Della versione a fumetti de Il nome della rosa, firmata dal maestro della nona arte Milo Manara, avevamo parlato circa un anno fa, quando La Nave di Teseo (la casa editrice fondata proprio da Umberto Eco nel 2015) aveva annunciato la stesura in corso d’opera del libro.
La notizia era rimbalzata su tutte le riviste non soltanto di settore, creando un effetto hype al quadrato intorno all’incontro tra i due autori: da una parte uno degli intellettuali e scrittori più brillanti e prolifici di sempre; dall’altra un genio della matita e del pennello, che per la prima volta nella sua carriera avrebbe messo da parte le consuete immagini erotiche per dedicarsi alle avventure dei monaci di un monastero – niente di più lontano rispetto alle donne sensuali che ne hanno decretato il successo negli anni. D’altronde era stato lo stesso Manara a confessare: “Il progetto mi è stato proposto dai figli di Umberto Eco e da Elisabetta Sgarbi. Mi ha lasciato un po’ tramortito: che venga proposta a uno a cui piace disegnare le donne una storia di uomini in tonaca che parlano, parlano e parlano, è una sfida all’ultimo sangue per un disegnatore erotico”. Le aspettative, insomma, sono altissime intorno a questo nuovo fumetto, pronto a fare il suo debutto sugli scaffali il 2 maggio.
“IL NOME DELLA ROSA” A FUMETTI CON MANARA
Edito da Oblomov, la casa editrice “figlia” di La Nave di Teseo diretta da Igort, Il nome della rosa di Milo Manara è una trasposizione fedele del romanzo originale. A ribadire lo stretto rapporto di attinenza con la storia partorita nel 1980 da Umberto Eco è lo stesso maestro bolzanino, che ad Artribune racconta: “Il romanzo e gli schizzi preparatori disegnati da Eco sono stati il mio unico riferimento e le mie uniche fonti. La fedeltà al testo di Eco è totale. Tutte le parole presenti nel libro sono esattamente quelle del romanzo. Non ho cambiato una sola parola, sono stato costretto a fare tagli dolorosi ma necessari, diversamente avrei dovuto disegnare un libro lungo il triplo!”.
LA VERSIONE DI MILO MANARA
Un primo aspetto che attribuisce certamente unicità all’opera di Manara è la serialità del progetto – strada, quella della suddivisione a puntate, raramente intrapresa in Italia quando a firmare il lavoro è un autore di successo (a differenza di quanto avviene in Francia e in altri Paesi europei, dove i fumetti d’autore a puntate sono una prassi consolidata). L’adattamento in questione sarà pubblicato in due distinti volumi, ognuno dei quali composto di circa ottanta pagine. E che pagine…
Sfogliando le tavole del libro tutto l’estro di Manara spicca nei ritratti e nelle delicatissime ambientazioni che ospitano le scene. Se il corpo – soggetto da sempre prediletto dal fumettista – è nascosto dietro le lunghe tonache che occultano le forme, l’attenzione dell’artista di concentra tutta sui visi e sulle espressioni facciali dei personaggi. Come nel caso del frate Guglielmo da Baskerville: sul suo volto scultoreo si leggono tutte le tensioni causate dagli intrighi che il monaco è chiamato a sciogliere tra le mura del monastero.
LE TAVOLE DEL NOME DELLA ROSA A FUMETTI
Notevoli sono inoltre gli scenari: interni (quelli del monastero benedettino e delle sue stanze segrete), esterni (i paesaggi innevati che circondano l’edificio) e onirici (con intere vignette alla Hieronymus Bosch dedicate alla rappresentazione di diavoli, peccatori e sogni infernali nati dalle fantasie dei vari personaggi). Finemente colorati da Simona Manara, figlia del maestro, i luoghi descritti da Eco assumono nell’opera di Manara il ruolo di veri protagonisti, accogliendo come in un teatro senza quinte intrecci, turbamenti e dilemmi da sciogliere.
“Ho dato, da fumettaro, molta importanza ai marginalia, alle piccole decorazioni che uniscono le figure miniate dei manoscritti. Guardandoli emerge una visione del Medioevo diversa da quella che siamo abituati a immaginare: non un periodo di oscurità e tenebre, ma dominato invece da una fantasia quasi febbrile, che è inestricabilmente connessa con la realtà”, continua Manara.
IL MEDIOEVO SECONDO MILO MANARA
Ed è vero che il contesto medievale è offerto agli occhi del lettore in maniera vivida, sia nel tessuto umano influenzato dal forte credo cattolico che nella lingua di certi personaggi (come nel caso del monaco gobbo che si aggira per le strade urlando “penitenziàgite!”, perché il “regno dei cieli” è vicino). “Ho dato molta importanza ai racconti contenuti nel racconto, la storia di Dolcino, quella di Salvatore prima del suo arrivo all’abbazia. Sono storie che raccontano uno spaccato di quel periodo, nel quale si credeva veramente nella predicazione e nella povertà di Cristo, diversamente da ora. Le persone partivano dietro i predicatori che arrivavano a riunire intorno a loro decine di migliaia di credenti. Si spostavano lungo le terre come bande disorganizzate predicando la virtù e la religione, ognuno con idee diverse, dandosi al saccheggio per poter sopravvivere”.
Infine, una nota sul rapporto con lo scrittore di Alessandria e con la sua letteratura: “Eco l’ho conosciuto poco, lo conoscevo molto meglio come autore, ho sempre letto tutti i suoi romanzi appena uscivano. Ho amato moltissimo ‘Il nome della rosa’, la visione del Medioevo che Eco dà nel romanzo come di un periodo storico straordinario, in preda a una creatività concitata nonostante la povertà, le pestilenze. Eco ha contribuito a cambiare l’immagine che io avevo del Medioevo. Credo che questa versione a fumetti possa avere una sua utilità proprio perché rappresenta la messa in pagina di questa visione del Medioevo e dei concetti espressi nel romanzo”.
Alex Urso
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