Intervista a Denis O’Regan. Il fotografo delle rockstar più modaiole

Una vita trascorsa tra concerti rock e tour mondiali, per documentare le esibizioni di David Bowie, Rolling Stones, Duran Duran e Spandau Ballet. Facendo la storia della musica e della moda. Ecco cosa ci ha raccontato Denis O’Regan

Se vi doveste mai chiedere chi sia il fotografo e documentarista musicale più importante al mondo, tra i primi nomi dovrebbe venirvi in mente quello di Denis O’Regan, la persona sulla terra che ha scattato il maggior numero di fotografie di David Bowie. Ma l’Artist-in-Residence per la Royal Albert Hall, classe 1953, è anche conosciuto per le sue fotografie a Rolling Stones, Duran Duran e Spandau Ballet: gruppi musicali composti da personaggi del mondo dello spettacolo, e della moda, che hanno rivoluzionato l’ideale maschile di pari passo con il guardaroba, tra un tour mondiale e l’altro. Alcuni degli scatti di O’Regan sono presenti fino all’1 aprile 2023 nell’ambito della mostra collettiva XX, alla Gallery Different di Fitzrovia, Londra. Col fine di celebrare i vent’anni d’anniversario della galleria online e società di consulenza artistica West Contemporary, nata nell’era post Brit-pop, quando la street art britannica del nuovo millennio si è spostata dai muri urbani agli spazi delle gallerie. Così la voglia di mostrare l’eccellenza artistica del paese, e di coloro che hanno collaborato fino ad oggi con l’ex Beautiful Crime Gallery, ha fatto riunire tra i tanti nomi la principale artista femminile britannica di neon e tecnica mista Lauren Baker, il londinese socialmente impegnato Robi Walters e la scultrice di fama internazionale Beth Cullen-Kerridge. Noi di Artribune abbiamo avuto il piacere di parlare con il fotografo delle rockstar modaiole, passando da una foto di Keith Richards mentre fissa la telecamera con una sigaretta in bocca alla celebre che immortala l’elicottero dei Queen in arrivo sopra l’ultimo pubblico di Freddie Mercury.

Denis O' Regan, 1986. Freddie, Maine Road

Denis O’ Regan, 1986. Freddie, Maine Road

INTERVISTA A DENIS O’REGAN

Iniziamo col definire il tuo modo di fare fotografia.
La mia fotografia, specialmente in tour, è la collisione di due mondi: il personaggio e la persona. Ad esempio, Freddie Mercury era un frontman sul palco divertente e timido una volta allontanatosi dai riflettori. È in quel momento che rappresento l’artista semplicemente come persona, non come personalità.

Documentario puro…
Sempre. E con l’obiettivo di creare qualcosa di speciale partendo da banali momenti trascorsi con una leggenda. Che sono i miei preferiti, tipo David Bowie seduto su una barca, su un divano mentre si riposa o su una sedia al Raffles di Singapore.

Quali sono le tue ispirazioni?
Non ho mai preso qualcuno come modello. Adoro solo David Bailey perché ha abbattuto le barriere attraverso le fotocamere 35mm. Concedendo maggiore libertà ai fotografi negli anni Sessanta, anche grazie al suo stile di vita rock ‘n’ roll. Preferisco le immagini piuttosto che i fotografi, come mio figlio adolescente che sceglie le singole canzoni. Così viene creata una fantastica sezione trasversale.

Denis O' Regan, 1977. Clash, Paul Simonon

Denis O’ Regan, 1977. Clash, Paul Simonon

Continuando a parlare di esordi, tutto è nato casualmente quando fotografavi le rock band in contemporanea all’ascesa del punk.
Ho iniziato proprio ascoltando e guardando The Stones e Led Zeppelin, poi Bowie e Queen. Mentre nasceva il punk, fotografavo piccoli gruppi art rock come Deaf School e Split Enz.

E poi?
E poi c’è stato il mio primo concerto punk, ovvero il secondo in assoluto dei The Damned.

Che cosa avevano l’uno in più dell’altro, da un punto di vista estetico e fotografico?
Il rock e il punk erano diversi soltanto fotograficamente perché con il punk potevo avvicinarmi molto alle band e scattare principalmente in bianco e nero. Era ciò che voleva la stampa musicale.

Invece con le rock band?
Il colore era più appropriato, specialmente per i Queen e il loro fantastico spettacolo di luci.

Anche se le tue foto non sono prettamente di moda, si può definirle tali. Perché grazie a molti tuoi scatti si coglie lo stile del tempo.
Sostituirei la parola “moda” con la parola “stile”. Duran Duran, Spandau Ballet e David Bowie avevano un’immensa quantità di stile. Gli abiti di Freddie Mercury erano spesso oltraggiosi secondo il contesto normativo del tempo, così come quelli di Bowie. Ognuno di loro possedeva un personale senso dello stile, ma vedere le mie fotografie ha dato loro l’opportunità di aggiustarsi, adattare il proprio look.

Denis O' Regan, 1978. Jam, Paul Weller

Denis O’ Regan, 1978. Jam, Paul Weller

Come uno specchio…
Esatto! Con gli Spandau Ballet nella loro prima sessione in studio ho usato luci basse, proiettando ombre alte. Hanno preso questa idea e l’hanno usata nei loro primi spettacoli dal vivo.

Tra le tue fotografie più popolari ci sono quelle di David Bowie, Rolling Stones, Queen e Duran Duran. Credi di averli rappresentati nella maniera migliore possibile?
Non cambierei nulla. Alcuni dei miei scatti documentaristici sembrano in posa, specialmente con David Bowie, ma io ero proprio al suo fianco. Fotografando la sua vita per un anno intero. Lavorare con lui, Mick Jagger e Freddie Mercury è stato un sogno divenuto realtà. Perché era tutto vero, come le mie foto.

Denis O' Regan, 1978. Bowie, Newcastle

Denis O’ Regan, 1978. Bowie, Newcastle

Ritornando alla moda, anche se sei un fotografo, avevi compreso che i loro outfit, le loro performance avrebbero cambiato per sempre l’ideale maschile?
Non me ne resi conto, però sono stato ispirato dalla musica di David Bowie, e anche dal suo approccio alla moda. Nei panni di Ziggy Stardust, suo leggendario personaggio inventato, era vestito da Kansai Yamamoto, utilizzando tecniche del teatro Kabuki.

Perciò un lavoro a quattro mani…
Sì, questo aspetto si aggiungeva alla musica e alle tecniche di mimo che ha incorporato nello spettacolo. Bowie e lo stilista Kansai hanno cambiato non solo la moda, bensì gli atteggiamenti. Anticipando la fluidità di genere attraverso Ziggy.

Ci puoi svelare qual è la tua foto che ha avuto meno successo sebbene ne avrebbe dovuto ricevere di più?
Di recente ho scoperto una ripresa a mezz’aria di Paul Weller con i The Jam, quindi direi questa. Spero la gente la apprezzi. È diversa, e la adoro per questo.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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