Il museo partecipativo risolve i problemi collettivi. Il nuovo incontro di Open Doors a Brescia
Il museo è deve essere sempre di più un luogo dove risolvere i problemi guardandoli da nuove angolature. Abbiamo chiesto come a Irene Mangion, dell'Esplora Interactive Science Center di Malta
Il museo come luogo dove affrontare i problemi collettivi di una comunità: questo il tema del nono e ultimo incontro delle talk Open Doors organizzate da Fondazione Brescia Musei insieme a Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali e al Network of European Museum Organizations. Dedicata a La partecipazione come soluzione ai problemi collettivi, la discussione – che si terrà il 23 novembre alle 16.30 online e all’auditorium Santa Giulia a Brescia – porterà alla ribalta come la cultura abbia sempre aiutato gli esseri umani a risolvere problemi importanti guardandoli da angolature differenti. Il museo, in quest’ottica, può diventare anche il luogo in cui progettare assieme soluzioni più efficaci ai problemi della nostra quotidianità.
Ne abbiamo parlato con Irene Mangion, che dal 2019 guida lo STEM Engagement Team dell’Esplora Interactive Science Center di Malta. Dopo un Master in Scienze e Gestione Ambientale in Belgio e un Master in Studi Internazionali con specializzazione in strategia ambientale in Nuova Zelanda, Mangion ha lavorato per il Malta Council for Science and Technology, la Commissione Ambiente del Comitato delle Regioni a Bruxelles e per diverse ONG ambientaliste a Malta e all’estero.
OPEN DOORS: PARLA IRENE MANGION, DELL’ESPLORA INTERACTIVE SCIENCE CENTER DI MALTA
In che modo i musei possono diventare il luogo in cui progettare soluzioni più efficaci in risposta ai nostri problemi quotidiani?
Il ruolo dei musei è cambiato molto negli ultimi decenni: piuttosto che limitarsi a fornire informazioni, i musei ora offrono esperienze pratiche e interattive, risorse e strumenti che fanno riflettere le persone e consentono loro di sviluppare abilità cruciali per prendere decisioni informate. In questo senso, musei e centri scientifici sono terreno fertile per le cosiddette “competenze del XXI secolo”, che includono il pensiero critico e la risoluzione creativa dei problemi, e in quanto fornitori di istruzione informale e promotori naturali del diritto alla cultura e all’apprendimento sono nella posizione ideale per mostrare alle persone quanto la cultura e le STEAM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Arte e Matematica) siano rilevanti nella vita di tutti i giorni.
In che modo Esplora Interactive Science Center attua queste strategie?
Esplora è un centro scientifico relativamente giovane, ha aperto i battenti nel 2016, ma sin dal suo inizio ha esplorato la divulgazione scientifica e il coinvolgimento della comunità. La strategia che cerchiamo di adottare quando lanciamo un nuovo progetto è quella di consultare le audience fin dall’inizio. Siamo poi consapevoli dei vantaggi dell’introduzione di altre discipline come le scienze sociali e umanistiche. Nel caso dell’Esperimenta Tikka Xjenza Community Festival (che può essere tradotto come “Esperimento con un po’ di scienza”), che Esplora ha organizzato lo scorso luglio nella città di Birgu, abbiamo condotto un’indagine locale con un anno di anticipo per scoprire di più sugli interessi e le preoccupazioni della comunità locale. Il tema del festival, la sostenibilità ambientale per il benessere, è stato appunto scelto dalla gente del posto, e noi abbiamo lavorato con le autorità locali, la biblioteca, gli artisti, le ONG e altri gruppi della comunità durante tutta la progettazione dell’evento. Al centro di tutta l’esperienza c’era il modo in cui la scienza fa parte di tutto ciò che ci riguarda: dalla cucina all’uso dei telefoni cellulari, al giardinaggio, al fai-da-te e al riutilizzo di oggetti. Rendere la scienza rilevante, mostrando come influisce sulla nostra vita quotidiana, è un ottimo modo per promuovere l’alfabetizzazione scientifica nella comunità.
In che modo Esplora Interactive Science Center stimola l’amore per la cultura scientifica?
La missione che si è prefissata è quella di accendere la passione per l’interrogazione, l’indagine e la scoperta. Tutte le mostre, le attività e i workshop che offriamo sono incentrati sui visitatori, per questo sono pratici e interattivi e focalizzati sulla stimolazione del pensiero critico. Piuttosto che fornire risposte, cerchiamo di incoraggiare le persone a cercarle da sole. Poi, l’amore per la scienza e la cultura inizia nell’infanzia, quindi ci teniamo molto che i bambini molto piccoli si divertano a sperimentare e creare. Esponiamo i bimbi delle scuole primarie alla programmazione, alla tecnologia e agli elementi costitutivi dell’ingegneria attraverso giochi, narrazione e laboratori interattivi. Su suggerimento degli stessi giovani, abbiamo sviluppato (nell’ambito di un progetto europeo) delle attività di decodifica sull’IA e abbiamo raggiunto la comunità attraverso festival e attività pratiche nelle scuole, ma anche con il programma televisivo Gina u l-Esploraturi. Insieme allo STEM Engagement Working Group, infine, abbiamo organizzato i primi premi nazionali con l’obiettivo di fornire ai maltesi dei modelli locali. In ultima analisi, è rendendo la scienza pertinente, accessibile e piacevole che rafforziamo la cultura scientifica.
Come si stanno evolvendo questi tipi di approcci partecipativi, e verso quali pubblici?
Credo che tutti i musei desiderino che le persone di tutte le età e di tutti i ceti sociali si sentano le benvenute. Vogliamo favorire il senso di appartenenza e offrire uno spazio sicuro per il dialogo e la collaborazione. Molte persone vedono i centri scientifici come un luogo per famiglie con bambini piccoli, eppure hanno molto da offrire anche a giovani, adulti e anziani. A Esplora organizziamo “eventi in ritardo” per adulti che approfondiscono, ad esempio, la scienza della vinificazione. Al festival della comunità, avevamo una biblioteca umana in cui i “libri umani” raccontavano la storia di come i cambiamenti nell’ambiente hanno avuto un impatto sulle loro vite. Offriamo anche attività popolari tra le generazioni più anziane, come quella sulla scienza dietro i proverbi, e abbiamo lanciato diversi progetti per i giovani tra cui, ad esempio, una serie di incontri nei caffè per giovani sulla scienza dello sport. Crediamo fermamente anche nei progetti intergenerazionali: un esempio è Grandma got STEAM, in cui 5 mentori – donne con famiglia e carriere in scienze, tecnologia, ingegneria, arte e matematica – si sono unite 10 giovani in una serie di workshop e creando insieme un mazzo di carte narrative.
Gran parte della nostra comunicazione scientifica si basa sulla creazione della cornice ideale per il dialogo: Esplora ha la fortuna di essere ospitata in un bellissimo edificio iconico che si affaccia sul Grand Harbour, costruito nel XVII secolo e ampliato in un ospedale navale britannico nel XIX secolo. Abbiamo quindi lanciato un progetto, curato da un artista e ricercatore della comunità, chiedendo a persone con conoscenze storiche raccolte da familiari o conoscenti che hanno lavorato qui, di venire a condividere questi ricordi con noi. Questo aiuta a creare connessioni e stabilisce il ruolo del museo come parte della comunità.
Qualsiasi tipo di museo (anche quello più radizionale) può utilizzare la partecipazione per risolvere i propri problemi più urgenti?
La conferenza Open Doors ha dimostrato che è proprio così. La partecipazione può essere promossa e progettata in molti modi diversi, come ricercato e spiegato da molti studiosi ed esperti museali. Le sfide collettive che stiamo affrontando in questo momento, dall’emergenza climatica alla diffusione di pandemie e minacce alla sicurezza, richiedono che lavoriamo insieme come comunità e come nazioni. I musei hanno un chiaro ruolo da svolgere nel costruire ponti e promuovere le competenze e la resilienza che possono aiutare a risolvere le sfide rilevanti per la comunità, sono istituzioni fidate e come tali hanno la capacità di far interessare le persone. In ultima analisi, è la nostra comprensione condivisa dei problemi comuni che porterà a soluzioni collettive a beneficio della società e del pianeta.
Giulia Giaume
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