Una mostra navigante a bordo della nave Ocean Viking, per raccontare le storie dei naufraghi salvati durante le missioni di soccorso di SOS Méditerranée, e di tutti quegli uomini, donne e bambini che lasciano il proprio Paese in cerca di una vita migliore. Storie di vite appena nate strappate alle onde; storie di violenze e soprusi ma anche di sogni e speranze; storie di viaggi per terra e per mare in cerca di un approdo sicuro.
Autore di questa insolita rassegna è il fumettista e attivista Gianluca Costantini, che ha deciso di realizzare una serie di tavole ispirate alle attività della Ong. Sono sessanta in totale le opere esposte sulla nave – che solo nel 2022 ha soccorso 2505 persone in 45 diverse operazioni nel Mediterraneo centrale.
LA MOSTRA SULLA OCEAN VIKING
La mostra, dal titolo La vita possibile, prende spunto dalla storia del piccolo Abdou, un neonato che i soccorritori della Ocean Viking hanno trovato a bordo di un gommone durante la penultima missione, la notte fra il 26 e il 27 dicembre. Il suo salvataggio è il simbolo del diritto di ogni essere umano a una vita possibile.
Il progetto espositivo di Costantini sarà allestito negli spazi della nave “fino a quando l’equipaggio oppure le intemperie e l’umidità non lo distruggeranno”, dice l’autore – noto per i suoi fumetti e le sue illustrazioni dal taglio politico. Le stampe sono state allestite sul ponte, nella clinica di bordo e nello “shelter” – il luogo protetto dove trovano riparo donne e bambini soccorsi –, e accompagneranno l’equipaggio della Ocean Viking durante le prossime missioni. Per ragioni di sicurezza la rassegna non sarà aperta al pubblico, ma sarà fruibile virtualmente attraverso i canali social dell’artista e di SOS Méditerranée Italia.
L’INTERVISTA A GIANLUCA COSTANTINI
Qual è il tema della mostra? C’è un elemento visivo e tematico che lega tutte le 60 opere?
Il tema della mostra è La vita possibile, nato dopo il salvataggio del piccolo Abdou, un neonato che i soccorritori della Ocean Viking hanno trovato tra il 26 e il 27 dicembre; quando è stato salvato aveva pochi giorni di vita. Da qui il nome La vita possibile, il desiderio che tutte le persone salvate abbiamo un’altra possibilità. Dal ritratto di Abdou è nata l’idea della mostra, e da lì ho collegato ed esposto storie a fumetti e disegni che raccontassero il viaggio, l’attraversata in mare e anche le storie che purtroppo sono finite male.
Com’è nato il progetto? Sei stato tu a lanciare l’idea, o è stata SOS Méditerranée a farsi avanti?
Il gruppo di comunicazione di SOS Méditerranée, con il quale collaboro spesso per raccontare e testimoniare quello che fanno, mi ha detto che la Ocean Viking sarebbe approdata nella mia città, Ravenna. Così ho pensato di fare qualcosa di simbolico. Immaginavo che la città sarebbe stata molto accogliente, e ho saputo successivamente dall’equipaggio che l’organizzazione era stata perfetta e veloce, quindi non ci sarebbero stati problemi con l’attracco. Tutto è stato deciso molto velocemente: una mostra sulla nave è stato il primo pensiero.
In un certo senso l’evento è stato un modo di festeggiare l’arrivo della nave…
Sì, ma soprattutto ha voluto essere un augurio per la ripartenza, per il nuovo viaggio che la Ocean Viking avrebbe dovuto affrontare. Dopo la partenza e il ritorno nel Mediterraneo la nave ha subito recuperato altre 37 persone e gli è stato assegnato, punitivamente, il porto di Ancona. Hanno quindi dovuto affrontare altri quattro giorni di viaggio con un mare in tempesta con onde fino a sei metri.
Durante l’allestimento sono rimasto tutto il pomeriggio sulla nave e ho visto le dure condizioni in cui vive l’equipaggio, composto da trenta persone, per la maggior parte molto giovani, provenienti da quattordici diversi Paesi. Un’esperienza importante per capire la bellezza di questa generazione che aiuta gli altri con grandi sacrifici.
UNA MOSTRA IN MEZZO AL MEDITERRANEO
La mostra viaggerà per il Mediterraneo senza nessuno che la possa vedere dal vivo. Qual è dunque, il senso, evidentemente più profondo, del progetto?
In verità la mostra è stata appena visitata da 37 persone: è una mostra vietata al pubblico, ma la nave ha un pubblico continuo dato dalle persone soccorse. È una mostra che solo l’equipaggio e le persone che vengono soccorse in mare possono vedere: una rassegna navigante che viaggerà nel mare senza un luogo definito è un pensiero che mi affascina moltissimo.
Il mio pensiero principale è che lo sguardo delle persone soccorse possa incrociarsi con gli sguardi dei disegni; l’obiettivo è portare un po’ di bellezza in ambienti duri come può essere quello della nave. Molti disegni sono stati affissi anche nella piccola mensa e negli alloggi dei marinai. L’arte può sempre essere di sollievo e di stimolo in momenti di grande difficoltà, frequenti nella vita in mare, soprattutto in questo contesto. Il capitano e gli altri ragazzi mi hanno ringraziato moltissimo, convinti che con i miei disegni abbia aggiunto un messaggio in più al loro prezioso lavoro.
In base a quale criterio hai allestito le opere?
La storia a fumetti più lunga presente in mostra è tratta dal mio libro Libia, scritto da Francesca Mannocchi; è la storia di Wared, una ragazza eritrea che da sola affronta il viaggio attraversando tutta l’Africa verso la Libia, percorrendo il deserto a piedi, arrivando a Tripoli dove viene arrestata e schiavizzata dall’Isis, e infine muore annegata in mare. È una storia molto dura, per cui le tavole sono state allestite nella zona dove le persone soccorse non possono arrivare, poiché i contenuti scatenerebbero ricordi troppo dolorosi per alcuni di loro, facendogli rivivere esperienze spesso analoghe.
Molti disegni sono stati affissi nella zona donne e bambini, altri nella zona uomini, disegni dolci di abbracci e ritratti. Alcuni disegni sono stati messi anche nella piccola zona ospedale, tra i quali il ritratto di Abdou, che è stato situato proprio sulla porta della stanza dell’ostetrica. Sono tutti lavori accomunati dalla volontà di dare un segnale di speranza e di dolcezza che vorrei accompagnasse il viaggio. Alcune immagini sono state messe anche nelle cabine dell’equipaggio e Alessandro Porro, il presidente della Ong, ha voluto sulla porta della sua camera il disegno che ritrae Alan Kurdi, il bambino di Kobane morto annegato nel Mediterraneo: “Mi ricorda ogni giorno perché siamo qui”, ha aggiunto.
È una mostra strana, senza un museo, una sede fissa, un vero e proprio spazio espositivo. Per me è un modo di stare con loro. Non sono così coraggioso da stare su una nave in mezzo al Mediterraneo, ma potrò esserci con i miei disegni.
Alex Urso
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