Salvare il Meazza. Vittorio Sgarbi a gamba tesa sullo stadio di San Siro a Milano
Da anni l'area dello storico stadio è al centro di un tira e molla tra i cittadini, comitati, squadre calcistiche meneghine. Tra chi lo vorrebbe restaurare e chi lo vorrebbe sostituire con una struttura più moderna
Con una lettera aperta al Corriere della Sera il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi dice la sua sull’acceso dibattito che da mesi, anzi anni, anima la scena milanese: cosa fare dell’ormai obsoleto stadio Giuseppe Meazza. Da un lato, c’è chi vorrebbe sostituirlo con un nuovo stadio all’avanguardia – complice l’avvicinarsi delle Olimpiadi di Milano – Cortina 2026 ma soprattutto le insistenti richieste congiunte delle due società calcistiche meneghine, Milan e Inter –, e chi invece vorrebbe mantenerlo in virtù di una lunga storia sportiva, in primis i comitati di quartiere.
Vista la valenza urbanistica dello stadio, tra gli scorsi settembre e novembre era stato avviato un dibattito pubblico, predisposto dalle società di Inter e Milan (che avrebbero una concessione novantennale dell’area) per “discutere lo Studio di fattibilità tecnica ed economica relativo allo stadio di Milano, ritenuto dal Comune di pubblico interesse”, come dichiarato dal Comune stesso. Un dibattito che però, stando ad alcuni comitati, non ha lasciato davvero margine di esporre le critiche emerse, dalla mancanza dell’interesse pubblico nella sostituzione (che sarebbe parzialmente finanziata dalle casse comunali, nelle quali entrerebbero meno canoni), all’insostenibilità ambientale ed economica, fino al rischio di eccessiva gentrificazione del popolare quartiere di San Siro. In alternativa, parte dei cittadini e delle associazioni propongono di ammodernare lo stadio nato nel 1926 e progressivamente ampliato.
UNA NUOVA ANIMA A SAN SIRO?
Come già anticipato con la presentazione degli studi di fattibilità alcuni anni fa, lo stadio è al centro di un più ampio intervento di riqualificazione dell’area, con un progetto urbanistico che prevederebbe circa 100mila mq di verde, di cui circa 50mila sul tetto di un gigantesco centro commerciale (temuto dai commercianti locali), oltre all’abbattimento e alla riqualificazione del sottopasso Patroclo. Tutta l’area in canone di utilizzo potrebbe così diventare, stando a Giuseppe Bonomi (rappresentante del Milan al dibattito pubblico), un luogo di aggregazione e un fattore di sicurezza, oltre che, chiaramente, di guadagno per le due società. Fondamentale, per le squadre, è che il vecchio stadio sparisca, e con lui i problemi di viabilità e i disagi derivanti dall’eventuale lungo periodo di ristrutturazione. La nuova “Cattedrale” progettata dallo studio Populous, più piccola e moderna, dovrebbe avere un impatto ambientale minore (esclusa però la sua fase di costruzione, come notato dai comitati), e allo stesso tempo farebbe lievitare di molto il valore delle società calcistiche, di proprietà rispettivamente di un fondo d’investimento statunitense e di uno cinese.
IL PARERE DI VITTORIO SGARBI SU SAN SIRO
Su questo dibattito atterra il meteorite Sgarbi, con la minaccia di porre un vincolo statale che renda non modificabile l’impianto. “In merito al vincolo di tutela per lo stadio Meazza io non impongo, non ordino, leggo le carte del Ministero e considero serenamente le ragioni della storia, invocando il rispetto della legge”. Così esordisce Sgarbi nella sua lunga lettera. “In data 27 luglio 2020 in seduta congiunta i Comitati tecnici e scientifici del ministero dei Beni culturali all’unanimità concordano ‘sull’esistenza di un valore fortemente simbolico per la città di Milano rivestito dallo stadio San Siro (indipendentemente dall’età del manufatto) nonché sull’opportunità di avviare un percorso amministrativo relativo ad un provvedimento di tutela […]’ e suggeriscono anche ‘di considerare la possibilità di istituire un tavolo tecnico tra il ministero e il Comune di Milano al fine di un confronto costruttivo finalizzato a salvaguardare la destinazione d’uso pubblica del bene, anche in considerazione della possibilità di apportare eventuali modifiche all’organismo pur nel mantenimento del carattere simbolico dello stadio e dell’intero plesso’”. La Soprintendenza, fa poi notare il critico, non ha dato seguito a questa indicazione che “attende di essere gerarchicamente istruita, oltre ogni incongrua valutazione politica” in virtù del fatto che “lo stadio Meazza ben può e deve annoverarsi tra le testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni collettive, innanzitutto per il suo riferimento con la storia della cultura sportiva e calcistica”. Il ministero e lo Stato, chiosa Sgarbi, “non possono essere indifferenti, e assumere una posizione pilatesca, per favorire interessi economici contro la difesa della città e della sua storia”. Una cosa però Sgarbi non la dice: in assenza di possibilità di trasformazioni urbanistiche nell’area del Meazza, le squadre milanesi potrebbero optare per costruire il ‘loro’ stadio da un’altra parte, magari a Sesto San Giovanni. A quel punto il Comune si troverebbe con un mastodonte vuoto, complicato da utilizzare salvo per qualche concerto e qualche partita della Nazionale e dunque impossibile da manutenere. Si sarebbe fatto davvero l’interesse di questa struttura così “fortemente simbolica”?
Giulia Giaume
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