Quindici artisti contemporanei in mostra alla Rocca di Angera sul Lago Maggiore
Il legame fra essere umano e natura è il perno della mostra allestita nel castello la cui storia è legata a una delle dinastie più celebri
Negli spazi dell’Ala scaligera della Rocca Borromea di Angera, sul Lago Maggiore, la mostra Oltre il buio, a cura di Alberto Salvadori e la collaborazione della Galleria Franco Noero, riunisce quindici opere che innescano un dialogo profondo sul concetto di luce e la convivenza tra uomo e natura.
I lavori esposti mettono in campo tecniche artistiche eterogenee – dalla pittura alla fotografia, dai video fino alle installazioni ambientali ‒ e interagiscono con le diverse aree del castello dando vita a “una cornice che unisce la ricchezza storica e quella contemporanea, in un luogo che ha radici antiche ma è proiettato verso il futuro”, come sottolinea la Principessa Marina Borromeo Arese, responsabile dei progetti speciali di Terre Borromeo. L’arte contemporanea in questa occasione diventa il mezzo per far riflettere sulla possibilità di interpretare non solo ciò che è visibile ma anche ciò che l’inconscio lascia solo intravedere.
LA MOSTRA ALLA ROCCA DI ANGERA
Il percorso tra le sale della rocca è disposto su tre livelli: piano seminterrato, piano terra e primo piano. Prima di varcare la soglia, le mura della facciata esterna dell’edificio mostrano A Painting of a Bird #004 di Henrik Håkansson, che introduce uno dei leitmotiv della rassegna. La natura si inserisce subito nella narrazione; all’interno della tela di juta dell’artista svedese possiamo scorgere un ramo che diventa rifugio e supporto per gli uccelli. In egual misura il castello si configura come ambiente sicuro per l’uomo. Ed è così che interno ed esterno, architettura e paesaggio iniziano a interagire.
Dalla prima sala emerge l’altro elemento chiave della mostra: la luce. Posizionate una a fianco dell’altra come un dittico, le due opere luminose di Mark Handforth si contrappongono, quasi a voler innescare un cortocircuito, alla scultura di luce sommersa di Jason Dodge, in un eterno duello fra tenebre e splendore. Si prosegue la visita con Simon Starling, Mike Nelson e un’insolita natura morta di Robert Mapplethorpe. Colpisce immediatamente, al centro della sala, la catasta di legno a opera di Nelson che, collocata inaspettatamente in una stanza museale, evoca ancora una volta lo stretto connubio tra uomo e natura e il bisogno primario di protezione che l’uomo ricerca fin dai tempi più antichi. La silver gelatin di Starling riproduce un animale nobile come il levriero che ci riporta, con un tuffo nel passato, alle dinastie familiari che hanno abitato la rocca.
Al primo piano la scultura pensile di Jim Lambie si eleva verso il soffitto e accompagna l’ascesa ai piani alti della rocca, rivelandosi nei suoi elementi più stravaganti: una serie di spille sorregge una moltitudine di scarpe e occhiali. Ma il viaggio continua insieme a un video di Simon Starling, una sorta di Odissea contemporanea che narra un’esplorazione mistica a bordo di una canoa alla ricerca di un animale sfuggente come l’Okapi. Il castello si configura nuovamente come quel luogo sicuro in contrapposizione all’assoluto ignoto che Starling restituisce con Red Rivers.
GLI ARTISTI IN MOSTRA NELL’ALA SCALIGERA
In quelli che un tempo erano ambienti domestici, la natura è onnipresente. Una natura che toglie e che dà. Forte e fragile. Troviamo foglie che opprimono l’essere umano da un lato, e dall’altro pigmenti naturali che perdono sostanza sul pavimento. Nelle opere di Henrik Olesen e di Sam Falls traspare un messaggio di vita. Jason Dodge riprende il tema del viaggio offrendo dei memorandum, dei cataloghi dei suoi spostamenti che testimoniano il suo passaggio in Cambogia e in Uruguay. Qui le tele sono “impilate” con una metodologia misteriosa. Lothar Baumgarten, esploratore esperto del Sudamerica, attraverso Arché
invita ad afferrare la vita senza lasciarsi trascinare da essa; in VW do Brazil mostra la coesistenza sinergica tra uomo e natura, dove l’essere umano è simboleggiato dall’elemento meccanico mentre la natura dalla foglia di banano bagnato. La meravigliosa orchidea di Mapplethorpe ricorda la caducità del tempo e quindi la brevità dell’esistenza. Ma è ancora il regno naturale a venirci in aiuto; infatti, è proprio la primavera a garantire la rinascita.
Le ultime sale del terzo piano assumono un aspetto più giocoso. Qui oggetti umili della vita di tutti i giorni si trasformano in elementi ludici. La scultura pop di Lambie richiama i canoni del design contemporaneo, grazie alla superficie lucida realizzata con sacchetti di patate, mentre Jac Leirner colleziona manufatti di uso comune per classificarli, custodirli e successivamente utilizzarli per realizzare opere d’arte. La sua scultura aerea, Dragon’s tail, instaura un rapporto diretto con il pubblico pur essendo collocata all’interno di un contesto privato. Pablo Bronstein con i suoi disegni guida verso un mondo immaginifico, dove calamai neri e trattati riconducono alla vita di corte. La mostra si chiude con un dialogo tra l’albero che accoglie le persone di Lara Favaretto, i tappeti naturali di Piero Gilardi e due opere di Francesco Vezzoli che mettono in relazione passato e presente.
LA ROCCA DI ANGERA E L’ARTE CONTEMPORANEA
L’ala scaligera della Rocca di Angera trae il proprio nome dai motivi araldici affrescati sulle ampie pareti e voluti dall’allora proprietario Bernabò Visconti in onore della consorte Regina della Scala. Le decorazioni si ripetono in tutte le sale, dove rombi bianchi e neri alternano motivi floreali con il biscione visconteo e la scala simbolo dell’omonima famiglia.
Tra il 2015 e il 2017 l’intera ala è stata sottoposta a un attento restauro conservativo per volere dei Principi Vitaliano e Marina Borromeo Arese. Dal 2018 in poi, progetti di arte contemporanea hanno preso forma nelle sei sale espositive creando punti di contatto tra passato e presente.
Margherita Bani
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