La fotografia di Lee Miller e Man Ray a Venezia
Musa di Man Ray, certo, ma anche fotografa geniale, che non ebbe paura di sperimentare in camera oscura e sul campo di battaglia della Seconda Guerra Mondiale. Tutto questo compone il ritratto di Lee Miller, protagonista della mostra al Palazzo Franchetti di Venezia
L’audacia che solo poche donne negli Anni Trenta sapevano dimostrare, unita alla sua bellezza e intelligenza, portarono Lee Miller (Poughkeepsie, 1907 – Chiddingly, 1977) a trasformarsi da semplice modella in artefice di sperimentazioni fotografiche sviluppate accanto al suo maestro Man Ray (Philadelphia, 1890 ‒ Parigi, 1976). Di questa serrata collaborazione parigina, foriera anche di un amour fou (una relazione durata qualche anno e iniziata quando la Miller si propone come allieva), è frutto la riscoperta dell’effetto Sabattier. Chiamato anche solarizzazione, per similitudine negli esiti, si ottiene con l’esposizione alla luce di pellicole o di carta sensibile in fase di sviluppo, con il risultato di intensificare le linee e creare un’enfasi nei chiaroscuri.
LEE MILLER E LA SPERIMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Che sia stata un’accidentale accensione della luce o meno, Lee Miller non si limitò alla qualità dello scatto, ma anche alla sperimentazione in camera oscura, che già per Man Ray era un passaggio fondamentale per trasferire nella sua fotografia gli effetti di surrealtà, di sospensione e di straniamento attraverso nuove tecniche: l’imprimitura diretta della carta sensibile con i rayograph, la sgranatura irregolare con le polveri d’argento, le distorsioni. Tutte esplorazioni dagli effetti poetici e onirici, e una nuova modalità di utilizzare la luce. Proprio sul tema della luce Miller sviluppò Electricité, un lavoro di dieci rayografie a firma di Man Ray per la nascente società elettrica francese, e che solo recentemente possono essere attribuite alla fotografa che materialmente le realizzò.
LA MOSTRA SU LEE MILLER E MAN RAY A VENEZIA
La prima sala della mostra a Palazzo Franchetti a Venezia sintetizza il senso della rassegna, che vede protagonisti la storia di un amore, di uno scambio artistico e di una donna alla conquista dell’emancipazione: un breve estratto dal film Le sang d’un poete di Jean Cocteau, dove Lee Miller presta le sue labbra per dare voce a una statua greca, la solarizzazione in una sua foto di moda, e sempre lei che compare negli scatti di Man Ray come modella, come simbolo di essenziale bellezza, dove il nudo femminile si trasforma in ricerca di linee.
LA FOTOGRAFIA SECONDO LEE MILLER
Oltre cento fotografie testimoniano la volontà di Miller di non essere più solo parte di una immagine ma di dar vita alle proprie idee velocemente, trovando nella pratica dello scatto una soddisfazione immediata e facendo ricorso con spontaneità ai temi surrealisti. La sua energia la porterà ad accettare incarichi di diverso tipo: ritrattista, fotografa di moda, fotoreporter di guerra. Immortalare le attività frenetiche negli ospedali militari durante la Seconda Guerra Mondiale e i prigionieri appena liberati dal campo di Dachau fu per lei un incontro senza mezze misure con la realtà. Il disagio di fronte a tanta distruzione e violenza le permise però di dare forma a scatti passati alla storia, grazie alla capacità di delineare, oltre alla bellezza, i contorni dell’orrore.
Antonella Potente
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