L’arte figurativa di Piergiorgio Welby
L’esposizione “L’arte figurativa di Piergiorgio Welby” è curata dal critico d’arte Roberta Vanali e organizzata da Labor nell’ambito del progetto V-art Festival – Quartu Exposition – XXVII edizione.
Comunicato stampa
Piergiorgio Welby era nato a Roma il 26 dicembre 1945. Mel 1962 gli fu diagnosticata la distrofia muscolare progressiva. Conobbe Luca Coscioni tramite Radio Radicale, entusiasmandosi dei suoi progetti politici coraggiosi sulla libertà di ricerca scientifica. Seguì le sue orme da Radicale e Consigliere Generale dell’Associazione Luca Coscioni fin dalla sua fondazione. Dopo la morte di Luca fu eletto co-Presidente e con forza si batté per le libertà di cura, di vita indipendente, di lettura digitale, di voto a domicilio per gli intrasportabili, le scelte di fine vita e le disposizioni sui trattamenti. Prima di occuparsi di politica si dedicò alla scrittura, alla fotografia e alla pittura, con varie tecniche a olio, acquarello, matita pastelli, gessi e per un breve periodo lavorò a delle incisioni su linoleum. Dal 1998 in poi, per il deficit totale delle braccia, usava il programma di grafica Corel per poter ancora esprimere la sua voglia di arte. Piergiorgio morì a Roma il 20 dicembre 2006, aiutato dal dott. Mario Riccio a interrompere la ventilazione forzata su sua precisa richiesta.
Testo Critico
"Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti.” Recita la lettera inviata nel 2006 da Piergiorgio Welby all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lettera riprodotta da un sintetizzatore vocale e trasmessa in video per essere diffusa.
I primi sintomi della distrofia progressiva alla muscolatura scheletrica si manifestano già in età adolescenziale ma nonostante le difficoltà di deambulazione negli anni Ottanta si prospetta per Welby un periodo straordinariamente creativo dove sperimenta tecniche di stampa, come l’incisione su linoleum, ma anche tecniche pittoriche e grafiche come acquerello, olio, disegno, carboncino e sanguigna.
Sottoposto a terapia ventilatoria meccanica nel 1997, che prevedeva un intervento di tracheotomia invasiva e 45 giorni di rianimazione, inizia per Welby quella fase di accanimento terapeutico per cui darà luogo alla battaglia per il diritto di scegliere della propria vita. La dura opposizione della Chiesa cattolica non si fa attendere: “Di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all’eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Tuona Benedetto XVI. Ci sarebbe da domandarsi: cosa c’è di naturale in tutto ciò?
Con l’ausilio di un portatile e del programma Corel Draw Welby realizza nuove opere e rielabora vecchi disegni e foto dedicandosi spesso anche alla scrittura, nasceranno Lasciatemi morire e il postumo Ocean Terminal, ma nel 2001 la sua condizione si aggrava e alla militanza radicale con Pannella e la Bonino affianca quella per l’associazione Luca Coscioni. Nel 2005 decide di affidarsi alla magistratura che in mancanza di una normativa specifica si blocca. Di fatto l’unica via d’uscita che si prospetta è quella della disobbedienza civile messa in atto dell’anestesista Mario Riccio il 20 dicembre del 2006. Giorno in cui Piergiorgio Welby abbandona finalmente le sue spoglie mortali. Un atto di pietà inconcepibile per la Chiesa, che rifiuta di celebrarne il funerale, e per lo Stato che considera l’eutanasia omicidio volontario.
Dopo la retrospettiva del 2016 alla Wurt di Capena e l’esposizione al Cinemino di Milano è ora la volta di un omaggio a Piergiorgio Welby in terra sarda in occasione della penultima fatica del regista Giovanni Coda Storia di una lacrima, ispirato a Ocean Terminal che ripercorre l’esistenza dell’artista e che Coda traduce egregiamente attraverso il suo personalissimo codice espressivo. In mostra 13 opere di Welby, tra acquerelli, linoleografie e due grafiche digitali restituite con un linguaggio prettamente espressionista sia formalmente che cromaticamente, affiancano tre fotografie di Giovanni Coda altrettanto drammatiche e incisive tratte dal backstage del film.
Roberta Vanali