I libri di Roald Dahl censurati. Modifiche necessarie o cancel culture?
Penna affilata e irriverente, l’autore britannico ha scritto nella seconda metà del Novecento romanzi per ragazzi entrati nell’immaginario collettivo. In accordo con gli eredi, l’editore Puffin Books ha rivisto termini e passaggi dei suoi libri incompatibili con la sensibilità odierna. Ma fioccano le polemiche
“Grasso”, “brutto”, “pazzo”. Sono le parole incriminate sparite dai libri più noti di Roald Dahl nella riedizione curata da Puffin Books, d’accordo con gli eredi dello scrittore inglese, celebrato autore di romanzi per l’infanzia che hanno conquistato generazioni di piccoli lettori. L’epurazione dei termini sul banco degli imputati, in nome di un sempre più abusato politically correct, sarebbe stata operata per non offendere nessuno, evitando riferimenti potenzialmente lesivi su peso, appartenenza culturale e genere (in alcuni passaggi si cerca anche di “modernizzare” l’immagine della donna – sostituendo per esempio “female” con “woman” – e della famiglia: non più “mother and father”, meglio “parents”), facendo sì che “tutti, al giorno d’oggi, possano continuare a godere dei racconti di Dahl”.
COME CAMBIANO I TESTI DI ROALD DAHL
Al bando, dunque, tutte le parole non inclusive, così che per esempio, in Charlie e la Fabbrica di cioccolato il personaggio di Augustus Gloop, ricco ragazzino viziato, non sarà più “enormemente grasso”, ma semplicemente “enorme”; mentre i buffi Umpa Lumpa non saranno più descritti come “piccoli uomini”, ma come “piccole persone”. Un’operazione di cesello che ha comportato una diffusa riscrittura di dieci degli oltre venti libri per bambini firmati da Roald Dahl, scomparso nel 1990, nella sua lunga e prolifica carriera: Il Telegraph, che testi alla mano ha confrontato le nuove edizioni con le pubblicazioni precedenti, ha contato centinaia di modifiche, più o meno estese, dalla semplice cancellazione di un termine alla revisione di descrizioni fisiche e giudizi pungenti che riflettono il punto di vista di un uomo cresciuto nella prima metà del Novecento. Senza contare cambiamenti sostanziali: la Matilde protagonista del romanzo omonimo, per esempio, non legge più Rudyard Kipling, scrittore influenzato dalla mentalità colonialista ottocentesca, ma Jane Austen.
LE POLEMICHE CONTRO LA CANCEL CULTURE
Ma la Roald Dahl Story Company, che gestisce i diritti dei romanzi dello scrittore e ha collaborato con Puffin nell’aggiornamento dei testi, assicura che lo spirito irriverente peculiare dell’autore è stato rispettato e sottolinea come di frequente la riedizione di vecchi libri comporti la revisione del linguaggio utilizzato in passato. E nel caso specifico, aggiungono i fautori dell’iniziativa, si è trattato di “piccole modifiche, attentamente ponderate”, operate in collaborazione con Inclusive Minds, collettivo concentrato sull’agevolare i processi di inclusione e accessibilità nella letteratura per l’infanzia. Giustificazioni preventive che non hanno scongiurato le polemiche. Il più caustico è lo scrittore Salman Rushdie, che evoca senza mezzi termini la censura: “Roald Dahl non era un angelo, ma questa è un’assurda censura. Puffin Books e gli eredi di Dahl dovrebbero vergognarsi”. Ma è trasversale il movimento contrario all’idea di riscrivere le opere di uno degli scrittori di romanzi per ragazzi più apprezzati del Novecento. Suzanne Nossel, ceo di Pen America, comunità di oltre 7mila scrittori che sostengono la libertà di espressione, sottolinea che “l’editing selettivo per rendere le opere letterarie conformi a particolari sensibilità potrebbe rappresentare una nuova pericolosa arma”. Nel mondo anglosassone si registrano precedenti di cancel culture editoriale nei confronti dei libri di Richard Scarry e del Dr Seuss (autore del Grinch).
ROALD DAHL, LA CENSURA E LE ACCUSE
In questo caso l’editore si è preoccupato di segnalare le modifiche con una breve nota inserita nel colophon dei libri: “Le parole sono importanti […] Questo libro è stato scritto tanti anni fa e quindi ne rivediamo regolarmente il linguaggio”. Non è la prima volta, peraltro, che i testi di Roald Dahl subiscono modifiche. Rispetto ad alcuni riferimenti considerati razzisti presenti nella prima versione di Charlie e la Fabbrica di cioccolato (1964), infatti, lo scrittore in prima persona ricorse ad alcuni accorgimenti per evitare di associare gli Umpa Lumpa a “pigmei neri della giungla africana” resi schiavi da Willy Wonka, com’erano inizialmente descritti. Diversa però è l’operazione avviata da Puffin Books a partire dal 2020, a trent’anni dalla scomparsa di Dahl, e dunque percepita dal fronte degli oppositori come un tradimento dell’autore, non esente da critiche per il suo approccio irriverente già all’apice del successo: nel 1983, a seguito dell’uscita del libro Le Streghe, Dahl fu anche tacciato di misoginia.
Livia Montagnoli
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