È morto Ashley Bickerton, l’artista che commentò e criticò il consumismo
Deceduto a 63 anni, l'artista barbadoregno naturalizzato americano era associato al movimento artistico dei primi anni '80 Neo-Geo per poi avvicinarsi all'ambientalismo e alla critica post-colonialista
È morto a 63 anni a Bali, in Indonesia, l’artista americano di origini barbadoregne Ashley Bickerton: a confermarlo è un rappresentante di Gagosian, che aveva iniziato a rappresentarlo all’inizio del 2022 e ha in programma una sua personale per l’anno prossimo. “Ashley aveva una voce ribelle e singolare nel mondo dell’arte che catturava continuamente l’ethos del tempo“, ha dichiarato lo stesso Larry Gagosian in una nota. “È rimasto innovativo fino alla fine, anche con il suo ultimo lavoro sul corpo che deve ancora debuttare. Sono orgoglioso di averlo conosciuto”.
Al centro del mondo dell’arte di New York negli anni Ottanta, e in particolare del movimento Neo–Geo, Bickerton si era visto diagnosticare l’anno scorso la sclerosi laterale amiotrofica, o SLA, malattia che colpisce il sistema nervoso.
L’ARTE DI ASHLEY BICKERTON
Formatosi al California Institute of Arts, e studente del Whitney Independent Study Program, Bickerton – che da figlio di un antropologo aveva passato l’infanzia tra Sudamerica e Africa -, si era stabilito a New York diventando particolarmente noto per un corpus di opere che parodiavano il consumismo. Queste, degli “autoritratti” a tecnica mista, erano composti da loghi di prodotti, canali TV, case automobilistiche e produttori di sigarette, fino alla creazione di un proprio marchio autonomo, il “SUSIE” (breve per “Susie Culturelux”). Molte delle opere di questo periodo consistevano in assemblaggi metallici e industriali fissati con elementi come rivestimenti in pelle e pezzi di alluminio, a metà tra il linguaggio visivo dell’astrazione modernista e un suo commentario spiccatamente corporativo, come in Abstract Painting for the People #3 (1985), in cui le immagini di vasche da bagno, orinatoi e gabinetti sono accompagnate dalla parola ripetuta “ABSTRACT”.
Diventato una “market sensation” in città, Bickerton era stato presentato in una famosa mostra del 1986 alla Sonnabend Gallery: questa consolidò di fatto il movimento Neo-Geo, che conciliava l’astrazione geometrica con una nuova inclinazione postmoderna, cresciuto poi anche grazie a nomi come Peter Halley, Meyer Vaisman e Jeff Koons.
L’ECOLOGISMO, IL TRASFERIMENTO A BALI E IL RECUPERO DELLA CRITICA
Verso la metà degli anni Novanta, Bickerton aveva iniziato a preoccuparsi per l’ambiente e il suo sfruttamento da parte degli esseri umani, portando la tematica all’interno delle opere. Sempre meno compreso dalla critica, e in un clima di generale recessione, Bickerton lasciò New York trasferendosi a Bali, dove continuò a gestire uno studio fino alla fine della sua carriera e spostando la propria attenzione su tematiche post-coloniali, soprattutto nell’ottica delle pesanti conseguenze di sfruttamento visibili sulla natura dell’isola indonesiana. Cominciò a realizzare dipinti che portavano all’estremo il materialismo già affrontato in passato, ma in una veste più esagerata e sgargiante: la critica lo allontanò ulteriormente. È solo grazie agli sforzi di gallerie come Lehmann Maupin, Various Small Fires e Gagosian e ad artisti come Damien Hirst, Jordan Wolfson e Jamian Juliano-Villani che il suo lavoro era stato recuperato e nuovamente apprezzato negli ultimi anni.
Giulia Giaume
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