L’addio di Giovanna Melandri al Maxxi. Le parole di commiato

La presidente uscente della Fondazione Maxxi traccia il bilancio degli ultimi dieci anni in occasione di una conferenza dal tono commosso e partecipato. Toccherà ad Alessandro Giuli ereditare la governance del polo museale romano, in un momento strategico per la sua evoluzione

Arrivata nella serata che precede la giornata celebrativa degli ultimi dieci anni di storia del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, sotto la presidenza di Giovanna Melandri, la conferma del passaggio di consegne che dal prossimo 12 dicembre porterà il giornalista Alessandro Giuli (Roma, 1975) alla guida della Fondazione MAXXI, trasforma l’evento in un commiato dal sapore dolceamaro. Il MiC di Gennaro Sangiuliano, dopo i ringraziamenti di rito a Melandri, ha deciso per un evidente cambio di rotta, scegliendo di affidare a Giuli il compito di guidare il museo capitolino negli anni dell’importante transizione che porterà alla nascita del Grande MAXXI, secondo l’ambizioso progetto annunciato lo scorso febbraio (vedremo ora come si procederà). Il primo novembre scorso era scaduto il lungo mandato della presidente uscente, che ha accompagnato dall’inizio la “bella storia italiana, europea, internazionale del MAXXI”, per usare le parole con cui la stessa Melandri introduce un decennio di progettualità culturale e artistica “da raccontare”. Il 25 ottobre, recependo il discorso in Parlamento del neopresidente Giorgia Meloni, Melandri aveva speso parole di endorsement per un intervento giudicato “inequivocabilmente atlantista e correttamente europeista; con molti passaggi sulle politiche sociali necessarie a questo Paese, e con un riconoscimento importante alle tante donne di epoche, appartenenze politiche e professioni diverse che hanno consentito di rompere prima muri e poi soffitti di cristallo”, mostrando una vicinanza dettata da comuni difficoltà affrontate in carriera (“Molte donne, (anch’io..) hanno conosciuto questa sensazione e questa fatica”) e spendendo “un sincero augurio di buon lavoro a lei al suo governo e anche alle opposizioni” (di cui Melandri è stata espressione, nel ruolo di ministro per i beni e le attività culturali, nei Governi D’Alema I, II e Amato II). Al MAXXI, fondazione in buona salute che ha saputo assumere una funzione centrale nelle dinamiche culturali cittadine e nazionali, è però evidente la volontà del nuovo governo di rivendicare una posizione più solida e fattiva, in campo culturale, rispetto a quanto abbia fatto la Destra in passato. Così si volta pagina, non prima di aver ricordato quanto di buono è stato fatto finora, cominciando dai numeri. Dal 2010 a oggi, il polo per l’arte contemporanea romano ha accolto 3,5 milioni di visitatori, incassando 16 milioni di euro solo con i biglietti; e proprio il 2022 ha fatto registrare il dato più alto in termini di biglietti venduti (219.551 al 31 ottobre), confermando la capacità di superare le difficoltà della pandemia (con una crescita di oltre il 30% rispetto al 2019), anche grazie alla qualità dei contenuti digitali sviluppati nel lungo periodo di chiusura.

RINGRAZIAMENTI E SPERANZE

Al suo arrivo, Giovanna Melandri è accolta da un lungo e caloroso applauso. Parla al plurale: “Oggi vogliamo raccontarvi la storia del Maxxi, bella, complicata, ma sempre illuminata”. Il momento dei ringraziamenti è particolarmente sentito, interrotto a più riprese da applausi emozionati. Quando si rivolge al direttore artistico Hou Hanru, lui si commuove: i due si stringono in un abbraccio, Melandri lo descrive come “uno spirito libero fuori dal mercato, che ci ha portato a guardare lontano. Questa istituzione gli deve tantissimo”. Seguono i ringraziamenti a Bartolomeo Pietromarchi (“hai fatto fiorire la collezione e il Maxxi L’Aquila, ci hai sfidato con le tue diavolerie tecnologiche: grazie, grazie, grazie”) e Margherita Guccione: “Solo lei conosce ogni centimetro di questo museo e ha pazientemente costruito un lavoro incredibile con Maxxi Architettura. Ricordo anche la costanza con cui Margherita è andata in giro per l’Italia a scovare archivi. Lei sarà e dovrà essere il punto di riferimento strategico del Grande Maxxi”. Il ringraziamento va anche a Francesco Spano e Pietro Barrera, “perché mi hanno aiutato a costruire un’istituzione robusta e sana”, e a tutto il team: “Io vado via gioiosa e tranquilla, perché so che questo team garantirà una continuità importante, so che qui abbiamo fatto crescere un’intelligenza collettiva rara. Siate generosi e creativi come sapete essere, e tutto andrà bene. Faccio gli auguri di buon lavoro ad Alessandro Giuli”.

MAXXI 2012 – 2022. UNA STORIA DA RACCONTARE

Poi, la presidente uscente, prosegue con l’analisi del lavoro fatto insieme: “Le istituzioni sono sempre molto più grandi di ognuno di noi. Istituzione deriva da istituire, stabilire un ordine. Io credo nel valore sacro delle istituzioni e quando lavorano per la cultura devono seguire regole auree: l’autonomia delle scelte curatoriali, il rispetto delle scelte degli artisti, la cura del pubblico. Questo è quello che abbiamo cercato di fare qui, con skill manageriali, creando processi economicamente sani che permettessero di accogliere la libertà degli artisti nello spazio creato da Zaha Hadid”. Non nasconde, mai, in tutto il suo discorso, il dispiacere di dover abbandonare la nave, pur con la compostezza che le è usuale: “Un avvicendamento nella governance è sempre tra le opzioni possibili, in questo caso non obbligato, ma sempre nella possibilità delle cose. Mi dispongo a facilitare in tutti i modi il lavoro del mio successore, in maniera ordinata e informata. Servire vuol dire lasciare un posto migliore di come l’hai trovato. E questo credo di averlo fatto”. Il Maxxi, oggi, è “una bella storia da raccontare”, ma anche “un treno da non perdere”: “Affidiamo a Giuli un gioiello che ha bisogno di cure, dedizione e tanto lavoro. Lasciamo un modello istituzionale moderno, che ha saputo mettere l’agilità del privato al servizio della funzione pubblica. Pensammo così il Maxxi all’epoca della sua creazione, come uno spazio libero di espressione artistica, formazione, elaborazione intellettuale, libero. Abbiamo saputo crescere un’unica fondazione di diritto privato, con oltre 100 persone che ci lavorano”.
Melandri evidenzia come si è evoluto “il cuore” del museo, la sua collezione “passata da poco più di 200 a quasi 700 opere d’arte, come si è moltiplicato il numero dei fondi di architettura, da 13 a 102. Abbiamo lavorato sulla costituzione di un archivio preziosissimo, sulla fotografia, sulla necessità di far viaggiare la nostra collezione nel mondo. Il lavoro di questi anni è stato poderoso”. Cita poi la dimensione sociale del museo, la sua capacità di sviluppare progetti “per tutti i pubblici possibili”. E sulla progettualità, richiesta agli artisti e al contempo messa in campo dal team di lavoro del polo museale, spende ulteriori parole: “Non siamo un museo ‘prego entrate, punto e basta’. Il Maxxi è un museo per artisti lampadieri, uno spazio che chiede la partecipazione del pubblico. Abbiamo tessuto una trama di rapporti con geografie lontanissime, siamo stati insieme a comunità creative di tutto il mondo, nella convinzione che la nostra diplomazia culturale potesse aiutare a conoscere e capire. Abbiamo guardato il mondo attraverso lo sguardo poetico degli artisti. Siamo una grande e complessa macchina di produzione, che ha portato l’Italia in giro per il mondo, grazie a un lavoro profondo e costante”. C’è poi, non secondaria, la sfida – vinta – di attirare risorse e investitori: “La collaborazione tra pubblico e privato qui non è effimera: abbiamo collaborato con oltre 250 aziende e raccolto 16,5 milioni di fundraising. Le risorse raccolte vengono orientate con processi rigorosi verso la crescita della collezione, ma abbiamo anche fatto crescere competenze importanti per partecipare a bandi internazionali. La capacità di costruire progetti e vincerli, dentro un’istituzione, è importante. Il risultato sono 2 milioni di euro di contributi ottenuti tramite bandi di finanziamento”.

IL FUTURO E IL GRANDE MAXXI

Parlando del futuro, il plurale inclusivo viene messo da parte, non senza una nota di amarezza: non più “lo faremo”, ma “lo farete”. “Nei mesi della pandemia abbiamo progettato il futuro, che si chiama Grande Maxxi e trae ispirazione dai valori del New European Bauhaus. Mi auguro che la nuova governance possa mettere a terra la realizzazione di uno dei nodi più importanti di questo pensiero. Al Grande Maxxi voglio augurare che le rose fioriscano sul suo sentiero”. La chiosa lascia, nuovamente, il posto alla commozione: “Sono in arrivo mostre bellissime, già programmate, tra cui la retrospettiva dedicata a Enzo Cucchi. Ma c’è anche l’imminente progetto su Bob Dylan: Io vi saluto così, prendendo in prestito il titolo di un documentario su Dylan, promettendovi I will not look back. Amo questo posto dal giorno in cui è uscito dalla matita di Zaha Hadid, non smetterò certo di frequentarlo ora. Sono un po’ triste oggi, ma molto orgogliosa del lavoro che abbiamo fatto insieme. Viva il Maxxi”.

Livia Montagnoli

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