Womb. Se la clonazione è una questione privata
A due anni dalla sua realizzazione, esce nelle sale italiane “Womb”, quarto lungometraggio del regista Benedek Fliegauf, fra i più talentuosi autori della nuova generazione del cinema ungherese. Lontano da ogni prevedibile chiave fantascientifica, il tema della clonazione umana è inserito in una dimensione quotidiana e intimista.
Niente capsule spaziali o ingegneria avveniristica, ma atmosfere rarefatte e silenziose per il nuovo film di Benedek Fliegauf, Womb, che affronta il tema della clonazione umana da un punto di vista esclusivamente intimo e personale. Rebecca (Eva Green, sempre splendida e inquietante) e Thomas (Matt Smith) s’incontrano bambini e insieme scoprono un sentimento così forte che neanche dodici anni di lontananza l’uno dall’altra riescono a scalfire. Ma dopo il rientro di Rebecca alla casa del nonno per ritrovare l’amore d’infanzia, un destino beffardo che vuole la coppia divisa a tutti i costi strappa Thomas alla vita in un incidente stradale. Rebecca, che non vuole arrendersi alla sorte, decide di farsi impiantare in grembo un nuovo Tommy, replica esatta del padre.
In questo film tutto è nascita e morte. Tutto ruota attorno alla maternità, al grembo (in inglese ‘womb’), alla creazione. Fin da bambini, Rebecca e Thomas sono incuriositi dalle leggi implacabili della natura e ne studiano, attenti, i meccanismi. Ascoltano il suono del respiro, del vento, del mare. Osservano la natura, la pancia, la pelle. L’amore di questi due ragazzi porta in sé qualcosa di universale, che sembra poter contenere e rappresentare l’intero mistero della vita.
L’infanzia dei due protagonisti, rappresentata mediante un montaggio a tasselli e attraverso un ottimo lavoro sul sonoro, sembrerebbe preludere a una dimensione filosofica del film che invece lascia ben presto spazio a soluzioni più convenzionali per la resa del vissuto quotidiano di Rebecca-madre e dell’ignaro Tommy-figlio e del loro rapporto esclusivo e protetto, venato da una costante tensione determinata dalla tangibile attrazione reciproca. Assenti giudizi di carattere morale o etico, il regista si limita a raccontare la vicenda di una donna che compie le sue scelte per amore, salvo poi doverne affrontarne anche le conseguenze impreviste.
L’analisi di Fliegauf si sofferma piuttosto sugli aspetti “sociali” che permeano un mondo futuro (perfettamente accostabile al nostro presente) in cui non ci si è ancora liberati dal flagello del pregiudizio e dell’emarginazione del “diverso”, il clone in questo caso. Da ciò deriva anche un’inevitabile riflessione sull’unicità dell’uomo, individuo irripetibile ancorché copia biologica di un altro essere.
Non è difficile intuire che gli esiti della storia, man mano che Tommy cresce, diventa uomo e si affaccia alla vita, si discostano progressivamente dal progetto di Rebecca di recuperare l’amore perduto. Del resto, il concetto stesso di altruismo incondizionato che comporta il mettere al mondo un figlio, viene innaturalmente stravolto da Rebecca con il suo estremo atto d’amore che appare piuttosto egoista e risarcitorio. La storia di Rebecca e Thomas troverà finalmente la sua giusta conclusione in un amplesso disturbante e sofferto, unione negata per tutta la durata del film, che paradossalmente ristabilirà l’ordine naturale delle cose.
Sono davvero molti i temi e le riflessioni che emergono da questo film astratto e minimale, da cui traiamo tuttavia l’impressione che, al di là delle ambiziose intenzioni, Fliegauf non sia riuscito a governare il materiale con assoluta padronanza.
Beatrice Fiorentino
Benedek Fliegauf – Womb
Germania, Francia, Ungheria / 2010 / 111’
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