Wallmakers. Lo studio di architettura indiano che punta sulla sostenibilità
La filosofia dell’upcycling è alla base dei progetti di Vinu Daniel e del suo studio senza una sede permanente, Wallmakers. Un approccio all’architettura che prende in considerazione anche il destino dei rifiuti
“Vorrei citare una frase che il padre della nostra nazione, Mahatma Gandhi, disse all’architetto Laurie Baker: il migliore tipo di casa di cui l’India ha bisogno è quella costruita con materiali trovati entro un raggio di cinque miglia”. Non poteva che iniziare da questo aneddoto il discorso di Vinu Daniel (1982) al 2022 RA Dorfman Award, che nel pioniere della sostenibilità in India e nella massima gandhiana sull’architettura ha trovato rispettivamente il suo mentore e il principio ispiratore della sua attività. Con il suo studio senza sede permanente Wallmakers, Daniel “occupa” il sito di progetto, per seguire ogni passo del cantiere e sperimentare in che modo le risorse disponibili sul posto possano essere utilizzate come materiale da costruzione.
I PROGETTI DI WALLMAKERS
A partire dalla terra da scavo, che, innovando pratiche edilizie secolari, il progettista indiano utilizza prima a crudo, battuta, e poi compressa in blocchi. Ne è un esempio la Pirouette House di Trivandrum, il cui spettacolare intreccio di mattoni rossi posati secondo la tecnica della rat-trap nasconde una cavità che aumenta l’efficienza termica, massimizza la ventilazione e riduce il volume totale dei blocchi utilizzati. Un’architettura coraggiosa, che arriva persino a indagare le possibilità dei rifiuti. “Ovunque lavoravamo”, racconta Daniel ad Artribune, “trovavamo materiale di scarto, come plastica e detriti di costruzioni: non potevo ignorare questo spreco. L’occasione per sperimentare”, prosegue, “è arrivata con la commissione di una residenza su un sito un tempo utilizzato come discarica per rifiuti edili”. Il risultato sono due nuove tecniche di costruzione muraria, ora brevettate, che prevedono la miscelazione di cemento, terreno e materiali di scarto di varie dimensioni. “Cerchiamo”, aggiunge l’architetto, “di utilizzare gli scarti in ogni aspetto del progetto. Il posto migliore per nascondere i nostri rifiuti è all’interno degli edifici”: con infissi a griglia realizzati con ruote per lavatrici, elementi di arredo in legno di scarto e schermature in bambù di riuso, è un upcycling a tutto tondo.
L’ARCHITETTURA SECONDO WALLMAKERS
Oggi Wallmakers conta 17 architetti e oltre 100 artigiani, di stanza nei numerosi cantieri in corso in tutta l’India: “Stiamo sviluppando nuove tecniche”, spiega Daniel, “come pannelli in mattoni, pareti in paglia composita e costruzioni in pneumatici mentre lavoriamo a progetti su larga scala, come complessi commerciali a più piani, scuole, ashram, templi e campus. L’architettura”, conclude, “si sta evolvendo senza alcuno scopo o filosofia, e questa è una tendenza piuttosto pericolosa. Bisogna pensare costantemente a materiali alternativi perché questo è tutto ciò che potremmo avere in futuro: dobbiamo prepararci al giorno in cui le risorse che oggi diamo per scontate non esisteranno più”.
Marta Atzeni
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #69
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