Il ruolo della cultura nell’arginare la crisi economica
Cultura come parte di una più ampia politica del territorio: è questo il presupposto da cui la politica italiana dovrebbe partire per integrare consapevolmente la cultura fra gli strumenti da mettere in campo contro la crisi economica in cui siamo immersi
Quando sentiamo parlare di scenario economico, tendiamo sempre a guardare alla contingenza, ma i problemi reali che potranno davvero investire il nostro Paese saranno sempre più palesi nei prossimi mesi. Si pensi, ad esempio, agli adeguamenti del costo dell’affitto nelle città. Secondo alcune ricerche, in alcune periferie urbane il costo dell’affitto potrà aumentare anche più del 30%. Si tratta di una condizione che non solo la politica, ma anche l’intera società dovranno gestire con attenzione. Un incremento di questo tipo incide in modo significativo sulle risorse economiche delle persone. E a questo incremento vanno aggiunti altresì gli incrementi attesi per il prezzo di beni e dei servizi indispensabili.
Pur non tenendo conto di altri fattori esogeni, come il potenziale acuirsi del conflitto in Ucraina, l’insieme delle condizioni a oggi in essere lasciano presagire l’affermarsi di un equilibrio estremamente delicato per il nostro Paese, scenario dal quale non è possibile escludere l’emergere di un crescente malcontento nei cittadini.
In questo quadro generale, è altrettanto lecito attendersi che la maggiore attenzione della politica, ma anche di molti dei soggetti del terzo settore che per statuto si impegnano a migliorare le condizioni di vita del proprio territorio di riferimento, saranno volte principalmente ad arginare l’affermarsi di nuove condizioni di povertà e/o di disagio, e che gli interventi in questo senso vedano principalmente coinvolte le dinamiche di natura economica.
Misure e azioni che, per quanto necessarie, difficilmente saranno sufficienti ad assorbire completamente le condizioni. L’insieme delle nostre risorse pubbliche, infatti, non consente di adottare provvedimenti tali da contrastare completamente gli effetti economici derivanti dall’incremento dei prezzi, e dall’insieme di eventi che ne conseguono (riduzione di risparmi e consumi da parte delle famiglie). Il che, senza entrare in dettagli tecnici, implica che i sussidi economici non saranno sufficienti ad annullare i costi sociali, sia immediati, sia successivi, e su questo punto vale la pena sottolineare che i fondi straordinari di cui il nostro Paese dispone erano inizialmente destinati a un rilancio dell’economia.
“La creazione di eventi straordinari, con la possibilità di accedere a prezzi ridotti, potrà invece incrementare la domanda, soprattutto in una condizione di difficoltà economica che non riguarda solo il presente”.
In questa condizione la cultura può, insieme anche ad altri settori della vita sociale, avere un ruolo importante, sia come leva di sviluppo economico, sia come insieme di servizi.
Da un lato, infatti, favorire l’incremento delle attività d’impresa nel settore culturale, e più estesamente delle attività afferenti al settore delle industrie culturali e creative, potrà essere una delle molteplici dimensioni attraverso le quali poter favorire nuove forme occupazionali, soprattutto potenziando, attraverso politiche mirate, anche il volume delle esportazioni.
Dall’altro, però, il coinvolgimento a pieno regime del settore culturale dovrebbe altresì essere stimolato nei piccoli e medi centri urbani, con l’obiettivo di incrementare anche la qualità della vita da parte dei cittadini.
Questa duplice dimensione della cultura, che da un lato ha un ruolo di tipo economico e che dall’altro permette di creare servizi in grado di migliorare il livello di benessere percepito, deve essere posto in attenta relazione con tutte le dinamiche che il Governo tenderà a sviluppare nel prossimo breve e medio periodo. Per farlo, però, c’è bisogno che venga sviluppata una sensibilità, anche a livello politico, sulle particolari caratteristiche che distinguono il comparto culturale da tutti gli altri comparti di produzione di beni e servizi.
Di certo, il solo segmento delle Industrie Culturali e Creative non potrà sviluppare una rinnovata economia del nostro Paese. Né tantomeno il solo sviluppo della cultura come strumento di consenso permetterà di ottenere un incremento reale del benessere percepito.
Per fare un esempio: aprire gratuitamente i musei, estendendo il tempo di apertura anche alle ore serali, equivale a un incremento dei costi per il nostro Paese. Costi per realizzare servizi che, probabilmente, non genereranno un proporzionale beneficio da parte dei cittadini.
La creazione di eventi straordinari, con la possibilità di accedere a prezzi ridotti, potrà invece incrementare la domanda, soprattutto in una condizione di difficoltà economica che non riguarda solo il presente, ma che proietta incertezza anche nel prossimo futuro.
CULTURA ED ECONOMIA FRA TERRITORIO LOCALE ED ESTERO
Coinvolgere, per tali eventi straordinari, esperienze territoriali potrà rappresentare un modo per coinvolgere le numerosissime micro-imprese culturali e creative che sono presenti sul nostro territorio. Aiutare concretamente tali imprese a incrementare il proprio valore di export, e non solo attraverso i soliti canali di formazione, potrebbe inoltre estendere notevolmente il mercato di riferimento.
Attrarre, al contempo, investitori esteri, attraverso programmi dedicati in modo specifico a questo comparto, potrà allo stesso tempo incrementare il peso economico complessivo che questo tipo di industria può abilitare, con l’immissione di nuovi capitali all’interno dell’economia reale, e non solo nella sfera più prettamente finanziaria. Soprattutto, per realizzare queste attività, non sarà necessario creare delle attività ciclopiche, quanto piuttosto iniziare a creare sinergie con strumenti che il nostro Paese ha già a disposizione, innescando maggiori connessioni tra tutte le fonti di finanziamento oggi in essere, e sviluppando specifiche attività che consentano di incrementare i risultati ottenibili dalle varie strutture preposte allo sviluppo dell’imprenditorialità.
Certo non si tratta di una linea priva di difficoltà: in primo luogo perché presuppone una chiara visione di tutte le interconnessioni tra la cultura e tutti gli altri dicasteri, e in secondo luogo perché presuppone altresì una concordanza tra quanto sviluppato a livello centrale e territoriale. Soprattutto, dobbiamo smettere di pensare che siano risultati impossibili da raggiungere. Altrimenti ci impediamo di cogliere opportunità che, in realtà, sono molto più prossime di quanto alle volte tendiamo a credere.
Stefano Monti
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