Riapre la Cappella dei Condannati di Castel Sant’Angelo a Roma. Tra Tosca e Piranesi
Antico deposito di polvere da sparo, poi luogo deputato a raccogliere le ultime preghiere dei condannati rinchiusi nelle prigioni del castello, la Cappella ora è tutta nuova
Sono stati mesi di rinnovamento per Castel Sant’Angelo, tra i siti storici più visitati di Roma, nato nel 123 d.C. come sepolcro monumentale dell’imperatore Adriano, poi residenza fortificata strategicamente situata nelle vicinanze del Vaticano (a cui era collegato tramite il celebre Passetto), e prigione risorgimentale, fino alla trasformazione in museo, nel 1925. Un riallestimento funzionale ha coinvolto le Sale Farnesiane, testimonianza della sontuosa campagna decorativa avviata da Paolo III dopo il Sacco del 1527, per ristabilire la grandezza di Roma e del pontificato. La recente riapertura al pubblico delle sale di Perseo, Amore e Psiche, dell’Adrianeo, dei Festoni e della Cagliostra (mentre la più grande Sala Paolina non è stata interessata dai lavori) restituisce una quadreria che espone dipinti e sculture di epoche diverse, entrati nella collezioni del Castello nella prima metà del Novecento, dal Polittico degli Zavattari alla Madonna con Bambino di Luca Signorelli.
RIAPRE LA CAPPELLA DEI CONDANNATI DI CASTEL SANT’ANGELO
Ma il progetto in questione ha riguardato anche un ambiente finora inutilizzato, almeno da quando il sito ha assunto dimensione museale, noto come Cappella dei Condannati, dalla funzione esercitata tra il XVIII e il XIX secolo (la prima citazione ufficiale risale però al 1828). L’ambiente, che si apre lungo le mura del Cortile delle Fucilazioni, era in origine un portico adibito a magazzino di polvere da sparo, poi diventato luogo di preghiera per i condannati a morte imprigionati a Castel Sant’Angelo. Agli inizi del Novecento, lo spazio della cappella fu ridotto da cinque a quattro campate, per ricavare una sagrestia. Solo qualche decennio più tardi, con la trasformazione in museo, avrebbe perso il suo ruolo, destinata all’oblio ed esclusa dal circuito di visita. Ora la Cappella dei Condannati si ripresenta come spazio polifunzionale per eventi, conferenze, video- proiezioni e didattica, oggetto di un intervento contemporaneo – sollecitato dall’attuale direzione di Mariastella Margozzi – condotto dagli architetti Federico Lardera ed Egidio Senatore dello studio larderArch, che hanno ragionato sulla storia e sulle simbologie di un luogo di sofferenza ed espiazione per impostare il restyling architettonico e decorativo.
L’INTERVENTO CONTEMPORANEO SULLA CAPPELLA, TRA TOSCA E PIRANESI
Si cita, innanzitutto, la Tosca, tragedia lirica che Giacomo Puccini volle ambientare proprio a Castel Sant’Angelo per il terzo e ultimo atto, quando il pittore Cavaradossi, condannato a morte, finisce nella prigione del castello, per essere poi fucilato nel cortile. La sua amante, Tosca, si ucciderà per la disperazione, buttandosi dagli spalti del castello. Dunque l’allestimento della “nuova” cappella ricerca l’effetto scenografico, simulando una sorta di teatro, però all’avanguardia, con cilindri acustici di design che scendono la soffitto evocando i ceri che accompagnavano le preghiere dei condannati, e movimentando lo spazio, a dominanti rosso e oro. Le vetrate che chiudono le grandi arcate affacciate sul Cortile delle Fucilazioni, invece, sono ora decorate con vetrofanie dalle Carceri d’Invenzione di Giovan Battista Piranesi (Mogliano Veneto, 1720 – Roma, 1778), anche lui suggestionato dal fascino controverso di Castel Sant’Angelo, soggetto riproposto a più riprese nelle sue acqueforti.
Sulla parete corta opposta all’altare (che è rimasto al suo posto, a testimoniare la storia della cappella) è stata ricavata la postazione per i futuri relatori, sovrastata da un grande ledwall, già utilizzato lo scorso 12 dicembre in occasione dell’inaugurazione dello spazio con la prima proiezione pubblica del film I Misteri di Castel Sant’Angelo dell’artista Marco Agostinelli.
Livia Montagnoli
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