Architektur-Karneval a Venezia
“Una costosa danza della morte”. E poi questa: “Una vanitosa messa in scena in cui l’architettura sta sprofondando nel nulla”. È così la Biennale di Architettura in corso? Sì, secondo Coop Himmelb(l)au. Che naturalmente nessuno ha chiamato a farne parte.
E il guru austriaco dell’architettura Wolf D. Prix, in arte Coop Himmelb(l)au, nome eccellente dello studio di progettazione da lui fondato a Vienna nel 1968, polemizza fortemente verso la 13. Biennale di Architettura di Venezia. Se la prende di brutto con tutti, in primis col direttore della mostra David Chipperfield, quindi con quelli che vi hanno partecipato. Un j’accuse riassunto in un concetto: banalità!
Così, dopo le sue accuse al vetriolo che hanno fatto il giro del mondo, ha pensato che, per far arrivare chiare e distinte le proprie critiche alle orecchie di molti che contano tra i suoi connazionali, qualora costoro si fossero distratti un attimo, toccava inviare anche una bella lettera aperta a Der Standard, uno dei maggiori quotidiani austriaci che, ricevuta la missiva, l’ha pubblicata nel numero di sabato/domenica dell’1-2 settembre.
Nulla di straordinario il fatto che in Austria, come in altri Paesi europei, i migliori giornali diano risalto pressoché ogni giorno a un qualche tema di architettura (fatti, personaggi, progetti, propositi, utilità, costi, dibattiti, interviste, polemiche, critiche ecc.); questo, non solo per suscitare interesse verso la cultura dell’habitat e dell’ambiente, ma anche come esercizio di trasparenza, onde evitare il più possibile corruzioni e ruberie in un campo che si presta molto.
Nella lettera in questione, le critiche di Wolf D. (come Dieter) Prix alla mostra veneziana appena aperta sono quelle già da lui espresse e divulgate altrove (prontamente intercettate e riferite da Artribune).
“Una costosa danza della morte… una vanitosa messa in scena… con un’architettura che sprofonda nel nulla” e altro ancora, dove s’intuisce – questa è l’impressione – che solo un genio la poteva salvare. Quando poi Prix invita tutti a prendere più sul serio l’architettura, le parole del guru viennese sembrano perle di saggezza che condannano le forme di puro esibizionismo narcisistico. Ma guarda caso, queste sembrano le medesime critiche che in molti, e da sempre nell’ambiente, hanno rimproverato al mittente della lettera, dandogli del progettista afflitto da egocentrismo non senza la complicità di certi poteri forti.
Sta di fatto che per il guru di cui sopra, ultimamente, il vento non soffia in poppa, soprattutto dalle parti di casa sua, ma anche altrove. D’altronde alla biennale nessuno lo ha convocato. E allora, sarà stato mica uno sfogo acido, un puro risentimento, questo suo agguato all’attuale mostra veneziana? Magari solo per dire: “Io sono ancora qua, parliamone!”.
Perché poi, a monte, altri episodi possono spiegare l’“incazzatura”. Prendiamo il recente concorso per l’ampliamento di 7.000 mq dell’edificio novecentesco della sede della Universität für angewandte Kunst, l’Università delle Arti Applicate di Vienna, che rilascia lauree di prestigio anche in architettura. Prix, pur ricoprendovi incarichi di docente e addirittura di vicerettore, ha partecipato al concorso. Un concorso come si deve, che non per nulla faceva gola ai big, dal momento che altri progettisti di nome non si son lasciati sfuggire l’occasione, vedi un veterano come Hans Hollein, vedi Zaha Hadid, che in tale università è a tutti gli effetti docente di ruolo. Nella giuria del concorso, persino nomi notissimi e qualificati di estrazione internazionale come il teorico di Harvard Sanford Kwinter, il fondatore dello storico gruppo d’avanguardia Archigram Peter Cook, Odile Decq, Benedetta Tagliabue. Ecco, è andata a finire che il progetto vincitore è risultato quello di Wolfgang Tschapeller. Chi è costui? Proprio l’architetto che nel frattempo era stato prescelto per creare l’installazione da esibire nel Padiglione austriaco alla 13. Biennale di Architettura. E che ora a Venezia sta facendo la sua bella figura.
Era il rigido febbraio di quest’anno quando fu proclamato l’esito del concorso. Nel giro di poco tempo, con tanto di polemiche moraleggianti che i più hanno stentato a capire, il 69enne Wolf D. Prix, a un passo dalla pensione, ha dato le dimissioni da entrambi i suoi incarichi nella rinomata università viennese. Certi analisti supposero che quelle dimissioni volevano essere un atto dimostrativo della persona colpita nel suo orgoglio, una presa di distanza per via di un certo smacco al proprio talento; tutto sommato, un urlo che reclama riconoscenza. Così che qualcuno – chi di dovere – aveva l’obbligo morale di apprezzarle come nobile gesto, quelle dimissioni, respingendole doverosamente d’istinto e a furor di popolo. Invece le cose hanno preso una piega diversa: nessun furor di popolo e, chi di dovere, l’urlo di Prix non l’ha udito. O forse peggio: ha fatto finta di non sentire.
Franco Veremondi
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