Infocrazia, verità e complotto nel nuovo saggio di Byung-chul Han
Quali sono gli effetti della digitalizzazione sulla democrazia? A chiederselo nel suo nuovo saggio è il filosofo Byung-chul Han, la cui ricerca si orienta sugli effetti del neoliberismo nella società contemporanea. È autore di volumi come “La società senza dolore” e “Le non cose”
Il saggio Infocrazia di Byung-chul Han si apre con l’immagine del flagship store della Apple di New York: un cubo di vetro trasparente. Se nel volume precedente, Le non cose, il filosofo s’interrogava sulla percezione del mondo, in questo libro indaga lo spietato dominio dell’informazione partendo proprio dal presupposto della trasparenza. Solo apparentemente rassicurante, la trasparenza sarebbe, al contrario, un processo di sottrazione, operato da una regia occulta, che sfrutta l’isolamento del cittadino o l’aggregazione in “sciami digitali” orientati da influencer. Questo regime usa le singolarità, secondo Byung-chul Han, per creare profili comportamentali. L’infocrazia decentrata e rizomatica è dominata dalla centralità di un comportamento privato eccedente, che fa sparire l’altro, l’interlocutore, rendendoci incapaci di ascoltare. La fine dell’agire comunicativo produrrebbe, secondo questa tesi, una cultura che sostiene una conoscenza interamente basata su dati informatici, dove Big data e AI garantiscono uno sguardo divino e dove si avvalora la teoria behaviorista dell’informazione. Quando si considerano le azioni umane, giudicandole nella misura in cui aumentano o diminuiscono il benessere umano o “utilità”, si arriva a valutare il comportamento come la principale materia di interesse del sociale. Nel saggio di Byung-chul Han l’espressione “behaviorismo digitale” è usato per definire una degenerazione del comportamentismo, cioè una sua declinazione in funzione della previsione e della guida delle azioni.
DALLA DEMOCRAZIA AI DATI
Questo saggio snello, ma al contempo denso e preciso, è una puntuale analisi di un regime che sostituisce la democrazia con un nuovo totalitarismo, il regime dei “Dataisti”. I Dataisti sognano questa società senza sociale, che procede senza politica, soddisfatti di aver rotto il processo democratico con lo stordimento di una informazione euforica. All’epoca dei mass media elettronici, quella della televisione per capirci, eravamo ancora in piena mediocrazia, un regime, cioè, che sfruttava una teatralità da cui emergeva il dominio stabile dell’immagine. Questa posizione, dice Byung-chul Han, sarebbe stata del tutto destabilizzata dal regime infocratico, che, instabile per natura, è così rapido da mettere in crisi ogni discorso. Nel regime dell’influencer non sarebbero più ammesse qualità di argomentazione, bensì solo potenziali d’eccitazione. Partendo dalle teorie di Michel Foucault sul potere, il filosofo riprende, in sostanza, le argomentazioni di Shoshana Zuboff vanificando la speranza di un riscatto. Così, soffermandosi sulla campagna elettorale di Donald Trump, Byung-chul Han sottolinea come lo scambio di informazioni infarcito di meme sia in realtà solo uno scambio tra unità funzionali che garantiscono una produttività ancora una volta incentrata sulla capacità di pianificare, controllare e condizionare. Tutto questo contrapporrebbe una visione dei Dataisti fondata sul presente a quella stabilizzata dalla durata ancora presente nella narrazione di una realtà fattuale. Ciò comporterebbe una distinzione tra informazioni additive e cumulative e verità narrata ed esclusiva.
LA QUESTIONE DELLA VERITÀ SECONDO BYUNG-CHUL HAN
Generando un vuoto trasparente si produrrebbero, pertanto, un disorientamento e una crisi di verità. Ecco, quindi, spiegato perché il fenomeno più diffuso nell’infocrazia sono proprio le teorie del complotto. Questo prodotto della crisi narrativa si avvale della eccessiva frammentazione di un processo già promosso dalla postmodernità. Portato all’eccesso dalle micronarrazioni, questo processo fornisce risorse identitarie e di significato gestibili facilmente in un’epoca post ideologica. Dal terrore per l’eccesso di conteggio, com’è avvenuto con i numeri funesti della pandemia, s’apre al desiderio di una nuova narrazione fatta a suon di spiegazioni la cui totalità di temi è l’unico conforto in un panorama dominato dal nichilismo informatico. Il tratto determinate e antidemocratico di questo nichilismo digitale, per l’autore, si baserebbe sulla perdita del coraggio della verità. La “parresia”, un termine mutuato dall’ultimo Foucault per definire un discorso che si occupa e si preoccupa della verità, non avrebbe alcun senso per mancanza di riferimento alla verità. Ciò sarebbe anche dovuto a un distacco dalla realtà dei fatti e, quindi, dalla possibilità di immaginare un futuro. Chiudendo una similitudine platonica, Byung-chul Han definisce l’odierno intrappolamento nella caverna digitale (sic) quale silenziosa condizione di offuscamento data dalla fugacità conseguente alla polverizzazione della verità, nell’informazione.
Marcello Carriero
Byung-chul Han – Infocrazia
Einaudi, Torino 2023
Pagg. 88, € 12,50
ISBN 9788858441459
https://www.einaudi.it/
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