Muore a 78 anni Peter Weibel, artista e curatore precursore della New Media Art
A dare notizia della scomparsa di Weibel è lo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe, museo dedicato all’indagine del rapporto tra arte e tecnologia che dirigeva dal 1999. Ne ripercorriamo vita e carriera
È morto a 78 anni Peter Weibel, artista, curatore e teorico della New Media Art. A dare la notizia della sua scomparsa è stato, attraverso una nota, lo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe in Germania, museo che il curatore dirigeva dal 1999: “Weibel ha lasciato il segno nel mondo dell’arte con il suo potere visionario, la sua vasta conoscenza e il suo coraggio”.
PETER WEIBEL, IL PIONIERE DEL RAPPORTO ARTE-TECNOLOGIA
Nato a Odessa nel 1944, Weibel è cresciuto in Austria, per poi studiare francese e cinematografia a Parigi. Nel 1964 inizia a studiare medicina a Vienna, per poi dedicare i suoi studi alla matematica. Dall’incontro tra l’impostazione logica della matematica e le riflessioni semiotiche e linguistiche ispirate dal pensiero di Austin, Jakobson, Peirce e Wittgenstein, Weibel inizia a sperimentare in ambito artistico, per mezzo di performance, film, video, utilizzando per primo strumenti tratti dal mondo dell’audiovisivo e non solo. Dopo aver partecipato a performance degli Azionisti Viennesi, nel 1972 realizza un’azione televisiva che rifletteva sull’utilizzo della tecnologia video come strumento di comunicazione di massa. “Environment del linguaggio: è il contesto di filosofi, scrittori, poeti e pensatori in cui sono cresciuto negli Anni Sessanta, che mi ha portato a comprendere il potere performativo del linguaggio, a quel tempo assunto dalla critica come strumento predominante di percezione e di lettura della realtà”, raccontava Weibel ad Artribune in un’intervista del 2016. Da questa esperienza adolescenziale la mia attenzione si concentra, già dal 1964, sull’espansione dei tools del linguaggio: ossia sugli attrezzi del linguaggio, che, da un lato, ne emancipano l’accesso e, dall’altro, ne circoscrivono i perimetri, ingabbiando l’azione creativa. Prima ancora della teoria di McLhuan stavo già lavorando sulla cibernetica, edotto dagli ultimi membri del Wiener Kreis in merito alle correlazioni tra struttura logica del linguaggio e struttura logica dell’universo: il limite del mondo non è il limite del linguaggio, come sosteneva Wittgenstein, il limite è dato dai tools, di cui elaboro, nel 1984, il primo libro di computer aesthetics, e di cui sviluppo le ricadute in Net Condition (1989): una mostra-indagine sulla rete e i suoi condizionamenti sulle relazioni sociali”.
LA POLIEDRICITÀ DI PETER WEIBEL
La sua indagine concettuale e pratica ha portato Weibel a dedicarsi anche alla musica: negli anni Settanta insieme a Loys Egg ha fondato la band Hotel Morphila Orchester per poi sperimentare negli anni Ottanta e Novanta l’utilizzo dei computer per elaborazioni video e installazioni. Tutte teorie e pratiche, queste, che appaiono scontate oggi, e che Weibel ha anticipato e preannunciato con la sua visione: l’utilizzo delle tecnologie digitali nel mondo dell’arte, fino al più contemporaneo fenomeno degli NFT. È stato professore universitario e direttore di Ars Electronica a Linz in Austria e dell’Institute for New Media di Francoforte. Lo spazio in cui le teorie di Weibel hanno trovato concretizzazione con una programmazione mirata all’indagine del rapporto tra arte e tecnologia è lo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe: “tutta l’attività espositiva, di ricerca e di archivio allo ZKM è espandere il linguaggio performativo come soggetto-critico, contro la personalizzazione come promessa di libertà”, ci raccontava Weibel. “‘Global control censorship’ (1999), libro-mostra, è una lettura critica degli strumenti di comunicazione digitale e del loro fantomatico senso di libertà-finzione. Anni dopo con ‘Global Activism’ (2013), che per me rappresenta l’arte del terzo millennio, si supera il concetto di individuo: rispondendo-prevedendo che coloro inizialmente affascinati da questi movimenti avrebbero poi girato la testa, lo ZKM invita ed espone i loro tools di indagine sociale, salva-guardando le fondamenta del globalartivismo in un museo del terzo millennio, ossia un luogo di ricerca sulle arti contemporanee che non produce cataloghi ma, mio grande vanto, pubblica libri: veri trattati tematici, diffusi”.
Desirée Maida
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