Arte tessile e materia nell’era digitale. La mostra a Milano

Il tessuto come mezzo per esprimere questioni politiche ed economiche è al centro della mostra alla galleria kaufmann repetto di Milano. Un’occasione per tornare a riflettere sulla materia in un’epoca sempre più de-materializzata

Kaufmann repetto presenta Re-materialized: The Stuff That Matters, mostra curata da Astrid Welter e ospitata in entrambe le sedi della galleria a Milano e New York. L’esposizione include le opere di numerosi artisti, tra cui Françoise Grossen, Maja Bajevic, Pae White, Jeffrey Gibson, Maria Lai e Leda Catunda. Il progetto fa parte del programma di ricerca della galleria incentrato sul tessile come medium per esprimere l’identità culturale, socio-economica e politica.
La mostra celebra l’interesse crescente degli ultimi dieci anni rivolto verso l’arte tessile, e mette in luce l’importanza dell’artigianato e della materialità nell’arte contemporanea. Il titolo della mostra è un omaggio a Lucy Lippard e Seth Siegelaub, curatori e autori pionieri che hanno contribuito a definire e sviluppare l’arte concettuale. Il termine offre una rilettura giocosa del saggio fondamentale di Lippard del 1968, La dematerializzazione dell’arte, mentre La materia che conta si riferisce alla ricerca bibliografica di Siegelaub sulla storia economico-sociale dei tessuti nel mondo.

Re-materialized: The Stuff That Matters, 2023, installation view at kaufmann repetto, Milano, 2023. Courtesy of the artists and kaufmann repetto Milan / New York. Photo Andrea Rossetti

Re-materialized: The Stuff That Matters, 2023, installation view at kaufmann repetto, Milano, 2023. Courtesy of the artists and kaufmann repetto Milan / New York. Photo Andrea Rossetti

L’ARTE TESSILE SECONDO MAJA BAJEVIC

La mostra esplora la sensualità tattile delle opere tessili, soddisfacendo il desiderio di esperienze “ri-materializzate” in un mondo sempre più digitale. L’uso del tessuto come mezzo per descrivere tematiche politiche viene ben rappresentato da alcune delle opere in mostra. Maja Bajevic (Sarajevo, 1967; vive a Parigi) ha affermato che per lei i tessuti costituiscono un mezzo espressivo per parlare di questioni politiche ed economiche, anziché essere considerati solamente come un aspetto estetico fine a sé stesso. La sua opera Dressed up (1999) esplora le tragiche conseguenze della guerra e la disintegrazione di un Paese come eventi personali e intimi nella vita delle persone. Per realizzare il lavoro, Bajevic ha creato un vestito stampando la mappa della ex Jugoslavia sulla stoffa, ignorando le nuove frontiere. Ha poi cucito il vestito in una galleria locale per sette ore e lo ha indossato durante l’apertura della mostra. Un video di questa performance è stato creato appositamente per l’esposizione alla kaufmann repetto ed esposto accanto al vestito. In esso, Bajevic rappresenta la storia di due generazioni, due guerre e due Paesi: l’ex Jugoslavia e la Bosnia ed Erzegovina, nata attraverso la guerra. L’artista sottolinea che tali eventi, spesso considerati soltanto come questioni politiche, sono in realtà esperienze personali profondamente intime. Sono esperienze che portiamo con noi come un vestito.
Il tessuto, uno dei materiali culturali più antichi, rappresenta un legame tangibile e somatico con il mondo circostante. La mostra celebra l’attenzione recente dedicata a questo medium, enfatizzando l’importanza dell’artigianato nell’arte contemporanea e i messaggi che l’arte tessile è in grado di trasmettere.

Sole Castelbarco Albani

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