La prima grande mostra di Bill Viola a Milano
Bill Viola debutta al Palazzo reale di Milano con una mostra che ripercorre la sua carriera di pioniere della videoarte
È la prima volta che Milano dedica una mostra istituzionale a uno dei più intensi e intelligenti artisti del nostro tempo, Bill Viola (New York, 1951). Lo fa in una zona di Palazzo Reale che ospita quindici installazioni video dell’artista di origine italiana. Si tratta di una mostra che richiede un tempo lungo per essere visitata: ogni opera, infatti, ha una durata che va rispettata per essere compresa.
LE VIDEOINSTALLAZIONI DI BILL VIOLA
Tra i momenti più affascinanti della ricerca di Viola c’è il legame con la storia dell’arte, in particolare quella del Rinascimento toscano, che ha modo di studiare approfonditamente quando tra il 1974 e il 1976 risiede a Firenze, dove lavora allo Art/tapes/22 di Maria Gloria Bicocchi. Lì conosce tra gli altri Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Gino De Dominicis, Mario Merz, Joan Jonas, Terry Fox, Vito Acconci. Della ricerca di quest’ultimo pare di intravvedere una traccia nel raffinato polittico video Four Hands del 2001.
The Greetings del 1995 è un’installazione video-audio che si ispira alla Visitazione del Pontormo. “Nell’opera”, spiega nel catalogo Skira lo stesso Bill Viola, “presentata come una ripresa ininterrotta da una telecamera fissa e proiettata nell’assetto verticale più comune in pittura, le azioni dei personaggi sono mostrate in uno slow motion estremo. Un evento che in origine durava quarantacinque secondi ora si dispiega in un’elaborata coreografia nel corso di dieci minuti. Emergono anche i minimi dettagli della scena. Il linguaggio inconscio del corpo e le sfumature di sguardi e gesti fugaci sono accentuati, indugiando nella coscienza dell’osservatore”. Il suo lavoro è un invito alla lentezza, ma anche a un’indagine spirituale della nostra esistenza, che ogni spettatore è libero di leggere attraverso la sua visione del tutto.
La parte sonora è determinante. Nel 1975 Viola conosce, infatti, l’ingegnere del suono e sound designer Bob Biliecki, con il quale inizia a collaborare.
LE OPERE DI BILL VIOLA IN MOSTRA A MILANO
Portante è, inoltre, il ruolo del colore, soprattutto quello degli abiti dei personaggi che popolano le sue installazioni. Ciò che potrebbe apparire semplice e casuale è sempre il frutto di un lungo studio. Il contrasto tra il corpo esangue di Cristo e gli abiti delle due donne, che vegliano il sacello, una anziana e l’altra più giovane, è potente. Si tratta di un’opera di forte sentimento, in cui l’acqua è elemento precipuo, come in altri lavori dell’artista. I quattro Martyrs, legati ai quattro elementi acqua, aria, terra, fuoco, esposti per la prima volta nella cattedrale di St. Paul a Londra nel 2014, racchiudono una grande forza anche in questo contesto. Il sostantivo, che in greco antico significa testimone, sottolinea la capacità dell’essere umano di sopportare la sofferenza per difendere la propria idea.
Forse l’opera che maggiormente dialoga con lo spazio della reggia milanese è Fire Woman del 2005, che, come spiega Viola, “è un’immagine vista con gli occhi della mente di un uomo che sta morendo. La sagoma scura di una figura femminile si staglia davanti a un muro di fiamme. Dopo alcuni minuti, la donna avanza, apre le braccia e cade nella sua stessa immagine riflessa. Quando alla fine le fiamme della passione e della febbre inghiottono l’occhio interiore e la consapevolezza di non potere più incontrare il corpo del desiderio acceca il veggente, la superficie riflettente si sgretola e collassa nella sua forma essenziale ‒ ovvero in onda di pura luce”. Un’onda che si riflette nei due specchi laterali della stanza e che inonda lo spettatore nella sua quasi totalità.
Angela Madesani
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