Anche Roma ha bisogno di una grande biblioteca al passo coi tempi
Se a Milano il progetto della BEIC è riuscito a partire, a Roma la Biblioteca Nazionale Centrale ha orari anacronistici. Eppure una nuova biblioteca gioverebbe alla collettività per tantissime ragioni. Eccone alcune
In data 25 marzo 2022, il Comune di Milano ha pubblicato il Bando del Concorso Internazionale di Progettazione in unico grado, con procedura aperta, per la realizzazione della nuova BEIC, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura.
L’11 luglio è stato nominato il progetto vincitore, e da allora la futura BEIC ha iniziato ad avviare una serie di azioni preliminari alla sua costituzione. A breve, dunque, i cittadini di Milano avranno a disposizione un nuovo spazio culturale, con ogni probabilità caratterizzato da un elevato livello di innovatività strutturale, con dotazioni hardware evolute che possono potenzialmente abilitare una nuova modalità di fruizione degli spazi bibliotecari.
“Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, è divenuto sempre più palese che la vecchia biblioteca dovesse reinventarsi”
BIBLIOTECHE: LE DIFFERENZE TRA MILANO E ROMA
Parallelamente, quella che oggi è la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ricorda, dal proprio sito web, che i suoi orari di apertura al pubblico sono il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle ore 08:30 alle ore 14:30, il martedì e il giovedì dalle ore 08:30 alle 19:00 e che il sabato e la domenica la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma è chiusa. E, beninteso, non si tratta degli orari relativi al periodo natalizio.
Non serve entrare nel dettaglio organizzativo per intuire che queste sono le premesse di un divario che rischia di divenire significativo in termini di dotazione infrastrutturale tra le due città. Divario che, senza cambiamenti significativi, rischia di creare un ancor più significativo distacco tra Roma, capitale culturale del nostro passato, e Milano, che invece ambisce a essere la capitale della cultura contemporanea del nostro Paese.
Per comprendere la portata di questa tendenza, è opportuno ribadire quale ruolo abbiano le biblioteche nella società contemporanea. Per capirlo, basta guardare l’architettura e i servizi delle biblioteche in altri Paesi. Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, è divenuto sempre più palese che la vecchia biblioteca dovesse reinventarsi. Che dovesse, in altri termini, sviluppare sempre più servizi, per tener fede al proprio ruolo di accesso alla conoscenza, tenendo in considerazione le evoluzioni digitali, e tenendo soprattutto conto del fatto che i differenti contenuti di cui oggi siamo bersaglio competono per le stesse risorse: il nostro tempo e la nostra attenzione.
UNA BEIC PER ROMA
Il progetto della BEIC, quindi, si inscrive in una tendenza internazionale che vede la biblioteca come un soggetto attivo su molteplici versanti, realizzato secondo criteri architettonici contemporanei, con una diversificazione degli spazi che contempli anche la presenza di negozi e di altri elementi di interesse cittadino. Se la BEIC verrà adeguatamente sviluppata, quindi, il differenziale che si andrà a incrementare non riguarderà il semplice servizio di lettura, consultazione e prestito di libri, ma un nuovo modo, diverso e nel nostro Paese pressoché ancora inedito, di vivere la biblioteca e di vivere quindi l’offerta culturale della propria città.
Sulla scia di queste considerazioni, quindi, non solo la città di Roma, ma, soprattutto, l’intero Paese può individuare, nella costituzione della BEIC, una grande opportunità: l’opportunità di creare uno spazio affine alla BEIC, che si integri con le progettualità in corso, e che permetta così di poter affermare un nuovo modo di intendere la biblioteca nel nostro Paese.
Non una banale competizione tra le due città, dunque, ma la consapevolezza che, pur con le enormi differenze che le due metropoli presentano, sia possibile creare un modello di servizio verso il quale le altre biblioteche presenti sul nostro territorio nazionale potrebbero tendere, anche avvalendosi di organizzazioni che, da tempo, tentano di sviluppare un modello di cooperazione che permetta alle biblioteche cosiddette minori di poter fornire ai propri utenti servizi altrimenti troppo onerosi da implementare.
Significherebbe altresì la libertà di poter sperimentare forme di produzione e di gestione dei servizi ancora inedite per il settore bibliotecario, con la partecipazione attiva da parte dei privati, ma anche da parte degli utenti stessi.
Non si tratterebbe quindi soltanto di ridurre un divario, aspetto che in ogni caso sarebbe importante, ma si tratterebbe di trasformare un potenziale divario negativo in un fattore esponenziale, che potrebbe a sua volta stimolare i Comuni a competere tra loro per poter avere la propria biblioteca contemporanea.
Perché Roma, come entità, è e resterà sempre la Città Eterna. Ma non per questo può abdicare all’oggi.
Stefano Monti
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