Colazione al Pop
Colazione al Pop con Davide Ferri, Antonio Grulli, Francesco Lauretta, Falminia Veronesi.
Comunicato stampa
Febbraio 2022
La vita ipermoderna. La vita moderna. Era inevitabile condurmi in questa parte della tela dopo aver aggredito, mimato, saccheggiato il reale, il sur reale. Osservando, o meglio ricordando i vecchi quadri degli impressionisti, alcuni, dove erano dipinti momenti spensierati, ai caffè, con balli, i corpi euforici per la scoperta di una vita moderna, una sera, a Torino, in occasione delle feste serali in occasione di Artissima, ho visto la stessa folla occupare quanto non era stato possibile occupare negli ultimi anni di pandemia: pub, caffè, bar, e quant'altro. Questi binari costellati da ombrelloni, cabine, abitati fino all'estremo dalla folla e colorati significativamente con luci che nel riverbero davano agli astanti colore e forma univoca, rossi, gialli, blu, arancioni, verdi, violetta, erano impressionanti tanto che li ho visti e sognati, le forme, come un corpo multiplo, impastate le figure le une alle altre senza identità, solo folla informata dalla frenesia liberata, seppur controllata, dai virus, dai Green Pass mostrano l'effetto -o affetto- euforico di un unico corpo (sociale), ammalato. Differentemente dalle prove della vita moderna, ritratta dai vari Renoir, Toulouse-Lautrec e compagnia bella, prossima alla catastrofe che avrebbe segnalato il 900, dove una specie di divertita malinconia attraversava le sere, oggi le sere dell'aperitivo tanto agognato, desiderato, nei lounge bar e dintorni, sembra contenere la stessa frenesia con la quale scorrono i virus a caccia delle persone. Un quartetto pensato, visionato, come punti cardinali che formano una rete o trappola dove si scorgono corpi rovesciati su tavolini, sedie, che parlano -di virus, di guerra?- , bevono, sgranocchiano, si dissolvono e si espandono come un grande blob, corpi indistinti che vivono e si alimentano del disagio alieno nel ventennio avanzato del XXI secolo, come sapessero che l'estinzione è prossima, o comunque ormai 'pensabile', possibile e quel momento, spensierato fosse come una celebrazione: come "non vi fosse un domani". Per dipingere questo quartetto ho usato non i pennelli ma artigli.
Luglio 2022
Invece, poi, il progetto s'è allargato. Immaginare un futuro all'insegna della spensieratezza, del piacere e realizzazione del sé, dopo questi anni, clamorosi, sembra quanto di più improbabile possibile all'orizzonte. Eppure, almeno in Occidente, il rapporto identitario è quanto di più intimamente sperato: l'essere se stessi ci proietta in uno spazio che ha qualcosa di magico, in un incantamento che pare riuscire a oltrepassare la drammatica condizione umana e i problemi del mondo, dalla crisi climatica, economica, all'aumento delle disuguaglianze sociali alla crisi ecologica, ecc. e pur sapendo che son sarà possibile la cura di tutte le disgrazie la consacrazione dell'autenticità, del "be yorself" sembra essere la parola votata alla consacrazione. Questi quadri raccontano la 'fiera' dell'intrattenimento e del desiderio, quadri audemonici dove è in scena il desiderio di raggiungere la felicità come scopo, post sacrificale e post eroica. Eppure nelle pennellate nervose, nella tensione del colpo di pennello si intravvedono i segnali di un pericoloso stare, come su un filo teso, verso l'abisso.
25 ottobre
Eppure, ci siamo quasi finalmente, con le Ragazze al PoP. Mi piaceva l'idea di dipingere in modo spensierato, liberato da regole che generalmente frenano i nostri istinti. Pensavo a una forma di piacere e gioia del dipingere. Ricordo come nel 2004 in occasione della mostra Le metafisiche, Roberto (Pinto) si domandava perché dipingessi ancora, e quale potesse essere il senso di questa pratica. Nel suo testo scrisse: per il semplice piacere di dipingere. Ricordo che avevo scritto per il mini catalogo un testo assai curioso a proposito del pipistrello e di come si rimanga affascinati dinanzi al mistero di questo straniante mammifero. In verità l'idea era tornata dopo la lettura di un testo di Coetzee, e leggendo il testo di Roberto, posso affermare adesso, ricordo che mi aveva, come dire, urtata la cosa perché per dipingere quei quadri, processioni, santi, angeli, quadri imponenti e assai difficili da fare, avevo ostentato una sorta di antipatia verso questo medium tanto che quelle feste per me celebravano una sorta di requiem della pittura. Nessun fasto né nostalgie. Così quando mi sono visto tornato a Torino e dopo anni assai complessi ho pensato a come attendere questa strana apocalisse che individuiamo quasi quotidianamente, come l'avevo già pensata a Palermo con Apocalisse in dettaglio: vivere come non ci fosse un domani, spensieratamente. Le ragazze al PoP sono un momento spiegato, atemporale, perché sembrano vivere nel limbo di una eternità meritata, tutta umana, distolta dalle ansie di sempre, del senso, per esempio, che vorremmo dare alle nostre singolari esistenze, e da tutti gli impicci che la quotidianità ci investe regolarmente. Stare con le "ragazze" è un po' come vivono i personaggi raccontati da Aleksandar Hemon come nel suo Il libro delle mie vite che dinanzi alla guerra imminente e sentita dei Balcani vivevano totalmente immersi in un interstizio reale inimmaginabile, facendo feste continue e ubriacandosi -appunto- come non ci fosse un domani. Così lo spazio delle concerie del Pastis l'ho pensato saturo, clamorosamente frenetico, beato di questa condizione senza misura dinanzi alle problematicità che il mondo in questo momento ci rovescia addosso senza pudore, di vite e di ragazze -che meglio dei ragazzi, e uomini in genere- raggianti, coloratissime, piene di pittura che se ne frega dei paletti formali e radicali di chi nella pittura rivendica una integrità o che nella pittura riveda l'obsoleto medium che ha piegato le ali a molti artisti negli ultimi 30 anni e oltre, almeno qui nel Belpaese, o di cui s'è avuto un pregiudizio diffuso e mortificante. La pittura dinanzi a tutte le apocalissi di sempre sarà, sempre, longeva.