Venezia. Piovono critiche per Terrence Malick
Un sequel malriuscito di The Tree of Life. È più o meno il refrain che attornia il film che Terrence Malick presenta a questa Mostra del Cinema di Venezia. Ma “To the Wonder” non merita di essere liquidato in tal modo. Perché a guardarlo con più calma, probabilmente si scoprirà una pellicola certo minore, ma nient’affatto scontata.
All’apice del loro amore, Neil (Ben Affleck) e Marina (Olga Kurylenko) visitano insieme Mont St. Michel, nota in Francia come La Meraviglia. Il percorso che decidono di intraprendere insieme li porterà in Oklahoma, dove i sentimenti della coppia prenderanno direzioni inattese. Le loro vicende si intrecciano con quelle di altri personaggi, ognuno dei quali si porta dietro il proprio vissuto, le proprie speranze, delusioni e insicurezze: Jane, amica di infanzia di Neil (straordinaria Rachel McAdams, seppure in un ruolo minore) e padre Quintana (Javier Bardem) in lotta per la sua vocazione.
“I wonder if it’s possible to have a love affair that lasts forever”. Con queste parole Andy Warhol si interrogava sull’amore, chiedendosi se fosse possibile farlo vivere per sempre. Pare essere lo stesso dilemma che affligge Terrence Malick in To the Wonder, che torna a indagare su questi temi senza voler stavolta risolvere il mistero della vita e dell’universo, come fece in The Tree of Life (che gli valse la Palma d’oro al Festival di Cannes 2011), fermandosi invece a una dimensione più intima e raccolta, come se stessimo passando da un campo lunghissimo a un primo piano, come in un estremo zoom all’indietro.
Se infatti nel suo precedente lavoro il regista spinse la ricerca all’interno della famiglia, dove ha origine il miracolo della nascita, fino alla creazione del mondo, in To the Wonder preferisce rimanere totalmente concentrato sul rapporto di coppia, analizzando in chiave metafisica tutte le stagioni dell’unione: passione, compassione, noia, dovere, sofferenza, incertezza. Dove finisce l’amore? Quando, e perché, si spegne quella magia che mostra agli amanti un mondo pieno di luce? Cos’è che ci fa sentire prima uniti e cosa, di colpo, ci divide? Un giorno tocchi il cielo con un dito, il giorno dopo tutto è indifferente, salvo poi ritrovare la stessa scintilla in un altro sguardo, in un altro corpo, in un altro intreccio di mani. Malick ci pone di fronte a queste e ad altre infinite domande e ne cerca le possibili risposte aggirandosi nelle case, nelle camere e nei sentimenti dei suoi personaggi, utilizzando la macchina da presa come un entomologo utilizza il proprio taccuino di appunti.
Per la sua indagine il regista sceglie la cifra stilistica “metafisica”, che lo contraddistingue ormai dai tempi de La sottile Linea Rossa: brevi bisbigli in voice over, campi lunghissimi che si alternano a primissimi piani, dettagli, macchina a mano e filiformi donne volteggianti. Troppi? Può darsi.
Certo, ce ne siamo accorti: To the Wonder è dannatamente simile a The Tree of Life. E d’accordo, siamo di fronte a un film “minore” nella produzione di un autore che impiegava anni a mettere in cantiere una nuova pellicola, mentre stavolta gliene basta solo uno per realizzare una costola della sua opera precedente, come avesse sentito la necessità di puntualizzare qualcosa che era rimasto fuori dalle sue riflessioni. Non ci è neppure sfuggito, però, che siamo davanti a un’opera piena di bellezza e di sfumature, e per poter leggere le sfumature occorrono pazienza e impegno. Se si è disposti a partecipare al gioco, To the Wonder offre l’opportunità di salire insieme a Malick i gradini fino alla Meraviglia. Forse non è un film perfetto, ma francamente parlare di questo sarebbe un po’ come guardare il dito mentre il saggio indica la Luna.
Beatrice Fiorentino
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