Piero Gilardi, fenomeno artistico globale. Il ricordo di Renato Barilli

Dall’incontro-scontro con Arte povera e Pop Art fino agli indimenticabili tappeti-natura, la storia artistica di Piero Gilardi raccontata dall’amico e critico Renato Barilli

La sorte continua a sparare attorno a me una rosa di colpi mortali, raggiungendo anche chi, come Piero Gilardi (Torino, 1942-2023), era nato circa otto anni dopo.
Mi stringo in doloroso ricordo attorno a lui, di cui sono stato molto amico in un momento esiziale per i destini della nostra arte, in sospeso tra la Pop e l’avvento dell’Arte Povera. Gilardi, con i suoi poliuretani “più veri del vero” era stato un sicuro campione appunto della Pop, al punto da essere inserito, assieme al solo Pistoletto, in una mostra al veneziano Palazzo Grassi che riuniva tutti i migliori talenti internazionali di quella congiuntura. E in quel momento egli godeva anche dell’appoggio di Gian Enzo Sperone, non ancora conquistato dall’idolo successivo. Io allora avevo un buon rapporto con la galleria bolognese La nuova Loggia, e feci di tutto per farle fare una mostra a Piero, con l’aiuto dell’allora da lui inseparabile Gian Enzo. Ricordo che il gallerista torinese allora non navigava in buone acque, tanto da chiedere ai gestori della Loggia di dargli una mano, per esempio acquistando opere di quello che allora era il personaggio numero uno della sua squadra.

Piero Gilardi. Photo A. Lercara

Piero Gilardi. Photo A. Lercara

PIERO GILARDI E L’ARTE POVERA

Nei momenti di discrimine il tempo marcia in fretta, poco dopo Sperone abbracciava una causa del tutto opposta, quella dell’Arte povera, che allora io ebbi il coraggio di chiamare un Informale tecnologico, o freddo, e di sicuro mandava all’aria quell’iper-realismo di cui fino a poco tempo prima Piero era stato uno dei massimi rappresentanti. Fu una trasformazione da cui Gilardi non seppe riprendersi, almeno nella sua attività diretta, però preparò una specie di vendetta, andando a scoprire, negli USA, che là il poverismo non faceva testo, prevaleva l’Anti-form, con Mimimalismo, Comportamento, Body Art e così via. Cose non buone per lui, di cui però divenne agguerrito e appassionato sostenitore, ricordo che girava con un album in cui dominavano i campioni di quella nuova sensibilità. E mi convinse a metterne alla prova alcuni esponenti proprio nella stessa galleria bolognese La Nuova Loggia. Mi propose due olandesi, Erik Van Elk e Markus Boezem, che a dire il vero non hanno mai primeggiato, ma comunque erano un segno eloquente dei tempi, e incoraggiò anche me a seguire quei nuovi sentieri. Lui stesso, incapace di aderire a quelle diverse modalità d’arte, fece il gran rifiuto andando a lavorare in cliniche di sofferenti mentali.

Piero Gilardi. Tappeto-Natura. Exhibition view at Magazzino Italian Art, Cold Spring 2022. Photo Marco Anelli _ Tommaso Sacconi

Piero Gilardi. Tappeto-Natura. Exhibition view at Magazzino Italian Art, Cold Spring 2022. Photo Marco Anelli, Tommaso Sacconi

LE OPERE DI PIERO GILARDI

Ma poi l’ineliminabile vocazione personale lo riportò a ripetere i suoi tappeti natura e le altre immagini iper-realiste, a sfida di un Duane Hanson e di altri che come lui percorrevano quella medesima strada del vero più vero del vero. Riprese dunque a confezionare i suoi acclamati e sempre ben accolti tappeti natura, ma tentò anche un passo oltre, di dotarli pure del movimento con l’aiuto di applicazioni tecnologiche. Avemmo quindi alberi che scuotono i rami e le fronde o altri ingegnosi procedimenti di animazione. Che però, almeno per quanto mi riguarda, non mi hanno mai convinto, mi sembra che fossero una via di mezzo tra la ripresa del suo verismo sfacciato e monocorde e invece un tentativo di confluire in un dinamismo più in linea coi nuovi tempi.  Un compromesso ingegnoso, ma appunto un compromesso. Per cui ritorno con nostalgia a quella meravigliosa stagione della fine Anni Sessanta quando Piero fu davvero un autentico fenomeno mondiale, roba da museo, magari con tutti gli accorgimenti per salvare dal disfacimento quelle sostanze plastiche minacciate di corruzione.

Renato Barilli

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Renato Barilli

Renato Barilli

Renato Barilli, nato nel 1935, professore emerito presso l’Università di Bologna, ha svolto una lunga carriera insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore…

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