I Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo diventano “Cantieri Culturali Ducrot”. Ed è polemica
Nell’ex area industriale, oggi vivacissimo polo culturale, in passato sorgevano le officine di Vittorio Ducrot, brillante imprenditore ai tempi della Palermo Liberty e militante fascista. La decisione dell’amministrazione comunale non ha lasciato indifferente l’opinione pubblica
Fa discutere a Palermo la decisione dell’amministrazione comunale di modificare dopo anni il nome dell’ex area industriale dei Cantieri Culturali alla Zisa, polo dedicato alle arti e alla creatività che sorge a pochi passi proprio dalla Zisa, ovvero dal bene Unesco che dà il nome a tutto il quartiere. Ed è proprio l’originaria destinazione d’uso del luogo a essere messa in risalto con la nuova denominazione dei Cantieri Culturali, che perdono la locuzione “alla Zisa” per fare spazio a “Ducrot”, in memoria di Vittorio Ducrot, imprenditore che in questo spazio diede vita alle sue Officine: capannoni adibiti alla fabbricazione di mobili apprezzati in Italia e anche all’estero, nel clou della temperie della Belle Époque che a Palermo è sinonimo delle vicende della dinastia Florio, delle architetture progettate da Ernesto Basile e delle pitture di Ettore De Maria Bergler. Una sorta di Golden Age la cui aura nostalgica negli ultimi anni è stata alimentata anche da note trasposizioni letterarie e cinematografiche, e che da oggi riecheggerà anche nella neonata espressione Cantieri Culturali Ducrot.
DALLE OFFICINE DUCROT AI CANTIERI CULTURALI ALLA ZISA
La storia dei Cantieri prende avvio nell’ultimo decennio dell’Ottocento con la visione e l’opera di Carlo Golia, imprenditore che possedeva una fabbrica di specchi e commerciava articoli di lusso. Golia incontra Maria Roche, donna di origini francesi rimasta vedova e in attesa di un bambino. Sposatisi, Golia adotta il figlio di Roche, Vittorio, che nel 1902 rileva l’azienda del padre chiamandola Officine Ducrot. Le intuizioni di Ducrot portarono la fabbrica a una continua crescita, anche durante la Grande Guerra, riconvertendo i capannoni alla produzione di cacciabombardieri idrovolanti e dando lavoro a oltre duemila operai. Intorno alla metà degli anni Trenta, gran parte dei capannoni adibiti alla produzione di mobili furono convertiti per la produzione di aerei, perdendo così l’originaria destinazione e vocazione “liberty”. Nel 1939 la società fu ceduta a un imprenditore genovese, per poi assistere a un lento declino che giungerà fino agli anni Sessanta e al “Sacco di Palermo”, che ha divorato le architetture liberty e parte dell’area industriale, oltre ad aver fagocitato il modello economico, ormai diventato vetusto, su cui un tempo reggevano le Officine Ducrot. Seguono così decenni di abbandono e degrado dell’area, fino a quando, nel 1995, l’amministrazione dell’allora sindaco Leoluca Orlando decide di dare nuovo corso al distretto all’insegna della cultura, ribattezzandolo con il nome di Cantieri Culturali alla Zisa. Un processo lento e faticoso, in corso fino a oggi, che ha visto i capannoni delle ex officine rigenerarsi e trasformarsi in spazi di sperimentazione e condivisione, tra arti visive, teatro, letteratura, didattica: tra tutti, il grande hangar dello ZAC, avamposto palermitano della torinese Fondazione Merz, la Haus der Kunst, gli spazi dell’Accademia di Belle Arti, il Goethe Institute, l’Institut Français, il Centro Internazionale di Fotografia Letizia Battaglia, lo Spazio Franco, il Cinema De Seta, l’Istituto Gramsci, Legambiente Sicilia, il Cre.Zi. Plus (coworking, caffetteria, cucina e spazio per attività culturali), l’Averna Spazio Open.
DAI CANTIERI CULTURALI ALLA ZISA AI CANTIERI CULTURALI DUCROT
La dicitura “Cantieri Culturali alla Zisa” voleva quindi essere sintesi e rappresentazione della nuova destinazione d’uso dello spazio, un cantiere non più di produzione industriale ma culturale. E poi, “alla Zisa”, ponendo così l’accento su un quartiere della città che, nonostante la sua posizione centrale e la presenza del meraviglioso castello normanno, tende ancora per molti aspetti – anche e soprattutto logistici – a essere percepito dai palermitani come distante. Distanza che, negli ultimi anni, si è sempre più ridotta proprio grazie all’intenso programma di attività delle realtà che animano i Cantieri. Sarà per queste ragioni che, da parte di molti, non è stata ben accolta la nuova denominazione dello spazio: perché cambiare la dicitura di un luogo che da decenni è noto con un determinato nome? C’è una motivazione valida per rivedere e rivoluzionare le abitudini dei palermitani e i cartelli stradali in tutto il quartiere della Zisa? “Ritengo che sia un atto doveroso per il recupero della memoria e delle origini di un luogo culturale così importante della città”, ha dichiarato l’assessore comunale alla Cultura Giampiero Cannella, dove “recupero della memoria” starebbe a indicare quindi una sorta di onestà filologica: i Cantieri, in effetti, un tempo si chiamavano Officine Ducrot. È anche vero però che quei padiglioni oggi non producono più né mobili né cacciabombardieri.
I CANTIERI CULTURALI DI PALERMO INTITOLATI A VITTORIO DUCROT (TRA LE POLEMICHE)
Al di là della difficoltà o resistenza da parte di palermitani e non solo nell’utilizzare la nuova dicitura, in molti hanno palesato malumori per l’intitolazione dell’area a Vittorio Ducrot anche e soprattutto per un’altra ragione: oltre a essere stato un brillante imprenditore, Ducrot fu anche un militante fascista. Nella seconda metà degli anni Venti, fu infatti capo della Federazione sindacale fascista degli industriali di Palermo, e nel 1929 fu eletto deputato alla Camera del Regno nella XXVIII legislatura in Sicilia per il Partito Nazionale Fascista, carica che ricoprì fino al 1934. Nel tentativo di recuperare la memoria, tornano alla memoria non solo le luci ma anche le ombre di situazioni e personaggi del passato, aspetto questo che negli ultimi anni ha acceso in tutto il mondo una delle polemiche culturali e politiche più ostiche della contemporaneità: quella sui monumenti e le statue inneggianti a periodi storici e personaggi legati a temi quali dittatura, razzismo e colonialismo. In molte città alcuni monumenti sono stati abbattuti, in altri casi si è riflettuto sulla possibilità di una rilettura critica della storia, evitando così di optare per una damnatio memoriae che, paradossalmente, avrebbe portato a una ennesima damnatio memoriae. Ritornando al caso palermitano, è arcinoto l’impatto che la visione di Ducrot ha avuto sulle vicende imprenditoriali e culturali della città nei primi decenni del Novecento, contribuendo a fare di Palermo una sorta di “metropoli” internazionale. Allo stesso tempo, però, sono noti i suoi trascorsi politici, aspetto questo che è balzato agli occhi di chiunque, anche di chi non era a conoscenza dei dettagli biografici di Ducrot e in questi giorni, in preda alla curiosità, è andato a sbirciare sulla sua pagina Wikipedia. Morale della storia: c’è chi non comprende l’utilità e il motivo del cambiamento, chi ritiene che la nuova dicitura sia filologicamente corretta e chi pensa che a un “fascista” non debba essere intitolato alcunché. Nel frattempo, però, i Cantieri Culturali continuano e continueranno a essere chiamati “alla Zisa”.
Desirée Maida
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