Flashdance compie 40 anni: il film che doveva essere un flop è diventato un cult

Il film che ha reso famosa l’attrice Jennifer Beals e che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo, diventando subito un cult, compie 40 anni. Un successo inatteso che prende spunto da una donna di Toronto. Ecco la storia e il trailer

“Tu esci, la musica attacca, inizi a sentirla e anche il corpo comincia a muoversi da solo. Può sembrare assurdo ma dentro di te qualcosa fa click”. Ebbene sì, sono passati quarant’anni dal debutto cinematografico di Flashdance. Adrian Lyne, il suo regista – lo stesso di 9 settimane e ½ e di Attrazione fatale – non credeva che potesse avere così tanto successo: ben novanta milioni di dollari nel solo mercato cinematografico USA e 201 milioni di dollari a livello internazionale. Un successo planetario eppure la sceneggiatura del film fu persino candidata al Razzie Award – il noto riconoscimento che ​​premia attori, sceneggiatori, registi, film, canzoni tra i peggiori della stagione cinematografica. Il critico cinematografico Roger Ebert, vincitore del Premio Pulitzer per la critica nel 1975 e primo critico ad avera una stella sulla Walk of fame di LA nel 2005, ha inserito Flashdance nella lista dei film “più odiati di sempre” con la seguente motivazione: “È come un film che ha vinto 90 minuti di shopping gratis al supermercato di Hollywood. Il regista e i suoi collaboratori hanno corso all’impazzata lungo le corsie prendendo un pezzo di La febbre del sabato sera, una fetta di Urban Cowboy, un quarto di Marty e un chilo di Archie Bunker’s Place. Il risultato è grandi musiche e balli, senza alcun significato”.

NEANCHE IL REGISTA AVEVA FIDUCIA IN FLASHDANCE

Quarant’anni dopo Flashdance è invece ancora riconosciuto come un gran successo e alcune delle sue scene risultano assolutamente virali. Persino nella nuova stagione dell’italianissima Boris la celebre scena del provino di danza viene riprodotta quasi interamente (per essere precisi, nell’ultimo episodio della stagione 4). “Ricordo di aver visto il film e di aver detto al mio assistente, Casey Silver – poi diventato presidente della Universal o qualcosa del genere – ‘Lo stiamo guardando?’, e con noi c’erano i dirigenti. E gli ho detto, sussurrato: ‘È così brutto come penso?’. E dopo un un lungo silenzio ha risposto: ‘Sì’. Allora ho pensato: ‘Esiste un modo per uscire dal teatro senza che i dirigenti mi vedano?’. Ed esattamente in quel momento la gente in sala ha iniziato a ridere di qualcosa. È stata una bella risata. Lì gradualmente mi sono reso conto che il film era piaciuto molto”, ha dichiarato qualche tempo fa Adrian Lyne. E la stessa Paramount credeva di avere realizzato un flop. A dargli torto immediatamente è stato il pubblico sovrano.

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Jennifer Beals in “Flasdance”

UN SIMBOLO CULTURALE TRATTO DA UNA STORIA VERA

Insomma, un successo inatteso ma, diciamolo, meritatissimo. Basti pensare alle quattro nomination ai Premi Oscar, a Maniac e What a Feeling diventate canzoni popolarissime, e allo stesso film divenuto simbolo culturale di un’epoca. Certo, è innegabile che Flashdance abbia una totale semplicità nella trama, ma se gli spettatori si riconoscono in ciò che vedono, gradiscono e accolgono quel racconto con tutte le sue qualità o fragilità. Flashdance è dunque un cult a tutti gli effetti. È la storia di un sogno che si avvera. Di una passione che viene premiata. Di un amore che vince. Sarà pure banale, ma tutt’oggi resta assai coinvolgente. In quanti sanno che il film è in realtà tratto da un fatto reale? La trama si basa sulla storia di una donna di Toronto, di nome Maureen Marder (poi interpretata da Jennifer Beals), che ad inizio anni ‘80 conduceva una doppia vita. Di giorno lavorava per una ditta di costruzioni e di sera faceva la ballerina in un night club. Tom Hedley, sceneggiatore insieme a Joe Eszterhas, una volta scritta la bozza della della sceneggiatura originale, in data 6 dicembre 1982, fece firmare alla Marder un documento per la cessione dei diritti sulla storia della sua vita alla Paramount Pictures, ricevendo la donna in cambio un compenso di 2.300 dollari. Una cifra ridicola pensando al successo poi avuto dal film, eppure nel giugno del 2006, la Corte d’Appello degli Stati Uniti di San Francisco ha dichiarato che “Sebbene con il senno di poi l’accordo sembri ingiusto nei confronti della Marder, non ci sono prove che il suo consenso sia stato ottenuto con frode, inganno, coercizione o influenza indebita”. Secondo quanto stabilito dalla sentenza quindi la Marder ha interamente rinunciato ai suoi diritti sul film quando ha firmato il documento nel 1982.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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