Gli altri mondi di Leonardo Ulian in mostra a Milano

Tra scultura, suono e collage, la mostra di Leonardo Ulian alla galleria The Flat ‒ Massimo Carasi di Milano narra mondi alternativi fatti di forme sinuose e tecnologico rigore

La galleria milanese The Flat – Massimo Carasi presenta Shapes of Worlds of Shapes, la mostra di Leonardo Ulian (Gorizia, 1974), che espone nuovi cicli di opere realizzati tra il 2021 e il 2022. La peculiare ricerca artistica di Ulian fonde geometria e tecnologia, creando composizioni e sculture pervase di simmetrico lirismo. Le sue opere – insieme a quelle di Stefano Caimi, Paolo Cavinato e Michael Johansson – sono state anche selezionate per rappresentare la galleria all’edizione 2022 di Untitled Art Fair, fiera che si è svolta durante l’art week di Miami Beach a inizio dicembre.

LA MOSTRA DI LEONARDO ULIAN A MILANO

Shapes of Worlds of Shapes si configura come la presentazione di macrocosmi alternativi, in cui opere a parete, sculture e un’installazione sonora narrano il personale sguardo di Ulian.
La mostra si rivela un’occasione di riflessione sulle possibilità di altri mondi, o di altre prospettive sul nostro. Un esempio è la serie Techno Atlas, che propone una rielaborazione della sagoma delle terre emerse: l’immagine del mondo, per come lo conosciamo, viene capovolta, raddoppiata, superando il suo scopo geografico-descrittivo e divenendo una forma dell’opera d’arte. Inizialmente, questi planisferi riposizionati potrebbero ricordare le celebri macchie che lo psicologo Hermann Rorschach sottoponeva ai suoi pazienti per studiare le loro personalità. Solo in un secondo momento lo spettatore riconosce il profilo dei continenti, immersi in una costellazione di svariati elementi: le opere di Techno Atlas, infatti, sono mandaliche giustapposizioni, collage di fili metallici, componenti elettroniche, elementi stampati in 3D. Tali materiali – e i legami che tra essi si instaurano – assumono il ruolo di paradigma non solo della rete tecnologica (Internet in primis), che oggi permette dialoghi e scambi, ma anche delle interconnessioni neuronali del cervello umano. In ultima analisi, i Techno Atlas di Leonardo Ulian sono ottimistiche dimensioni parallele, in cui ciò che conosciamo si duplica, si sposta, muta: si tratta, parafrasando Alighiero Boetti, di ri-mettere al mondo il mondo, proponendo soluzioni che passino dall’euritmia e dal rinnovamento.

Leonardo Ulian, Scultopia #02 – The short circuit, 2022, dettaglio. Photo Alessia Baranzini

Leonardo Ulian, Scultopia #02 – The short circuit, 2022, dettaglio. Photo Alessia Baranzini

LE SCULTURE DI LEONARDO ULIAN DA THE FLAT

Ogni mondo, anche quelli alternativi al nostro, possiede una propria cultura e una propria mistica. Al centro dello spazio espositivo si ergono sei figure ieratiche, sottili, totemiche: le sculture della serie Scultopia raffigurano esseri umanoidi e al tempo stesso alieni, caratterizzati innanzitutto dal recupero, da parte dell’artista, di racchette da tennis. La poetica dell’objet trouvé si sposa con una nuova teogonia, fatta di riti e miti: le figure di Scultopia appaiono al contempo ancestrali e futuribili, incorporando forme, materiali, voci differenti fra loro. Allo stesso modo di Techno Atlas, questi totem – sarebbe meglio definirli “dèi”? – offrono alternative a una realtà che ha perso la componente misterica che essi incarnano, un immaginario necessario per qualsiasi evoluzione creativa.

Leonardo Ulian, Sound Tower, 2022 e Techno Atlas 024 (hexagon), 2022. Photo Alessia Baranzini

Leonardo Ulian, Sound Tower, 2022 e Techno Atlas 024 (hexagon), 2022. Photo Alessia Baranzini

L’INSTALLAZIONE SONORA DI LEONARDO ULIAN

Infine, la sospensione della mostra in una dimensione che trascende tempo e spazio è favorita dall’installazione Sound Tower, una colonna polimaterica dotata di sensori di movimento che diffonde una versione rallentata della Quinta Sinfonia di Beethoven. Questa celebre melodia fa parte dei tanti contenuti registrati sul Golden Record, un disco su cui sono incisi suoni e rumori del nostro pianeta, fra cui alcune delle più importanti composizioni musicali della storia. Lo scopo di questo disco, di cui esiste una copia su entrambe le sonde spaziali Voyager lanciate nel 1977, è di raccontare la Terra attraverso le sue melodie naturali e umane nell’evenienza di un contatto con forme di vita aliene. La citazione di Ulian non è casuale e conclude la mostra ponendo un interrogativo finale, rivolto direttamente allo spettatore. L’ascolto della sinfonia di Beethoven fa sorgere in noi il dubbio di non essere, in fondo, i mittenti del messaggio che essa rappresenta, bensì destinatari alieni a noi stessi: un invito, insomma, a osservare il nostro mondo da un inedito punto di vista.

Alberto Villa

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di critica e curatela d'arte contemporanea. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta…

Scopri di più