Una grave dimenticanza: Bologna riscopre Patrick Procktor
Ritorno e riscoperta: attorno a questi due termini, al Palazzo Bentivoglio di Bologna è stata allestita un’ampia mostra monografica dedicata a Patrick Procktor, artista pressoché dimenticato
È un ritorno perché la città felsinea dedicò all’artista un’esposizione personale nel 1972, è una riscoperta perché Patrick Procktor (Dublino, 1936 – Londra, 2003) non raggiunse quel successo che sperava e che invece fu conquistato dall’amico David Hockney. “Personalità contraddittoria e flamboyant, Procktor fu marxista e snob, omosessuale out of the closet e padre di famiglia, viaggiatore in luoghi esotici e assiduo frequentatore di Venezia”: è la definizione che dà dell’artista il curatore Tommaso Pasquali.
Grazie alla collaborazione con collezionisti e gallerie che fin dagli Anni Sessanta hanno creduto nel pittore, sono ora stati selezionati alcuni nuclei di opere – talune già presenti nella mostra di cinquant’anni fa e altre di proprietà della sede espositiva – capaci di offrire uno spaccato della creatività del britannico. Una creatività che si è espressa soprattutto mediante l’acquerello, senza tuttavia escludere la pittura su tela, e perseguendo con convinzione la via del figurativo.
LA PITTURA DI PATRICK PROCKTOR A BOLOGNA
A spiccare sono i ritratti, spesso senza sfondo, tra i quali compaiono figure di spicco della Swinging London, familiari e amici – citiamo solo Cecil Beaton, cui è dedicato un focus che comprende anche due vasi di Picasso – mentre un’altra carrellata di fogli raccoglie le vedute veneziane, delicate e fortemente poetiche. Nelle tele invece fa capolino una dichiarata preferenza per Filippo De Pisis, di cui Procktor vide alcune opere a Vicenza.
La mostra è ampia e varia, le opere senza dubbio di qualità: ora spetta al pubblico e alla critica, oltre che al mercato, stabilire se la riscoperta di Patrick Procktor potrà consolidarsi, facendolo finalmente entrare nell’olimpo degli artisti europei del Novecento.
Marta Santacatterina
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