È stato lanciato a Milano un nuovo progetto editoriale che racconta i temi della contemporaneità con interviste, contenuti visuali, digressioni, che i redattori – Leonardo Caffo, Roberto Maria Clemente, Rica Cerbarano, Marina Barbieri, KADMONIA Germano Centorbi e Susanna Carraro, Sara Zambon – assemblano, per dirla con parole loro, come se fossero dj, seguendo il flusso. Ogni numero di questo progetto che ha la sua casa madre a Torino ed è edito da RP Contemporary Art S.B, è dedicato ad una parola chiave significativa nel dibattito del presente, creando una risposta corale ad un’unica domanda. Nel primo numero si parla del tema del Museo e rispondono personalità come Carolyn Christov-Bakargiev, Chus Martinez, Rein Wolfs, Giovanna Melandri, presidente uscente del Maxxi, Paola Antonelli e molti altri ancora. Abbiamo intervistato il Creative Director Leonardo Caffo.
Come nasce Parola magazine? Da quale esigenza e con quali auspici?
Nasce dopo anni di riflessione congiunta tra me e Roberto Maria Clemente direttore artistico e fondatore dello studio fionda rispetto a cosa significhi oggi produrre una rivista contemporanea progetto su cui riflettiamo anche come professori della nuova Accademia di belle arti. Il nostro auspicio è quello di provare a creare una rivista che non sia solo un oggetto di design ma anche soprattutto un nuovo modo per trasportare generazioni spesso disabituate alla lettura all’interno della complessità della parola scritta e con la volontà di prendere sul serio la decostruzione dell’identità su cui tanto riflette la contemporaneità senza fermarsi ad costruire il genere il sesso o le specie ma proprio qualsiasi principio di identità di modo che niente sia più riconoscibile delle parole di nostri intervistati ospiti e fotografi e che si possa ragionare sulla universalità del messaggio per una nuova enciclopedia delle parole importanti del mondo attuale.
Come funziona?
Essenzialmente si tratta di un magazine di interviste soltanto che non si capisce più chi sono gli intervistati anche se poi c’è una lista di nomi a fondo e cerchiamo di prendere i più grandi interpreti della parola che abbiamo scelto mischiandoli anche agli operatori del settore paninari che lavorano all’interno dei musei o piccole funzioni che scompaiono sotto il peso della direzione creativa o della cura tela. Alla fine, quello che succede è una lunga immensa intervista a un’identità incomprensibile che ci racconta che cosa dovrebbe essere un museo al di là delle interpretazioni specifiche un messaggio dunque universale nuovo e rinnovato che ci consenta di andare al di la del principio di autorità che sta alla base di ogni problema reazionario che dovremo affrontare nel futuro prossimo venturo.
La prima parola è Museo, cosa emerge dalle vostre digressioni?
Emerge una pluralità di interpretazioni sul museo che spaziano dal luogo di conservazione a spazio di ricerca a tentativo di deposito di tutte le cose le parole gli oggetti e le opere importanti del nostro tempo. Mescolando con pazienza tutto ciò attraverso tagli e cuciture io e il resto della redazione fatta di voci assai diverse tra loro proviamo a raccontare il museo come luogo essenziale di comprensione del presente perché viviamo in un’epoca in cui mostrare sembra essere il primo vero passo per esistere ed è su questa contraddizione che poi il paradosso del contemporaneo che proviamo a far navigare i nostri lettori.
Come dovrebbe evolvere invece a tuo parere un Museo, non necessariamente di arte contemporanea, quali funzioni dovrebbe assolvere?
Qui ti rispondo riprendendo il tema della precedente domanda nel senso che secondo me il museo deve sempre di più diventare un’opera aperta e non chiusa dove il pubblico a una partecipazione costante e questo spiega anche molte delle ultime proteste dei ragazzi contro i musei in favore dell’ecologia. O proviamo inglobarli profondamente dentro i sistemi museali raccontandogli che l’arte è sempre viva e contemporanea non soltanto con la presente oppure rischiamo di far perdere il senso più intenso della musicalità che appunto quello per cui la memoria non serve soltanto per conservare o sapere ma soprattutto per imparare a criticare ciò che c’è producendo possibilità alternative di ciò che verrà.
Spoiler sulla prossima parola?
Stiamo ragionando sulla spiritualità e sul senso del sacro cercando di passare da un luogo fisico quello del museo col primo numero a un luogo dello spirito appunto il misticismo cercando di comprendere profondamente che cosa significhi in una società in cui riti sembrano scomparsi provare a Ri-sacralizzare le intensità quotidiane entro cui tutti viviamo. Stiamo cercando di intervistare il Papa ho il Dalai Lama e pensate che gesto rivoluzionario sarebbe poter dialogare con loro e poi di costruire le loro parole senza che più siano riconoscibili rispetto a quelle di una semplice suora o di un operatore di una chiesa perché lo spirito albergo ovunque nei petali di una rosa come nelle parole di un pontefice.
Santa Nastro
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