Arte in Memoria. Torna nella Sinagoga di Ostia Antica la biennale d’arte contemporanea
La biennale internazionale di arte contemporanea si ripete nel sito archeologico dal 2002 e quest’anno celebra l’undicesima edizione. L’idea di Adachiara Zevi è quella di attivare la memoria di un luogo di cultura, esaltando il rapporto tra architettura e arte
Tra impianti termali, basiliche ed edifici monumentali, templi e magazzini, il sito archeologico di Ostia antica conserva traccia anche di una precoce presenza ebraica nel contesto multiculturale della città romana: edificata nella seconda metà del I secolo d.C., la Sinagoga di Ostia è una delle più antiche testimonianze dell’ebraismo della diaspora. Scoperta nel 1961 durante i lavori di costruzione della strada diretta all’aeroporto di Fiumicino, attualmente presenta una serie di ambienti affacciati su un corridoio, tra cui una sala per le riunioni e una sala maggiore, dove si custodiva l’arca con la Torah, ma anche una cucina con forno, un ambiente destinato al bagno rituale, un’edicola per il deposito dei rotoli della Legge.
ARTE IN MEMORIA ALLA SINAGOGA DI OSTIA ANTICA
Nel 2002, l’edificio è stato scelto dalla storica e critica d’arte Adachiara Zevi per farne il fulcro della biennale internazionale di arte contemporanea Arte in Memoria. Quest’anno, la manifestazione celebra la sua undicesima edizione, esponendo gli interventi site specific di Francesco Arena, Maria Eichhorn e Paolo Icaro (la mostra è visitabile fino al prossimo 16 aprile). L’iniziativa insiste sul valore della memoria, da cui la nostra cultura è ossessionata, senza però riuscire a contrastare con efficacia la tendenza all’oblio. E crede nella possibilità di interpellare l’arte contemporanea sul tema, perché possa attualizzare la storia, diventando testimonianza etica, civile e culturale del rapporto con il nostro passato: “L’arte è uno strumento straordinario per la trasmissione della memoria. Il legame con la storia si è perso a vantaggio del protagonismo dei testimoni, che sono indispensabili, ma devono affiancare il racconto storico, quello c’è e resterà. E la realizzazione di iniziative sulla memoria non deve avere un aspetto effimero ed episodico, la memoria ci deve accompagnare quotidianamente” spiega Adachiara Zevi “Quest’idea accomuna le pietre d’inciampo (che Zevi ha “importato” in Italia, ndr) e la biennale di Ostia”. L’idea nasce dalla vicenda della Sinagoga di Stommeln, in provincia di Colonia, sopravvissuta al nazismo dove dal 1990 a oggi, ogni anno, un artista è invitato a creare un lavoro originale per il luogo. Anche a Ostia antica, gli artisti coinvolti sono chiamati a trasformare un luogo di culto in luogo di cultura, presentando un’opera appositamente pensata per la Sinagoga: “La Sinagoga di Ostia è un luogo emblematico del rapporto tra storia e memoria, perché ogni sinagoga è memoria del Santuario, ha elementi che la identificano come tale, ma sul piano architettonico assorbe le caratteristiche del luogo in cui si trova. La nostra ha un impianto basilicale, i mosaici bicromi, le murature in opus reticolatum. Il luogo ha una sua forte identità e al tempo stesso dialoga con la cultura locale. Ospitare gli artisti significa rifar vivere questo posto come luogo di cultura, peraltro in uno spazio ancora consacrato. Noi in Italia siamo stati i primi a fare una mostra di arte contemporanea in un sito archeologico”.
GLI ARTISTI DI ARTE IN MEMORIA 2023 A OSTIA
Memorabile, in tal senso, fu la prima edizione del 2002, quando la rassegna riunì le riflessioni di molti autori (dodici in tutto) provenienti da Paesi diversi, da Arnold Dreyblatt a Emilio Fantin, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Marisa Merz, Giulio Paolini, Gail Weinstein. All’epoca, con l’obiettivo di avviare una collezione di opere d’arte contemporanea in un sito archeologico, Sol Lewitt e Gail Weinstein donarono le loro opere (rispettivamente Senza Titolo e Blaster); negli anni a venire l’esempio sarebbe stato seguito da Pedro Cabrita Reis (Untitled, 2005), Liliana Moro (Stella polare, 2011), Michael Rakowitz (Gheniza, 2013), Stih&Schnock (Sinergia, 2015), Ariel Schlesinger e Horst Hoheisel (2017). Mentre la grande sagoma di Golia scavata da Ruth Beraha è testimone della decima edizione del 2019 (quando il numero complessivo degli artisti partecipanti alle diverse edizioni ha toccato quota 50). Le opere, in dialogo permanente con le rovine, sono visibili dalla strada che collega gli Scavi di Ostia all’aeroporto di Fiumicino. “Arte in memoria ha tempi lunghi che contrastano l’episodicità. Gli artisti devono venire, pensare il progetto, realizzarlo. Mi interessa il cortocircuito che si instaura nell’incontro” spiega ancora Zevi “L’opera è frutto di questo incontro e il luogo si arricchisce. Penso a Daniel Buren, che si è ispirato al frammento di un mosaico antico, o all’enorme gabbia con uccelli di Jannis Kounellis, per riportare la vita in uno spazio archeologico destinato a essere luogo morto. Sol Lewitt, invece, ricostruì abside dell’armadio dove c’erano i libri, però collocandola sul prato antistante la Sinagoga. Si intuisce la fonte di ispirazione, ma diventano opere autonome. Il rapporto tra arte e architettura mi interessa moltissimo: ognuna delle due mantiene la sua identità, ma nel dialogo si arricchiscono l’un l’altra. E la memoria non è necessariamente la memoria della Shoah.
Su queste basi la rassegna, documentata puntualmente con la pubblicazione dei cataloghi relativi alle rispettive mostre, ha favorito sodalizi e connessioni, e un sito online conserva l’archivio del progetto, oltre a consentire la consultazione della mappa delle installazioni, cui ora si aggiungono la Colonna (Io ero una pietra, io sarò una pietra) di Francesco Arena, l’opera Porre due pietre dal lago di Tiberiade su un muro della Sinagoga di Ostia antica (le pietre creano un legame tra Israele e la diaspora, evocando un’usanza dei cimiteri ebraici, ma il progetto contempla anche il restauro di un mosaico pavimentale della Sinagoga e la redazione di un libretto) di Maria Eichhorn e Memoria del filo della memoria di Paolo Icaro, un ritorno per l’artista che già aveva lavorato al Filo della memoria, e ora lo aggiorna.
Livia Montagnoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati