Jan Muche / Relazioni spaziali
Due mostre: la personale di Jan Muche, Die perspektive ist klar, e la collettiva di fotografia Relazioni spaziali
Comunicato stampa
DIE PERSPEKTIVE IST KLAR
Jan Muche
RELAZIONI SPAZIALI
Julia Carrillo, Davide Dileo
Florence Henri, Urs Lüthi, Silvia Margaria
Inaugurazione lunedì 17 aprile 2023, ore 18
A PICK GALLERY inaugura lunedì 17 aprile alle ore 18, in via Galliari 15/C, la personale di Jan Muche, Die perspektive ist klar, e la collettiva di fotografia Relazioni spaziali, con opere di Julia Carrillo, Davide Dileo, Florence Henri, Urs Lüthi e Silvia Margaria.
Le opere di Jan Muche (Herford, Germania, 1975) mostrano una sovrapposizione di strutture ed evidenziano la tensione composta da molteplici palette di colori contrastanti. Crea uno schema di colori, lo stratifica e lo cancella per poi rimodularlo con tonalità più chiare o più scure. In questo modo produce strati di patina che rivelano un processo di invecchiamento, come la patina data dalla fuliggine, tipica di Berlino.
La patina, nel suo dare un senso di logoramento all’opera, è un fenomeno che interessa molto Muche, perchè fa si che un'opera contemporanea possa apparire come se fosse appesa da anni al muro di una casa. Dichiara un senso di atemporalità, di espressione indefinita.
Tra le ultime serie vi sono diversi lavori su carta, supporto che lo attira per la reazione dei colori, completamente diversa dalla tela. Si tratta di opere architettoniche ispirate a vecchie strutture ed edifici industriali, con uno stile di colorazione particolare, alcuni di essi piuttosto scuri e cupi. Si tratta di palette di colori che gli hanno permesso di catturare le atmosfere di Berlino Est, dove molte architetture presentano toni vagamente mediterranei del beige e del marrone. Die perspektive ist klar include opere con geometrie delineate da visioni ardite di architetture, ponteggi e gru e lavori in cui i volti di personaggi, più o meno famosi, si alternano. In entrambe le serie il colore è protagonista e conferisce una caratterizzazione del tutto riconoscibile alla ricerca di Jan Muche. La prospettiva indicata dall'artista è chiara è avvolgente, trasporta inesorabilmente lo spettatore all'interno.
La collettiva Relazioni spaziali, fortemente legata alle ardite prospettive di Jan Muche, indaga lo spazio attraverso la presenza di forme e volumi puri, della loro relazione con la superfice stessa e con ciò che la attraversa o vi entra in contatto, che sia l’uomo o qualcosa da lui generato. Architetture, geometrie e la loro percezione rispetto all'uomo sono il focus di questa collettiva transgenerazionale.
Attraverso le opere degli artisti proposti si analizzano gli spazi in relazione alla presenza dell’uomo, come nel caso di “Un’isola nell’aria” dove Urs Lüthi (Kriens, 1947): fotografie di spazi domestici abitati esclusivamente da mobili che compongono un puzzle d’identità, grazie anche ai ritratti dell'artista appesi alle pareti. Troviamo Urs Lüthi in primo piano, travestito, naturale, come dei tasselli che ricompongono una diversa versione di sé stesso in una architettura sfaccettata.
Oppure in assenza della presenza umana - che diventa mera spettatrice - come nel caso di Florence Henri (New York, 1893 – Compiègne, 1982) che con un gioco di ombre induce l’osservatore a interpretazioni incerte di un’architettura quasi anonima.
Con la serie Strùere: Silvia Margaria (Savigliano, CN, 1985) presenta opere che accostano immagini di natura con costruzioni architettoniche. Da una parte rifugi precari sul letto del fiume Ombrone in Toscana, dall’altro immagini di costruzioni tratte da diapositive del suo archivio di “immagini abbandonate” Le affinità compositive e geometriche sono numerose e creano un interessante gioco di rimandi formali.
Julia Carrillo (Città del Messico, 1987) con la serie Coreografías propone alcune rayografie dove la luce, colpendo oggetti geometrici traslucidi, si dispiega e rimbalza. Il cambio di angolazione della luce genera nuove visioni, così semplici strutture geometriche posizionate sulla carta foto-sensibile si animano dando vita a una partizione di spazi e volumi.
A chiudere questa narrazione astratta di forme e colori, la serie fotografica The Army di Davide Dileo (Torino, 1974) propone una visione geometrica della musica, in una sequenza rigorosa di forme e profili originati da una collezione di vinili dell’artista. Come una carta d’identità le opere raccontano la vita dell’artista e ne tracciano un profilo chiaro e ricco di passione.