sembrino immediate (immagine accattivante, soggetto affascinante perché enigmatico, tratti di realismo sorprendente), l’opera sfugge alla definizione, all’interpretazione letterale e soprattutto ai canoni, anche ai più attuali.
Questa sensazione di totale estraneità è dovuta al fatto che, nonostante la ricchezza di elementi, i dipinti giocano in sottrazione. Ogni slancio espressivo viene infatti compensato da una sorta di congelamento, da una presa di coscienza e di distanza che accomuna artista e spettatore (senza che ciò diminuisca per nulla il coinvolgimento, anzi).
LA MOSTRA DI PIETRO ROCCASALVA A LUGANO
La personale che la Collezione Olgiati dedica a Roccasalva dimostra come questa qualità particolarissima persista senza cali di tensione lungo tutta la produzione dell’artista, dalle opere che ne hanno segnato il “boom” fino alle ultimissime prove: cinquanta lavori in totale distribuiti in un allestimento ben scandito ma estremamente fluido, che contempla principalmente la pittura ma non solo.
Natura morta, figura, scena corale, monocromo e altri generi vengono via via rivoltati dall’interno e resi in un certo senso inediti. Lo stesso effetto di novità e spaesamento avviene anche sul piano della fattura: la tecnica è visivamente ibrida, indecifrabile, nuova (un’avvertenza, a questo proposito: farsi un’idea dell’aspetto concreto di questi dipinti è impossibile osservando le riproduzioni, ancor più di quanto accade abitualmente).
L’ARTE SECONDO PIETRO ROCCASALVA
Dalla falsa pacificazione degli “edifici-spremiagrumi” al solenne/prosaico ciclo dei “camerieri”, dalle visioni assieme sbiadite e rilucenti del ciclo Just married machine (che come altre serie trae origine da un tableau vivant realizzato in precedenza) all’apparente anacronismo di lavori come la piccola tela del 2021, parte del ciclo La sposa occidentale… La mostra è ricchissima di stimoli e sorprese. Compresi alcuni “fuori programma” come i disegni celati sul retro di quaderni Moleskine che lo spettatore deve materialmente svelare e la “scultura con arancino” (Fanfaro, 2014) che decostruisce Caravaggio.
Se la realtà è inafferrabile, così come incerto è lo status dell’immagine, altrettanto inafferrabile deve essere la pittura ‒ sembra affermare il lavoro di Roccasalva. In questo vortice, anche i riferimenti e le citazioni disseminati in dipinti e titoli non devono essere decifrati e svolti logicamente, ma lasciati sedimentare.
Stefano Castelli
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