Babylon. Come era la Hollywood anni ’20? Il racconto di Chazelle
Damien Chazelle presenta a Roma il suo nuovo film. Una storia controcorrente con il cinema che oggi viene realizzato ad Hollywood e in cui si omaggia il suo periodo dissacrante, di vera libertà e divertimento
Provocante, dissacrante e straordinaria è la sequenziale di Babylon di Damien Chazelle, dal 19 gennaio al cinema con Paramount Pictures Italia. Un film che racconta gli anni ’20 del cinema americano, la nascente Hollywood e il passaggio dal cinema muto al sonoro. Un film gigantesco e in più punti vera lezione di cinema. “Sono contento di presentare il mio film a Roma. Questo è stato un lavoro ‘informato’ in cui ho attinto molto dalle opere di Federico Fellini”, racconta Chazelle. “Il film offre una panoramica della società del tempo, di come operava, lavora e soprattutto si divertiva. Volevo esaminare quel periodo della storia di Hollywood e volevo farlo attraverso povertà e ricchezza, speranze e tragedie, sogni infranti e magiche illusioni. In Babylon c’è tutto questo!”.
BABYLON: UN FILM DI CUORE E DI PANCIA
Babylon è un film corale in cui alcune vicende sono in primo piano ma sono strettamente connesse con tutte le altre; quindi, se Brad Pitt e Margot Robbie dominano la scena, non sono soli e non primari rispetto ad altri. “In ciascuno dei personaggi ho cercato di inserire qualche aspetto che mi riguarda”, commenta Damien Chazelle. “Sia in La la Land sia in Babylon, quello che ho scritto è il riflesso di quello che stavo vivendo in quel momento. In maniera indiretta ho inserito elementi che mi sono vicini, ad esempio Manny e il trombettista hanno molto di me, anche se tutto il gruppo dei personaggi sono me. È un modo per esprimere la mia essenza ed esperienza, anche se indirettamente”. E Babylon è un film di cuore e di pancia per uno come Chazelle, ovvero un giovane autore già pluripremiato che ama il cinema e che è un vero e proprio cinefilo. Uno di quelli – pochi – anche molto schietti e sinceri: “se non avessi vinto determinati premi per i miei film precedenti è certo che questo film, in questo modo e per quello che racconta, difficilmente lo avrei potuto fare”. Si tratta di un film energico, che schiaccia l’acceleratore sulla realtà e libertà degli anni ’20 e lo fa con vivacità e una nota di nostalgia.
BABYLON: HOLLYWOOD OGGI NON È LIBERA
Babylon racconta la Hollywood degli albori, quella nascente e frenetica, scorretta e viva di passione. “Ciò che è andato perduto negli anni è la libertà”, afferma il regista. “Qualcosa di comprensibile visto che si tratta di libertà goduta nei primissimi giorni del successo del cinema, come riscontriamo nei film muti che vediamo rappresentati in questo film. Negli anni ’20 Hollywood era qualcosa di nuovo, non aveva rispetto, non veniva considerata come una forma d’arte contemporanea. Los Angeles era considerata una città folle in cui i pionieri del cinema si creavano le loro regole a mano a mano che l’industria andava avanti. Era inevitabile che questa spinta, questa fiamma iniziale si spegnesse e venisse sostituita da altro”. Ed oggi? “Oggi abbiamo ancora molto da imparare da quella Hollywood, perché oggi c’è paura, conformismo e moralismo puritano. In ogni momento gli artisti dovrebbero ribellarsi a questa uniformità e reagire per avere quella libertà che è stata tolta loro e repressa. Io ho iniziato a scrivere questa storia 15 anni fa e Hollywood è cambiata da allora ma non in meglio”.
BABYLON: CHAZELLE CON QUESTO FILM VUOLE FARE RUMORE
Babylon è un film che segue l’alto e il basso, il comico ed il drammatico. “L’idea è stata quella di passare dalla commedia alla tragedia e quindi di dividere il film in due”, aggiunge Damien Chazelle. “Man mano che scrivevo mi rendevo conto che l’espressione massima di commedia doveva trasformarsi in qualcosa di molto più cruento, quasi un film horror che mostrasse le due facce della stessa medaglia: l’apice della libertà e del divertimento contrapposto alla tragedia e alla caduta all’inferno”. Il film non è stato ben accolto negli USA e non sta riscuotendo un grande successo, eppure è uno di quei racconti che merita il grande schermo e che regala un’esperienza: esagerata, caotica, non convenzionale. “La speranza è che questo film trovi il suo pubblico, che possa suscitare un dibattito e una discussione, non solo scivolare via in modo tranquillo”, chiude il regista. “Sono convinto che una volta finito il film, questo non è più del regista ma diventa di chi lo guarda. Io ho fatto quello che sentivo e ora lascio che sia il pubblico a prenderlo e giudicarlo. Con questo film voglio fare rumore”.
Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati