Tea Hacic-Vlahovic, definita da alcuni come una “folle, poetica, divertente scrittrice e performer balcanica”, per i suoi follower è semplicemente un’icona di stile. Nata in provincia di Zagabria e cresciuta in North Carolina a seguito del trasferimento della sua famiglia dopo la guerra in Jugoslavia, Tea si è poi spostata a Milano durante il periodo universitario per studiare moda alla NABA. Questa fase della sua vita è raccontata nel suo primo romanzo, L’anima della festa (Life of the Party), che è diventato un cult grazie al suo sguardo crudo e ironico sulla città di Milano.
Artista a 360 gradi, ha fondato l’iconico magazine Stai zitta, punto di riferimento per la comunità queer milanese, Troie Radicali è il suo podcast e sta terminando il suo terzo romanzo, celebrando nel mentre l’uscita del suo ultimo lavoro, A Cigarette Lit Backwards. Ambientato nella scena punk-rock Anni Duemila, fa immergere il lettore in un realismo dai toni bukowskiani. Un’opera di auto-fiction che racconta il caos della scena punk in North Carolina durante i primi decenni di Internet, evidenziando anche le differenze sociali e di genere che esistevano al tempo. Commentando il suo nuovo romanzo, Tea racconta che A Cigarette Lit Backwards parla dei “punk degli Anni Duemila. Quelli che si struggevano di non essere i punk newyorkesi degli Anni Settanta. Il punk è morto, gli avevano detto, e se lo sono voluti riprendere”. Ma l’amore di Tea per la moda e per le subculture è molto legato a quell’estetica, che oggi viene riproposta: “Non avevo mai soldi, quindi compravo i vestiti nei negozi di seconda mano e tagliavo con le forbici qualsiasi cosa, mettevo spille, cercavo di copiare lo stile di Vivienne Westwood o di Marc Jacobs nel periodo grunge”, afferma in un’intervista a Vogue.
STORIA DELLA MODA PUNK, DAGLI ANNI ‘70 A OGGI
Parlando di sottoculture, è necessario ripercorrere le origini della musica e dello stile punk. Sono gli Anni Settanta e negli USA, ma anche in Gran Bretagna, nascono gruppi come i Clash, i Ramones e i Sex Pistols. Il loro stile musicale viene definito ai tempi come “rozzo”, dalle ritmiche veloci e sonorità dure accompagnate da testi violenti, provocatori e dai forti messaggi politici. L’estetica dei performer riprendeva in tutto le loro sonorità e attitude: abiti ritenuti “borghesi” nelle mani punk venivano rimaneggiati, aggiungendo spille e borchie. Jeans stretti, cinghie bondage, camicie strappate e anfibi esprimevano la rottura delle distinzioni di genere e delle regole sociali. Il 1977 è la data spartiacque in cui viene fatto sfilare il punk per la prima volta in passerella grazie a Conceptual Chic, collezione di debutto della designer inglese Zandra Rhodes, composta da vestiti in jersey decostruiti e decorati con strappi nella stoffa, catene e spille. E anche se Zandra pare essere stata la prima, convenzionalmente la consacrazione del punk nella moda viene attribuita a Vivienne Westwood e Malcolm McLaren, al momento dell’apertura del loro negozio di abbigliamento, “Sex”, a Londra, e della collezione Pirate, attraverso cui la Westwood esplora molteplici epoche storiche e ripropone in chiave moderna alcuni elementi di sartoria ormai dimenticati come corsetti e faux-cul. Un’estetica irresistibile, a cui tutti i grandi nomi hanno reso omaggio nel corso dei decenni: da Yves Saint Laurent a Louis Vuitton, da Valentino e Alexander McQueen a Rei Kawakubo per Commes des Garçons. Ed è un’ispirazione a cui non si rinuncia facilmente, come traspare dalle collezioni autunno inverno 2022-23 di moltissimi, tra cui Junya Watanabe, Undercover e Versace.
LA MODA SECONDO TEA HACIC
Il disordine come scelta stilistica ha continuato a germogliare nel tempo, facendo emergere il rifiuto del pensiero dominante e l’atteggiamento do-it-yourself come elementi fondamentali dell’attitudine di questo stile ancora oggi apprezzato da stilisti affermati o meno. “Ho capito che in realtà non avrei potuto lavorare in questo ambiente: amavo i vestiti, ma non mi stavano bene le politiche del business a cui bisognava sottostare”: così Tea rappresenta a pieno quella tendenza a rigettare tutto ciò che sia prestabilito. Lei, che preferisce lo stile alla moda innamorandosi degli outfit visti in strada oppure su Instagram, ritiene che sia importante costruire una personale identità, riconoscendo prima di tutto la propria storia e provenienza per contrastare l’attuale scomparsa delle sottoculture.
Lara Gastaldi
https://www.instagram.com/teahacic/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati