Animalità ibride. Will Benedict in mostra a Ginevra

L'artista di Los Angeles presenta il suo primo solo show svizzero al Centre d'Art Contemporain di Ginevra. Fra videoarte, dipinti, fotografie e collage, le distopie impersonate da perturbanti animali

Il titolo della mostra ginevrina di Will Benedict (Los Angeles, 1978; vive a Parigi), Dialogue of the Dogs, è ispirato al racconto omonimo di Miguel de Cervantes, nel quale due cani si confrontano a proposito dell’animalità dei loro padroni. Nei suoi dipinti, fotografie e collage, accanto naturalmente alla produzione video per la quale è principalmente noto – distribuiti su due piani del Centre d’Art Contemporain –, la situazione è ben più complessa. Ovvero, gli animali non incarnano vizi e virtù degli esseri umani e la morale, ammesso che ci sia, è tutta da elaborare. Lo si dovrebbe capire sin dalla visione di alcuni dipinti in cui campeggiano elefanti che ricordano le figure incappucciate di Philip Guston. E se non bastasse, c’è da lambiccarsi il cervello per capire a cosa si riferisca Benedict quando avverte, lungo un’intera sala: Don’t Let This Happen to You.

Will Benedict, Dialogue of the Dogs, exhibition view at Centre d’Art Contemporain Genève, 2022 © Centre d’Art Contemporain Genève. Photo Julien Girard (3)

Will Benedict, Dialogue of the Dogs, exhibition view at Centre d’Art Contemporain Genève, 2022 © Centre d’Art Contemporain Genève. Photo Julien Girard

IL FASCINO INDISCRETO DEI FORMAT TV NEI VIDEO DI WILL BENEDICT

Una pioggia di corpi umani è al centro del video Toilet not Temples (2014), realizzato con David Leonard e accompagnato dalla colonna sonora dei Wolf Eyes. A dominare sono gli elementi dissonanti: dalla human rain, osservata con orrore dalla finestra di un grattacielo, si passa infatti senza soluzione di continuità a raccontare l’incremento della passione per il vino in India, il mercato all’ingrosso delle cipolle nel Subcontinente, la crisi dell’acqua in California, il mercato ittico in Norvegia… Forse dunque non si tratta di brani narrativi così sconnessi gli uni dagli altri, ma – ad esempio – della situazione oligopolistica nell’ambito della distribuzione dei generi alimentari e di una inaudita maniera per debellare un’invasione di ratti.
Se già in questo video il plot era sostenuto dall’appropriazione dei format televisivi mainstream, proseguendo nello screening delle opere video si noterà che questo è fil rouge costante nel lavoro di Benedict. E così, in I AM A PROBLEM (T.O.D.D.) (2016), il giornalista e conduttore televisivo statunitense Charlie Rose – lo abbiamo visto interpretare se stesso in una puntata della serie tv Breaking Bad – intervista un alieno. Le domande si possono estrapolare soltanto dal labiale, perché il sonoro è costituito da un pezzo hard rock, le cui parole sono nella voce dell’alieno. Sullo sfondo e a intercalare le immagini dell’intervista, una serie di elementi visivi che aumentano il tasso perturbante del video: la Tour Eiffel in notturna che improvvisamente si scompone, un femore che vaga nello spazio profondo, un ibrido delfino-umana al banco di una pescheria. Elementi che sul finale si fondono in una vertigine hitchcockiana.
Il passaggio dal mainstream alla cultura popolare internettiana si verifica in Enemy Ladder (2017): un interno borghese, una donna legge adagiata sul divano; all’esterno piove a dirotto, e sotto la pioggia c’è uno schieramento di poliziotti pronti a intervenire – per quale ragione, non è dato sapere. Mentre la musica hard rock insiste, lo stallo – rinforzato dalla distonia fra l’assoluta tranquillità della donna e le urla al megafono dei cops – si approfondisce nelle rapide sequenze di video trovati in Rete, tutti a soggetto canino, fra il cute e il weird.

Will Benedict, Degrees of Disgust, 2019. Photo Reto Schmid. Courtesy of the artist, Centre d’Art Contemporain Genève and Unemployed Magazine (2)

Will Benedict, Degrees of Disgust, 2019. Photo Reto Schmid. Courtesy of the artist, Centre d’Art Contemporain Genève and Unemployed Magazine

LA MORTE TI FA BELLA: LENTEZZA E RAPIDITÀ IN WILL BENEDICT

Alle retoriche del pensiero positivo, della mindfulness, del perfezionismo orientate alla produttività e all’autosfruttamento – una forma di stakanovismo aggiornato goffamente al XXI secolo –, Will Benedict dedica Degrees of Disgust (2019), le cui parole sono tratte dal libro Trick Mirror di Jia Tolentino, giornalista del New Yorker. Un’amarissima satira su quanto possa essere sexy schiantarsi mortalmente in motocicletta per consegnare in tempo un’insalata ordinata online.
Ipnotico è Apologize to the Future (2020), realizzato con Chris Korda, la cui colonna sonora è ancora una volta firmata dal gruppo di Detroit Wolf Eyes. Per sei minuti, gli oggetti più disparati, immersi nell’acqua del mare, scorrono in CGI in un moto ascensionale.
Al capo opposto del ritmo filmico, in un cerchio che si chiude sul precedente Degrees of Disgust, il brevissimo The Monkey Video (2022): una manciata di secondi in cui si vede – no: ci si spaventa per – uno scimpanzé che piomba sul parabrezza di un’auto e poi viene sbalzato sull’asfalto.

Will Benedict and Steffen Jørgensen, The Restaurant, 2017, New Video at Overduin & Co., Los Angeles, 2018. Courtesy of the artist and Overduin & Co., Los Angeles

Will Benedict and Steffen Jørgensen, The Restaurant, 2017, New Video at Overduin & Co., Los Angeles, 2018. Courtesy of the artist and Overduin & Co., Los Angeles

TELEGIORNALI E SERIE TV NELLA VIDEOARTE DI WILL BENEDICT

Il détournement dei format televisivi più diffusi torna in Balenciaga SS20 (2020), dove un’eclissi solare e uno straordinario fenomeno che riguarda l’acqua sono raccontati dall’emittente Balenciaga in un distopico mondo monobrandizzato.
L’opera pivotale è The Restaurant, Season 2, realizzata con Steffen Jørgensen. Allestita già durante la BIM – Biennale de l’Image en Mouvement del 2021 proprio al CAC di Ginevra, in questa occasione si può vedere sia il Trailer (2021) che la versione integrale completata l’anno successivo. In cui si intrecciano i format dell’intervista e dello show pomeridiano a tema cucina, con tanto di risate del pubblico registrate, con i tropi del poliziesco, essendo il setting principale una sala interrogatori. Su un secondo livello, superiore per così dire, un secondo intreccio, quello fra la trasmissione Arrestaurant e Animal Fart = mc2, dove alieni androgini si mescolano ad animali parlanti in un setting tra il bucolico e la sede di una radio.

Will Benedict and Steffen Jørgensen,The Restaurant 2, 2021. Courtesy of the artists and Centre d’Art Contemporain Genève (2)

Will Benedict and Steffen Jørgensen,The Restaurant 2, 2021. Courtesy of the artists and Centre d’Art Contemporain Genève

LE OPERE VANNO IN ASTA

La sera del 15 dicembre, per chi è in zona, c’è un appuntamento che si differenzia notevolmente dagli abituali finissage. Nelle scorse settimane, infatti, l’artista losangelino ha tenuto due workshop con ragazze e ragazzi di età compresa fra i 15 e i 22 anni. “The group was invited to affix, rework, and think over the images produced by the artist”, raccontano dal CAC; le ottanta opere collaborative che ne sono scaturite saranno esposte quella sera e nella stessa occasione battute all’asta – una silent auction con prezzi di base che vanno dai 50 ai 300 franchi svizzeri.

Marco Enrico Giacomelli

Ginevra // fino al 18 dicembre 2022
Will Benedict – Dialogue of the Dogs
CAC – CENTRE POUR L’ART CONTEMPORAIN
Rue des Vieux-Grenadiers 10
https://centre.ch/

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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