Intervista a Virgilio Villoresi, l’artigiano del cinema
Le sue sculture cinetiche sono la base di partenza per realizzare corti, pubblicità, video musicali. Artigiano dell’immagine in movimento, Virgilio Villoresi si racconta
Figlio della scuola di Méliès, Virgilio Villoresi (Fiesole, 1979) cresce a Firenze, tra danza classica, pianoforte e teatro d’avanguardia. È un artigiano del sogno più puro, che plasma le sue fantasie per farle diventare materia. Inizia il suo percorso cinematografico nel 2005 con Frigidaire, cortometraggio prodotto in stop motion e collage. Da allora realizza corti d’autore, sculture cinetiche, advertising, fashion film e video musicali per artisti e brand internazionali, in un’ascesa di rapido successo.
INTERVISTA A VIRGILIO VILLORESI
Da dove arriva questa tua passione per la cultura nordica e mitteleuropea?
Nasce dopo una ricerca piuttosto maniacale di film d’animazione che mi potessero in qualche modo spiazzare, sorprendere. In quel periodo, primi anni di università al Dams, stavo cercando ispirazioni e mi sono imbattuto nei capolavori di Jan Lenica, Daniel Szczechura, Walerian Borowczyk, ecc. Da allora è come se mi fossi tatuato quei film nella memoria, mi hanno fatto crescere molto e quei frame bruciano ancora nella testa.
Il tuo è un cinema fatto con le mani, dove c’è pochissima postproduzione: possiamo chiamarti artigiano del cinema?
Sì, come definizione mi piace. Nel mio modo di mettere in scena le cose, più ci avvicina alla realtà più si scade nell’imitazione. Mi sembra molto interessante mostrare cosa c’è dietro a una cosa o come viene realizzata. È proprio in queste scelte artigianali che avviene ciò che considero “Fantasmagoria”.
Tua madre è una ballerina classica professionista, disciplina che tu stesso hai seguito. Ha influito nel tuo modo d’intendere la fluidità del movimento?
Devo dire che è stata fondamentale. Ho applicato l’armonia dei movimenti della danza classica sulle coreografie degli oggetti animati. Inoltre la precisione e attenzione nella ricerca del movimento perfetto dei ballerini dialogano con la tecnica chirurgica che uso nei movimenti animati in stop motion.
Arte cinetica, animazione, musica: come s’incontrano nel tuo lavoro?
Sono accomunate dal fatto che non dimentico mai che la mia espressione artistica ha un aspetto ludico: il colore, la luce, le sculture cinetiche, la musica, l’animazione degli oggetti sono un invito artigianale al gioco della fantasia.
COME LAVORA VIRGILIO VILLORESI
Hai collaborato con molti nomi importanti della moda e del design: qual è la genesi del tuo progetto creativo?
Sono fortunato perché i brand mi lasciano molta libertà. il mio processo creativo si articola con un’intuizione che viene poi raccontata attraverso disegni. Da quando inizio a girare, il ruolo di regista diventa un vero e proprio mestiere di artigiano che cerca di risolvere problemi tecnici, intoppi. Spesso mi ritrovo a pasticciare con le gelatine, spostare alberi in miniatura, attaccare quadri. Ogni tanto, durante la fase di shooting, socchiudo un occhio e immagino le scene del video che mi risultano mutevoli, cangianti a seconda della difficoltà tecniche a cui andranno incontro. L’importante è non dimenticare mai l’idea iniziale, ciò che ti ha portato a fare quella determinata cosa, altrimenti rischi di perdere il controllo della messa in scena.
Cos’è stimolante per la tua fantasia visiva?
La mia vita, direi. Come se il mondo che mi circonda fosse a mia disposizione, un immenso trovarobato su cui mettere le mani. Il tutto filtrato dalla mia immaginazione, agendo sulle quattro variazioni: materia, significato, luogo, dimensione.
Il tuo studio, la tua casa sembrano un paese di antichi balocchi.
Credo che sia una passione atavica, qualcosa che appartiene da tempo alla mia memoria. Gli sguardi con cui ti fissano le mie bambole Lenci hanno il potere di turbarmi. In casa ho creato una vera e propria Wunderkammer dove raccolgo ammennicoli vittoriani, occhi di bambole e oggetti bizzarri. Li uso anche per realizzare “animazioni in libertà”.
Le tue mani che si animano mi ricordano quelle di Mario Mariotti e in certi tratti la simbologia ipnotica di Ruka. Il corpo, quindi, contagia i tuoi lavori. Come spieghi questo interscambio?
È stato un processo naturale, istintivo. Da quando ho iniziato a realizzare i miei cortometraggi ho sempre avuto l’impulso di entrare in scena, quasi a voler far presente allo spettatore che si tratta di un lavoro artigianale e tutto ciò che vede è un trucco davanti alla camera. L’intervento del mio corpo umano diventa un vero e proprio sconfinamento tra regia e messa in scena, uno scambio fluidico tra il mio divertirmi a creare quei giochi toccandoli con le mani e il guardarli da fuori come spettatore.
IL CINEMA SECONDO VILLORESI
So che ti piace il cinema di Berkeley, che con le sue coreografie ripetitive diventa quasi ossessivo. Un’animazione deve portare lo spettatore in una diversa dimensione, provocando magari anche una sorta di smarrimento. Qual è la sensazione principale che ti auguri di provocare?
Amo Buzz! Beh, sicuramente vorrei provocare il sentimento di stupore. lo stesso cerco sempre di sorprendermi davanti a un mio lavoro. Le animazioni prima di tutto devono avere una dimensione ritmica che mi seduce. Ogni volta scatto o 25 foto o 15 foto per creare un secondo. Tra uno scatto e l’altro creo la dinamica del movimento ed è proprio in quella fase che si sceglie il carattere, la forza, l’aura di un certo oggetto.
All’orizzonte c’è un lungometraggio dedicato a Buzzati, puoi anticiparci qualcosa?
Si tratta dell’adattamento cinematografico della graphic novel leggendaria Poema a Fumetti, scritta e illustrata da Dino Buzzati. Non voglio anticipare troppo per superstizione, ma ho già realizzato dei test in pellicola con la riproduzione della villa di Via Saterna. Il film sarà un ibrido tra live action con attori e contributi in stop motion sulla scia delle meraviglie create da Karel Zeman e le magie di Méliès.
Ginevra Barbetti
https://www.virgiliovilloresi.com/
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