Architetto esemplare. A Milano la mostra su Angelo Mangiarotti
Continua il percorso di Triennale Milano dedicato alle figure chiave della cultura progettuale del Novecento. Dopo Castiglioni, Lingeri, Mari e Sottsass, è la volta di Angelo Mangiarotti, architetto, scultore e designer che ha ancora tanto da insegnare
Si rivolge a un pubblico molteplice la mostra dedicata ad Angelo Mangiarotti (Milano, 1921-2012) da Triennale Milano ‒ a chi vuole conoscere l’architetto milanese grazie a un’ampia selezione di opere, progetti e documenti che ripercorrono i suoi sessant’anni di attività, agli estimatori di un approccio che sa coniugare “architettura e ingegneria”, come spiega Fulvio Irace, curatore della mostra, e a chi vuole apprezzare estetica degli oggetti e accuratezza dell’allestimento, a cui ha collaborato anche Renzo Piano.
MANGIAROTTI ALLA TRIENNALE. UNA MOSTRA ANCHE PER GIOVANI
La volontà del team curatoriale è però anche di rivolgersi ai giovani. La mostra nasce, infatti, dal desiderio di valorizzare il materiale d’archivio, posseduto dalla Fondazione Mangiarotti, in sintonia con il percorso che l’istituzione milanese ha dedicato negli ultimi anni ad altre grandi figure dell’architettura e del design: Mari, Sottsass, Lingeri e Castiglioni. Tra gli obiettivi del gruppo di lavoro, quello di “restituire alla storia e ai giovani una figura centrale nella cultura del progetto del ‘900”, spiega Stefano Boeri, presidente di Triennale. Generoso verso il futuro, del resto, è stato anche Mangiarotti stesso, spiega Irace, quando, nel suo modo di operare, ha inserito il concetto di prototipo e di abaco “da cui attingere liberamente per avere edifici migliori”. Lontano da lui, infatti, era il concetto di logo, brand o archistar, a favore dell’anonimato.
LA MOSTRA SU MANGIAROTTI ALLA TRIENNALE DI MILANO
L’opera di Mangiarotti è presentata attraverso una quadreria iniziale, che accoglie i visitatori con una collezione a tutta parete di disegni dell’architetto. Un aspetto non noto ai più è che il disegno era per lui uno strumento straordinario di comunicazione di idee, un’officina in cui sperimentare, più che una ricerca del “bello estetico” a ogni costo. Segue una timeline che fa sì che ci si possa orientare cronologicamente attraverso la produzione dell’architetto milanese a partire dal 1950. Infine, si accede alla galleria, dove si è guidati visivamente da due assi prospettici: l’immagine dell’interno della Chiesa di Nostra Signora della Misericordia di Baranzate (progettata con Bruno Morassutti tra il 1956 e il 1957) e quella della sede di Snaidero disegnata negli Anni Settanta.
COME LAVORAVA ANGELO MANGIAROTTI
Gli oggetti esposti su tavoli concorrono a ricordare il modus operandi di Mangiarotti, quello dell’officina, appunto: su questi, e su un lungo elemento centrale, trovano spazio sculture, lampade, prototipi e modelli di studio. A unire il tutto è l’approccio multi-scalare proprio del maestro: come in un abaco, gli stessi elementi si ritrovano negli oggetti di design, nelle sue sculture e negli edifici, non un semplice cambiamento di scala ma l’esito di un processo che prevede una riflessione sulla materia.
C’è tanto da conoscere, visitando la mostra, non solo sull’architetto che ne è il protagonista, ma anche su un metodo di lavoro che è sperimentale, appassionato e magistrale per i progettisti di domani.
Letizia Pellegatta
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