Futuro Antico. Intervista allo storico delle religioni Giovanni Filoramo
Individualismo, crisi ambientali e destino. Ne abbiamo parlato con Giovanni Filoramo, professore emerito di Storia del Cristianesimo all'Università di Torino
Professore emerito di Storia del Cristianesimo all’Università di Torino, Giovanni Filoramo si è occupato di vari aspetti della storia del Cristianesimo antico, dello gnosticismo e delle sue fortune, di storiografia e metodologia storico-religiosa, della situazione religiosa contemporanea, del rapporto Chiesa-modernità. Autore di molti libri, ha promosso una serie di iniziative editoriali relative agli studi storico-religiosi e curato una Storia della direzione spirituale (Morcelliana) in tre volumi, e Religione e modernità (Einaudi) in quattro volumi.
Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Fin da giovane ho guardato alla letteratura e alla musica (classica soprattutto) come due fonti fondamentali di ispirazione. Che cosa hanno avuto per me – e continuano ad avere – musica e letteratura come fonti di ispirazione? Direi soprattutto una cosa: ricordarmi che esiste un’altra dimensione della vita che trascende la vita di ogni giorno in cui siamo immersi (e in cui spesso e volentieri ci perdiamo). Mi limito a una considerazione sulla musica classica. Essa ha per me – oltre naturalmente al puro piacere dell’ascolto – una funzione direi “ascetica”. Ascoltarla mi costringe, grazie anche a un minimo di conoscenze tecniche, a uscire temporaneamente dai miei quadri mentali per cercare di entrare in un altro mondo, guidato da proprie regole (armoniche ecc.). L’altro aspetto è la dimensione ascetica in quanto dimensione spirituale di fuga mundi. L’ascolto, che so?, delle Variazioni Goldberg di Bach, anche se sentite innumerevoli volte, ogni volta mi tocca per qualche parte che mi era sfuggita o mi commuove per qualche passaggio pur familiare. Le emozioni profonde che essa suscita possono essere e sono una continua sorgente di ispirazione quando, abbandonato questo mondo sublime, si deve tornare alla vita quotidiana.
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Come docente universitario ho promosso diversi progetti di ricerca su tematiche storico-religiose che mi interessavano particolarmente. Forse però il progetto che mi rimane più caro e a cui ho dedicato molte energie è un Centro di alti studi che all’inizio del 2000 ebbi la possibilità di fondare a Piacenza grazie a un cospicuo finanziamento ottenuto da una fondazione bancaria locale. Questo progetto mi ha permesso per una decina d’anni, da un lato, di bandire ogni anno borse post-doc (postdottorali) in materie storico-religiose all’epoca mancanti, dall’altro, con l’aiuto di colleghi e amici appartenenti a settori disciplinari diversi, di promuovere ogni anno un convegno e più seminari su tematiche importanti. È stata un’esperienza molto positiva. Il confronto con giovani di valore, italiani ma anche stranieri, è uno degli aspetti più belli e stimolanti del mio lavoro. Promuoverne e seguirne le ricerche, impegnandosi poi ad aiutarli a pubblicarle in un’apposita collana è stata un’esperienza molto positiva.
Che importanza ha per te il genius loci all’interno del tuo lavoro?
Ho difficoltà a rispondere a questa domanda. Ho partecipato a diversi convegni ad Ascona nella sede della Fondazione Eranos, in cui Jung ha recitato fino alla morte per più di trent’anni un ruolo determinante. Per Jung lì c’era il suo genius loci. Nel senso junghiano, cioè di un luogo particolare che si ritiene abbia esercitato sulla propria vita un influsso decisivo, non ho un vero e proprio genius loci. Piuttosto, per rimanere a Jung, credo nelle circostanze. Ho avuto innumerevoli occasioni in cui mi è capitato di dover constatare che circostanze, eventi e persone che non avevano nulla in comune stranamente si ritrovavano a coincidere nella mia vita, in genere in senso positivo per il mio lavoro, come se ci fosse una mano misteriosa che li guidasse e ne incrociasse i destini, naturalmente a mio favore. Se vuoi, era il mio genius loci.
PASSATO E FUTURO SECONDO GIOVANNI FILORAMO
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Premetto che non sono né sono mai stato un credente. La mia passione per la storia ha radici giovanili e il mio interesse per lo studio delle religioni ha un fondamento antropologico: ritengo che lo studio delle religioni, soprattutto nei loro aspetti apparentemente più irrazionali, sia una via di accesso privilegiata per comprendere meglio la natura umana e l’alone di mistero che la circonda. In questo senso, sono convinto che il passato sia fondamentale per costruire il nostro futuro. Rimanendo sul terreno dei miei studi, potremmo per esempio domandarci: in questa nostra epoca sempre più tecnologica e proiettata verso il postumanesimo ci sarà ancora spazio per le religioni? Io penso proprio di sì. Le religioni sono una componente insostituibile del nostro essere uomini. Sono destinate dunque, nel futuro prossimo, a conoscere cambiamenti profondi ma non a scomparire. E se si vuole comprendere l’importanza e il ruolo che svolgeranno è necessario guardare al loro passato.
Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Uno solo: essere veramente appassionato del mio tipo di studi. Se c’è la passione, si potranno poi affrontare le varie difficoltà che oggi più che mai incontra un giovane che voglia affrontare una carriera tipo la mia.
In un’epoca definita della post-verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Certo. Vengo dal pubblicare un saggio Sulle tracce del sacro in cui analizzo i processi di sacralizzazione sempre più diffusi nella società contemporanea, dal sacro della natura tipico di certi gruppi ambientalisti al sacro tecnologico o politico. Dunque, contrariamente a quanto si pensava quando ero giovane e si scrivevano libri sull’eclisse del sacro, oggi il sacro è quanto mai vivo e vegeto. Solo che è un sacro secolare, per così dire orizzontale. A differenza di quello religioso, che prendeva a prestito simboli e miti dalle religioni tradizionali ed era radicato in una trascendenza, questo sacro secolare è del tutto immanente e si alimenta dei nuovi miti creati dalla tecnologia o dall’ambientalismo
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Non sono uno scienziato e ho una certa età. Dunque, non sono portato a credere nelle “magnifiche sorti e progressive” e sono piuttosto preoccupato per certi processi di fondo che caratterizzano la società contemporanea. Premesso per chiarezza ciò, vedo tre fattori sempre più dominanti. Il primo è evidentemente legato agli incredibili sviluppi dell’Intelligenza Artificiale: credo che questo sarà sempre più il fattore dominante, con un rivolo di conseguenze difficilmente prevedibile. Il secondo fattore è culturale. Vedo segni di crisi dell’individualismo libertario sinora dominante, con tanti positivi effetti, ma anche mortalmente corrosivo del vivere sociale. Penso che tendenze comunitaristiche, la ricerca di nuovi vincoli sociali, oggi ancora embrionali, siano destinate a crescere e, spero, a imporsi come correttivi (l’alternativa è la fine del nostro tipo di società, a cominciare dal sistema democratico). Il terzo fattore è legato alla crisi ambientale. La svolta “verde” è destinata a imporsi non solo sul piano del contenimento delle emissioni ma anche nelle coscienze collettive: il compito futuro e prioritario dei giovani.
Marco Bassan
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