Il legame fra Canova e l’Accademia di San Luca in mostra a Roma
A duecento anni dalla morte di Antonio Canova, l’Accademia di San Luca a Roma gli rende omaggio. Ricordando anche il suo impegno nella promozione dei giovani artisti
Antonio Canova (Possagno, 1757‒ Venezia, 1822) giunse a Roma nel 1779 e fu ospite dell’ambasciatore Zulian a Palazzo Venezia, prima di trasferire il suo studio in Via delle Colonnette, poco distante da Piazza del Popolo. A Roma ‒ culla del gusto neoclassico e capitale europea delle arti, dove l’antico era parte della normalità quotidiana e la statuaria classica si palesava in tutta la sua emozionante magnificenza ‒ completò la propria formazione, brillò per la sua bravura (di scultore ma anche di imprenditore) e venne presto introdotto nel giro degli artisti e degli antiquari più rinomati. Nel 1800 fu ammesso nella prestigiosa Accademia di San Luca che, dieci anni dopo, lo insignì del titolo nobiliare di Principe, massima carica accademica (sarà l’ultimo Principe: dopo di lui il titolo verrà convertito in quello di “Presidente”); e che, oggi, lo celebra a duecento anni dalla morte ‒ attingendo dal proprio patrimonio artistico solitamente non esposto al pubblico (alcune opere sono state restaurate per l’occasione), nonché dai propri archivi ancora in parte inediti ‒ con una mostra dedicata proprio agli anni accademici dello scultore veneto.
LA MOSTRA SU CANOVA ALL’ACCADEMIA DI SAN LUCA
“Canova è uno dei protagonisti dell’Accademia non soltanto perché grande artista” – spiega Fabrizio Carinci, uno dei curatori – “ma anche perché è stato determinante, sin dagli inizi, per lo sviluppo delle arti, avendo dato vita – finanziandoli personalmente ‒ a due importanti concorsi (il concorso dell’Anonimo e il concorso Canova) rivolti a giovani artisti residenti a Roma, e avendo riorganizzato il sistema didattico, sempre a beneficio dei giovani, grazie anche agli ingenti finanziamenti ottenuti da Napoleone”. La mostra è piuttosto variegata e articolata in più sezioni. Si dà ampio spazio alle opere dei giovani partecipanti ai concorsi di pittura, scultura e architettura (sorprendente la presenza di Bartolomeo Pinelli) e a numerosi dipinti che contestualizzano utilmente il periodo storico in questione. Ma è inevitabile soffermarsi soprattutto sui gessi canoviani che riattualizzano l’antico piuttosto che copiarlo, come invece all’epoca si usava fare strizzando l’occhio ai numerosi viaggiatori del Grand Tour. E lo riattualizzano affrancandolo da quel distacco emotivo che conferisce alla statuaria classica una valenza archetipale quintessenziandone l’umanità; e, per converso, effondendovi, una sensuosa coloritura emotiva, che si muta, in virtù di un miracolo sinestesico, in una attrattiva e coinvolgente sensazione tattile che troverà nel marmo finale la propria epifania.
Luigi Capano
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati