Una mostra unisce Bergamo e Brescia nel segno della pittura
Bergamo e Brescia nel 2023 rappresentano un’unica realtà, quella di Capitale italiana della Cultura. La mostra in corso a Palazzo Martinengo a Brescia pone l’attenzione sui maestri della pittura attivi nelle due città e su ciò che accomuna i due territori
Il fischio d’inizio è risuonato il 21 gennaio, quando sono scese in campo le due squadre di campioni per contendersi un originale derby a suon di pennelli. Le due formazioni sono Bergamo e Brescia, i campioni sono i migliori pittori attivi nelle due città dalla fine del Quattrocento al Settecento inoltrato. Lotto Romanino Moretto Ceruti è la mostra che inaugura l’anno dedicato alle due città lombarde le quali, insieme, rivestono il ruolo di Capitale italiana della Cultura 2023. A ben vedere l’esposizione ha una duplice anima: se su due piani di Palazzo Martinengo si snoda la rassegna principale, al piano superiore la cronologia viene estesa fino alla metà del Novecento mediante quattro focus “identitari” delle due province.
I PITTORI IN MOSTRA A PALAZZO MARTINENGO
Lorenzo Lotto e Romanino sono forse i due nomi più noti tra gli artisti convocati in mostra. E sono presenti con un’opera ciascuno: il dipinto del veneziano Lotto è un bijoux non solo per la sua bellezza e per la testimonianza dei rapporti strettissimi tra Brescia e la Serenissima a partire dal 1426. È prezioso anche perché fu dipinto proprio nel periodo bresciano di Lotto e perché l’artista vi ha introdotto originali particolarità iconografiche: lo scoiattolo, capace di “sentire” il pericolo prima di altri animali, spunta a fianco del Bambino che un po’ si spaventa; e lo stesso Cristo si appoggia su una piccola bara. Entrambi sono segnali premonitori del suo martirio. Nella stessa sala “rinascimentale” campeggia il Sansone e Dalila di Romanino, ma lo sguardo viene rapito anche dalla pala di Vincenzo Foppa e da un intenso San Gerolamo leggente di Moroni.
Sulla carta, Moroni e Moretto non dovrebbero avere rivali nel campo della ritrattistica, a cui è dedicata la seconda sezione. Eppure il meno noto Fra Galgario si rivela con tutti gli splendori delle sue lacche, e lo sfumato dei due volti di giovani fa comprendere perché il pittore avesse raggiunto un notevole successo. Sommo ritrattista fu anche Ceruti: dei nobili imparruccati vestiti sontuosamente mette in luce senza pietà tutti i difetti fisici, mentre con i “pitocchi” – da cui prende il soprannome, Pitocchetto – è gentile, li tratta come figure maestose e ricche di nobiltà d’animo (peraltro a Ceruti il Museo di Santa Giulia di Brescia dedica una monografica appena inaugurata). Seguono le sezioni sul Barocco e sul Settecento – occhi puntati su Antonio Cifrondi! ‒, sugli still life che comprendono le celebri nature morte con strumenti musicali di Evaristo Baschenis e sulla pittura di genere. Qui lo sguardo si perde in particolare fra le miriadi di nanetti insidiati da enormi animali: sono le spassosissime tele di Faustino Bocchi e di Enrico Alberici.
Nel percorso fanno capolino, tra tante opere provenienti da collezioni private, alcune “chicche”: il curatore Davide Dotti, con autentico fiuto da segugio, ha rintracciato alcuni capolavori scomparsi dalla scena artistica da molti anni, come il Suonatore di colascione di Ceruti e L’uomo delle carni di Antonio Rasio, una tela inedita in cui il pittore ha concepito un inquietante ritratto alla “maniera di Arcimboldo”, utilizzando esclusivamente carni e pollame pronti per essere infilzati sullo spiedo.
CIBO, URBANISTICA, PONTEFICI E MUSICISTI
Il primo approfondimento è dedicato al cibo: dallo spiedo, sovrano della gastronomia bresciana, alla polenta taragna e ai casoncelli che il duo Bertozzi & Casoni ha perfettamente imitato in ceramica. Assai interessanti le sale dove si ripercorrono gli interventi di Marcello Piacentini che ha cambiato il volto di alcune zone di Bergamo e Brescia negli Anni Venti e Trenta del Novecento. E poi si indaga il rapporto dei due papi Giovanni XXIII e Paolo VI con l’arte e con gli artisti. Angelo Giuseppe Roncalli, bergamasco, fu strettamente legato a Giacomo Manzù, autore tra l’altro della Porta della Morte in Vaticano; Giovanni Battista Montini, bresciano, si interessò all’arte contemporanea, raccogliendo una collezione – parte della quale è esposta in mostra – che comprende lavori di Picasso, Chagall, Dalí, Guttuso. Last but not least, la musica è testimoniata attraverso i fabbricanti di strumenti, i compositori – in primis Gaetano Donizetti – e gli esecutori come Arturo Benedetti Michelangeli.
Marta Santacatterina
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