Dynamo Art Gallery. Sull’Appennino la galleria che nasce dalla terapia ricreativa
Sono oltre cento gli artisti coinvolti in quasi quindici anni di attività della Dynamo Art Factory, forma peculiare di residenza che apre le porte dell’arte contemporanea ai ragazzi malati. E tutti, artisti compresi, imparano a creare fuori dagli schemi
Nel 2007, quando Dynamo Camp nasceva all’interno dell’Oasi Dynamo (a propria volta originata dal recupero di una vecchia riserva privata di caccia nel comune toscano di San Marcello Piteglio, grazie all’interessamento del WWF), il progetto poteva contare su un budget di 700mila euro. Oggi, nel 2022, questo campus che si materializza all’improvviso lungo la provinciale tutta curve che risale l’Appennino Pistoiese catalizza 7 milioni di investimenti, frutto delle donazioni di imprese, associazioni e persone (mentre il 3% del totale arriva dal settore pubblico) che vogliono contribuire all’evoluzione di una Onlus che può dirsi unica, in Italia, per approccio e dedizione alla causa della terapia ricreativa. Partiamo dai numeri, perché essere concreti, quando si sogna di contribuire al diritto alla felicità di cui tutti dovremmo godere, è fondamentale. Da quando ha aperto le porte, quindici anni fa, il Camp ha accolto gratuitamente oltre 20mila ospiti.
DYNAMO CAMP E IL RUOLO DELLA TERAPIA RICREATIVA
Al Camp, i bambini malati hanno la possibilità di “essere semplicemente bambini”, e programmi specifici si preoccupano anche di migliorare la qualità di vita delle loro famiglie. A portare l’esperienza in Italia è stato Enzo Manes, recependo il metodo del SeriousFun Children’s Network, circuito di camp specializzati in terapia ricreativa, fondato da Paul Newman nel 1988 e oggi attivo in tutto il mondo. Del resto, anche la filosofia che ha portato alla realizzazione dell’Oasi Dynamo – estesa per oltre 1000 ettari in un ambiente montano a 1100 metri d’altitudine, tra boschi, prati e pascoli d’altura – prende spunto dal pensiero che regola i grandi parchi americani, nell’ottica di concepire un’area naturale tutelata come bene comune, dunque valorizzandola attraverso una fruizione rispettosa dell’ambiente, che possa portare al contempo positive ricadute occupazionali sul territorio e diventare fulcro di attivismo sociale. Così scorre la vita al Dynamo Camp, anche a seguito degli ostacoli imposti dalla pandemia, dalla scorsa estate nuovamente in grado di accogliere a pieno ritmo i propri ospiti: bambini e ragazzi affetti da patologie gravi o croniche, non accompagnati, per un’intera settimana di svago, laboratori creativi e attività all’aria aperta; nuclei familiari con minori affetti da patologie neurologiche complesse, nell’arco di un weekend; ma anche fratelli e sorelle di bambini malati, cui sono dedicati i cosiddetti Siblings camp. La terapia ricreativa è l’approccio scientifico che ispira tutte le attività, con l’idea di affrontare la malattia – e le disabilità a essa correlate – focalizzandosi sulle capacità e sulle potenzialità dei bambini malati. Obiettivo: divertirsi e ritrovare fiducia in se stessi. E questo grazie all’impegno di 54 dipendenti fissi, 76 stagionali e oltre mille volontari ogni anno.
IL 2022 DI DYNAMO CAMP
Il 2022 è stato anche l’anno della crescita della rete di avamposti sul territorio nazionale, i Dynamo City Camp, che portano i programmi dell’associazione nelle città, con presenza a Milano, Firenze e Roma. Mentre è nato proprio di recente l’Archivio Emozioni Dynamo, fondato sull’Atlante delle emozioni umane e creato per raccogliere quindici anni di suggestioni e incontri, in un nuovo spazio del camp che sarà concepito come museo.
Del resto, Dynamo Camp si articola, all’interno del parco, come una cittadella polifunzionale, con alloggi nel verde, diversi punti ristoro, un negozio per la vendita di abbigliamento e gadget a marchio Dynamo the Good Company (presente anche a Milano: tutti i proventi sostengono i progetti del Camp), spazi di aggregazione come il teatro e innumerevoli punti attività, dal circo al centro di equitazione all’area attrezzata per l’arrampicata, la sola in Europa a essere accessibile anche ai bambini in sedia a rotelle. Unica prerogativa: che ognuno dei piccoli ospiti possa praticare tutte le esperienze proposte, per scongiurare discriminazioni di sorta.
DYNAMO ART FACTORY: GLI ARTISTI E LA TERAPIA RICREATIVA
La Dynamo Art Factory è l’attività che fa appello alla creatività: dal 2009, nell’ambito dei percorsi di terapia ricreativa, si è scelto di offrire agli ospiti un’opportunità di confronto con l’arte contemporanea, sotto la guida di artisti affermati del panorama italiano e internazionale (141 dall’inizio del progetto, per 2000 opere realizzate), che al Camp si prestano a sperimentare in prima persona una forma di residenza artistica decisamente inconsueta.
In primis perché il progetto creativo, pur seguendo una traccia definita a priori con lo staff di Dynamo, si sviluppa con il contributo attivo di tutti i partecipanti, e prende direzioni inaspettate. Gli artisti ricevono ospitalità, vitto, alloggio e tutti i materiali per creare l’opera, compatibilmente con le capacità di tutti i partecipanti. Si lavora nell’arco di una settimana per arrivare al risultato finale, con 15 ragazzi diversi ogni giorno, e dunque in ogni giornata dev’essere raggiunto un obiettivo tangibile: una variabile temporale decisamente più stringente rispetto a quella richiesta dal consueto flusso creativo.
LA DYNAMO ART GALLERY
Da questo intenso lavoro di produzione artistica – niente affatto concepita come una produzione di serie b – ha preso forma la Dynamo Art Gallery, spazio espositivo del Camp che oggi non ha nulla da invidiare alla qualità delle migliori gallerie d’arte. “Quando siamo partiti abbiamo pensato di andare oltre il solito laboratorio di art&craft, volevamo coinvolgere gli artisti per ispirare i ragazzi”, spiega la curatrice Diva Moriani. “Il Centro Pecci ci ha mandato i primi artisti per definire la linea, i ragazzi hanno reagito bene, abbiamo portato l’arte più vicino alla loro quotidianità, rendendola divertente. E anche la comunità degli artisti ha iniziato a seguirci: all’inizio dovevamo pregarli di venire, ora si candidano spontaneamente, tramite passaparola. Anche per loro è un’esperienza importante, ci ringraziano per averli coinvolti. La regola è che ognuno di loro lavori con noi solo una volta, qualcuno decide di donare alla galleria anche opere realizzate in precedenza, per contribuire alla causa”.
Nel frattempo, l’esperienza è stata aperta anche ai genitori ospiti presso la struttura, lavorando su progetti più votati a condividere l’emotività, liberatori, anche con il coinvolgimento di artisti come Bianco-Valente. E l’ultima novità riguarda la cryptoarte, con la produzione di NFT su cui i ragazzi si cimentano anche nella preparazione dell’algoritmo: “Cresciamo insieme al mondo dell’arte, ne recepiamo le tendenze, però sempre operando al servizio dei ragazzi”. Le opere esposte in galleria possono essere acquisite da collezionisti e appassionati dietro donazione (sulla base di un prezzo di partenza stabilito con l’artista), e contribuiscono così a finanziare Dynamo Camp. Ma non è raro imbattersi, passeggiando per il parco, in interventi site specific destinati a restare nell’oasi, come i silos colorati di David Tremlett (Twin Silos) o il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto: “Mettiamo a sistema un culto della bellezza in quanto espressione della civiltà umana. Una bellezza che nutre, e fa bene a bambini e famiglie costretti a trascorrere molto tempo in ospedale”.
ESSERE ARTISTI A DYNAMO CAMP
Articolata su due piani, la galleria – visitabile su appuntamento – alterna opere di pittura, scultura, collage, fotografia, videoarte e installazioni. Molte delle opere sono, volutamente, tattili. Si spazia dalla produzione in ceramica di Davide Monaldi alle cancellature (per l’occasione “dynamiche”) di Emilio Isgrò, ai Jonny Boys di Giovanni Motta, alle produzioni audiovisive dei Masbedo, ai paesaggi emotivi con i fumogeni colorati di Goldschmied & Chiari. Ogni artista mantiene la propria riconoscibilità, ma impara a lavorare in modo diverso. Per Gian Maria Tosatti, nel 2017, la sfida è stata adattare il suo linguaggio allo sguardo dei bambini: in una vecchia scuola abbandonata dei dintorni, i ragazzi hanno popolato le stanze di installazioni, immortalate in Polaroid dall’artista (Quaderno di sogni, agosto 2017). E sempre l’obiettivo è quello di condividere il processo creativo nella sua interezza: “Si diventa artisti in prima persona, in contatto con diversi linguaggi espressivi. E spesso questa interazione fuori dagli schemi fornisce all’artista di turno uno stimolo per lavorare su nuove forme e con nuove prospettive”. Lo sa bene Alessandro D’Aquila, nel gruppo di artisti coinvolti nel 2022, che ha scelto di proporre a Dynamo Camp due dei progetti che più lo identificano, Loghi Comuni e Polaroid Sintetiche: “Abituato a lavorare da solo, tante mani mi hanno dato possibilità diverse, e l’opportunità di far evolvere la mia ricerca. Ai Loghi Comuni, per esempio, abbiamo lavorato con il braille in rilievo, su suggerimento dei ragazzi, che hanno compreso il fulcro del lavoro, centrato sulle dinamiche e i limiti della comunicazione visiva. Con le Polaroid sintetiche, invece, ho cercato di fargli vedere l’arte come forma libera d’espressione, anziché come imposizione scolastica. Io, personalmente, mi sono messo in gioco imparando a comunicare il concetto che ispira il mio lavoro: è stato bello vederli lavorare su una cosa mia, un dialogo emozionante”.
Il futuro prevede l’approfondimento del viaggio nel mondo della cryptoarte, con lo sviluppo della galleria digitale già presente sulla piattaforma SuperRare (per ora, con i lavori di Fabio Giampietro, Mattia Cuttini e Giovanni Motta). Ma anche la creazione di una Fondazione dedicata all’arte e ai numerosi progetti che verranno.
Livia Montagnoli
https://www.dynamoartfactory.org/
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