Nessun Oggetto
Mostra collettiva.
Comunicato stampa
Artisti, makers e creativi espongono in uno Studio d’Artista:
Donatella Baruzzi, Silvia Capiluppi, Silvia Cibaldi, Mavi Ferrando, Mario Giavino, Antonella Prota Giurleo, Veronica Menghi, Fulvio Michelazzi, topylabrys Ornella Piluso, Roberto Staffilano.
Il design è un a-parte rispetto all’arte? Domanda che potremmo definire a ragion veduta salottiera, ovverosia oziosa, in quanto la realtà dei fatti ha sancito da decenni una stretta contiguità, che in molti casi sfuma nell’identità, tra le due discipline.
Non deve stupire pertanto che un gruppo di dieci artisti, sensibili ai fenomeni più attuali, abbia deciso, in occasione del Salone del Mobile di Milano, di confrontarsi con le categorie dell’industrial design, mettendo assieme una piccola ma intensa collettiva.
Si tratta allora di arte o di design? Di sicuro, nel dubbio, c’è il tratto comune a tutte le opere esposte: un alto livello di perizia tecnica, ovvero un deciso prevalere della manualità, nel rispetto quindi dello statuto originario, fondativo del design come attività professionale, e cioè la fusione della dimensione estetica con quella pratica.
Un’operazione, quella organizzata da ARTILAB, che si manifesta nel concreto come un variegato ed elegante palcoscenico, a tratti serio a tratti divertente, che tra le righe mette in scena, a uso e consumo degli osservatori più attenti, svariate citazioni di precedenti e illustri esperienze artistiche; a partire dal titolo, Nessun Oggetto, che sembra magrittianamente smentire se stesso nel suo definirsi, laddove di oggetti nella mostra se ne vedono ben dieci, e tutti, come s’è detto, di consistente materialità.
Potremmo addirittura sostenere che quelle due semplici parole, nessun e oggetto, facciano anch’esse parte di un programmato divertissement, che per essere svelato appieno richiede l’apporto e la complicità del fruitore, il quale è invitato a riempire di significato e contenuti lo spazio vuoto che le segue e le precede: “nessun oggetto, a parte quelli che ora stiamo vedendo…”, “per ora non ci serve nessun oggetto, chissà domani…”, e così via, nella più assoluta libertà interpretativa.
Parafrasando Milan Kundera possiamo dire, in conclusione, di essere al cospetto dell’insostenibile leggerezza dell’arredo, leggerezza che gli artisti hanno interiorizzato e trasformato secondo il loro personale estro, permettendoci, grazie alle loro brillanti invenzioni, di osservare con occhi diversi un panorama produttivo e imprenditoriale ricco di creatività, e sempre più simile a una gigantesca e, almeno in apparenza, inesauribile cornucopia.
Gualtiero Mazza