La continua ascesa di Anna Weyant, fenomeno della pittura contemporanea
Non smette di far parlare di sé Anna Weyant, grazie a una pittura inquietante e fiabesca, che ha conquistato addirittura uno dei galleristi più potenti al mondo, Larry Gagosian
Con Baby, It Ain’t Over Until It’s Over Anna Weyant (Calgary, 1995) cita Lenny Kravitz e la dimensione di una traiettoria popolare per intitolare il suo primo solo show di fine 2022, divenuto riferimento e spartiacque per Gagosian Gallery in questo primo quadrimestre 2023. Un’accezione di grande immediatezza, nella quale troviamo tutta la volubilità e l’imprevedibilità di una carriera bruciante ed esponenzialmente in crescita, ormai specchio della giovanissima artista canadese.
Non è finita finché non è finita incarna la sospensione e l’azzardo, la volontà fino all’ultimo di dominare sempre e comunque situazioni imprevedibili, impossibili da stabilire a priori.
Gli ultimi quattro anni sono stati costellati da continui momenti che ricalcano la metafora da cui la mostra prende il titolo; a partire da quel Reposing V (2018) che la rappresentava pressoché sconosciuta alla collettiva Of Purism presso la Nina Johnson di Miami e divenuto vertiginosamente virale, fino alla celebrazione mondiale di un tycoon come Larry Gagosian con il quale si suggellano i precedenti record d’asta oltre il milione di dollari presso Sotheby’s (maggio 2022) e Christie’s (novembre 2022).
LA PITTURA DI ANNA WEYANT DA GAGOSIAN
La forza di Anna Weyant è quella di fare evolvere la super contemporanea Olympia di Manet di Reposing V – figurata in una posa bislacca mentre viene fotografata con un iPhone – in un’opera come Two Eileens (2022), nella quale vengono sì nuovamente esaltate la dominanza femminile e la chiave ironica dei soggetti, ma in contrappunto con una lettura più velata e sognante, fissata da un impianto compositivo quasi perfetto.
Sette nuovi dipinti e una decina di nuovi disegni sono stati presentati presso la sede newyorkese di Madison Avenue, dove è emerso l’indissolubile legame di Weyant con le strepitose carriere ascensionali di grandissime figure femminili del contemporaneo: Eileen Kelley, Serena Williams, Emma Cline. Proprio quest’ultima, ragazza prodigio del panorama letterario – aveva soli ventisette anni quando ha pubblicato il deflagrante Le ragazze –, consegna al Gagosian Quarterly un suggestivo ritratto della mostra, sospeso tra la dimensione fiabesca e il precipizio onirico propri delle tele chiaroscurali di Weyant.
L’aspetto favolistico che contorna ogni visione, notevolmente citazionista di un passato pittorico ornato e ricco, non scade nella banalità del noto, nella macchietta, bensì trascende in una esplorazione grottesca, surreale, talvolta straniante. Questa dicotomia emerge concretamente in Sophie (2022), distesa e sognante in una posa plastica che sembra strappata a Fernando Botero: la ragazza si estende in una contemporanea crocifissione appoggiandosi su un collo torto ed evocando la deformazione di un geometria di Francis Bacon.
I molteplici riferimenti si contrappongono ponendo il visitatore di fronte a scene sostanzialmente indecifrabili; sfondi profondamente neri staccano dalla parete figure dai volumi torniti e opulenti, bagnate da una luce naturale che le rende un ibrido tra materia viva e bambole di porcellana.
I SOGGETTI DIPINTI DA ANNA WEYANT
In It Must Have Been Love (2022) tornano la componente simbolica e la giustapposizione formale di oggetti d’uso quotidiano apparentemente leggibili: si crea parimenti un senso di inquietudine alimentato dall’abbandono e dall’accettazione di non conoscere il significato di una presenza così familiare, ma si ritrae allo stesso tempo una dimensione fortemente spiazzante.
Scrive Cline che i quadri di Weyant materializzano l’attesa come all’inizio di una fiaba, i soggetti sono in balia di forze al di fuori del loro controllo intorno alle quali “le normali regole dell’universo si tingono di una logica onirica”. Quale dimensione più adatta della fiaba per ricercare un plot twist che ribalti significati e metta in discussione sicurezze collettive? Il fantastico si mescola al reale in totale continuità.
Rincorriamo le eroine senza tempo di Weyant come spinti dal desiderio di incontrare vecchie amiche, persone di fiducia, parte delle nostre vite; rimaniamo paralizzati quando, una volta giunti al loro cospetto, ci troviamo davanti soggetti calati in una dimensione che non ci appartiene, alla quale vorremmo accedere e dalla quale veniamo rimbalzati.
“L’universo di Weyant non si ferma mai a una brillantezza superficiale – il lavoro è più profondo di così, molto più profondo e molto più oscuro e molto, molto divertente”, prosegue Cline centrando perfettamente la ricerca che tutti dovremmo improntare intorno alla poetica spiazzante dell’artista canadese.
LE FONTI DI ISPIRAZIONE DI ANNA WEYANT
Ottessa Moshfegh, altro grande fenomeno letterario, nel suo successo Il mio anno di riposo e oblio descrive precisamente la passività e la sottrazione alla vita della protagonista, proprio come, almeno in prima battuta, i contorni dei personaggi di Weyant assumono gli stessi tratti, appesantiti dalla mancanza di un concreto contatto con la realtà e avulsi completamente dal contesto. Weyant, non fermandosi al perimetro narrativo della scrittrice, introduce il colpo di scena che può in ogni momento stravolgere la lettura delle sue opere.
Il grande valore di Weyant risiede proprio in questa lettura che si interroga intorno all’immediatezza della fruizione artistica, alla familiarità visiva di determinati soggetti sempre accompagnati da elementi di rottura estremamente angoscianti e criptici, come espressioni facciali dicotomiche, contrasti cromatici irreali, sfondi che alienano da qualsiasi percezione tangibile.
Weyant individua negli artifici formali e cromatici del Barocco la base del suo impianto stilistico, attinge dall’elegante decadenza romantica di John Currin e dall’artefatto surrealismo contemporaneo di Will Cotton, trova punti di contatto stilistici e di vertiginosa carriera con Ewa Juszkiewicz e Flora Yukhnovich, incarna la summa dell’aspetto destabilizzante omaggiando Otto Dix in diverse tele. Il grande pregio di Weyant è sintetizzare la multiformità di queste lezioni in una crasi tra presente e passato che conferisce alla sua narrazione visiva una collocazione unica e peculiare destinata a rinnovarsi, senza mai finire, rimanendo se stessa.
Davide Merlo
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