Su Artribune Podcast c’è l’artista Nunzio Di Stefano per Monologhi al Telefono
In occasione della mostra presso la Galleria Regionale dell’Umbria, Donatella Giordano ha invitato a raccontarsi per il podcast “Monologhi al Telefono” l’artista Nunzio Di Stefano
Perugia si prepara a celebrare i cinquecento anni dalla morte del pittore Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come Perugino, con un’esposizione presso la Galleria Nazionale dell’Umbria che verrà inaugurata a marzo e che raccoglierà i suoi maggiori capolavori. Nel frattempo, la Galleria mette in dialogo arte contemporanea e arte antica con la mostra Nunzio incontra Perugino. Da un’idea del collezionista Giuseppe Cascetta, due sculture dell’artista Nunzio Di Stefano (Cagnano Amiterno, 1954) si affacciano sull’elegante scena rinascimentale dell’Annunciazione Ranieri, capolavoro del “divin pittore”, cercando l’intrinseco rapporto con l’arte di quel tempo. Gli elementi esposti rimandano all’idea del corpo e dello spazio e analizzano forme e moduli, pieni e vuoti, fissando il punto su due momenti: l’architettura e la figura.
IL MONOLOGO DI NUNZIO DI STEFANO PER ARTRIBUNE PODCAST
Nel suo monologo al telefono, Nunzio riporta un episodio del suo passato, appartenente al periodo in cui svolgeva il servizio militare. Il racconto, registrato in piena pandemia, lancia un messaggio ancora molto attuale che sembra far riferimento al conflitto bellico scatenatosi negli ultimi tempi. L’artista riesce a coinvolgere il fruitore definendo un contesto preciso che colloca la scena sull’altana: “un cilindro di ferro e cemento che è situato normalmente all’altezza di circa venti metri, ai bordi della caserma, immerso nel buio più totale, con solo qualche stella che rischiarava il cielo e un piccolo faro che illuminava i dintorni…”.
Ascolta “Nunzio Di Stefano – Monologhi al Telefono di Donatella Giordano” su Spreaker.
LA SCULTURA DI NUNZIO DI STEFANO
La ricerca di Nunzio si colloca su un punto di confine tra due opposti: tra il legno e il fuoco o tra le pieghe del metallo. Gli elementi utilizzati dall’artista definiscono uno spazio di cambiamento che rappresenta idealmente il tempo. Il buio e la luce, il giorno e la notte, il bianco e il nero diventano luoghi di transizione che approdano su territori tridimensionali di grande formato, definendosi in forme essenziali. L’artista, che tra la metà degli Anni Settanta e gli inizi degli Anni Ottanta ha dato vita a Roma, insieme a Giuseppe Gallo, Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Piero Pizzi Cannella e Marco Tirelli, alla Scuola di San Lorenzo, ha sempre condiviso i suoi spazi con tantissimi giovani artisti, considerandoli un’importante risorsa: “gli artisti fanno bene all’umanità”.
Donatella Giordano
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